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Lunedì, 15 Ottobre 2018 00:00

L’importanza di esser Franco – alla (ri)scoperta di un’opera strana e affascinante

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Non accade spesso di poter sperimentare un’opera d’arte esattamente come è stata pensata dall’autore, senza che sia stata oggetto di modifiche, spesso anche radicali, che la rendano più appetibile al pubblico. Grazie ad un progetto del Conservatorio di Musica Luigi Cherubini di Firenze coordinato dal M° Giovanni Del Vecchio, sabato 6 Ottobre 2018 presso il Teatro dell’Affratellamento è stato possibile assistere alla prima rappresentazione di un’opera di questo tipo, in versione per ora semi-scenica.

A cinquant’anni dalla morte del compositore fiorentino Mario Castelnuovo-Tedesco (1895-1968) il Conservatorio Cherubini ha intrapreso l’ambizioso progetto di redazione per la pubblicazione dell’opera da camera L’importanza di esser Franco (1962), un vero e proprio adattamento musicale della (quasi) omonima commedia di Oscar Wilde; l’opera nasce come un vero e proprio divertissement intellettuale e musicale, nell’assoluta indipendenza da qualsiasi committente esterno, ed è scritta per un ensemble estremamente ridotto (otto voci, due pianoforti e percussioni), ma nonostante questa presentazione apparentemente dimessa si sviluppa nella trama complessa della commedia di Wilde per circa due ore e mezza.

La fedeltà assoluta alla commedia originaria è il primo elemento che colpisce lo spettatore, a partire dalla scelta del titolo italiano, che si allontana apparentemente dall’originale per restituirne il significato; nel segno di tale fedeltà si deve leggere quindi la scelta di mantenere la struttura data da Wilde nella forma musicale – con la conseguenza di dover seguire un continuo dialogo musicato, giocato in una zona grigia tra l’arioso e il recitativo, che alla lunga, senza la salvifica interruzione di una o due arie un po’ più melodiche, tende a risultare faticosa. Questo si lega alla discutibile scelta di affidare i due ruoli centrali, quelli di Jack e Algernon, a due voci tenorili, che rende particolarmente monotona una buona metà del primo atto, che di fatto è praticamente un unico, lungo dialogo tra i due amici.

A livello musicale Castelnuovo-Tedesco si rivela un compositore raffinato e non prevedibile, che, prendendo le mosse da Puccini e Debussy e ibridandoli con un po’ di Satie, considerando la dodecafonia per rifiutarla, sviluppa parti strumentali al tempo stesso innovative e profondamente legate al tardo ‘800 in cui è ambientata la commedia. È un affascinante esercizio intellettuale cercare di immaginare come Puccini avrebbe potuto interpretare una trama leggera e brillante: l’unica opera comica di Puccini, Gianni Schicchi, è un’opera che solo un toscano avrebbe potuto scrivere, al tempo stesso greve ed arguta, mentre la commedia di Wilde chiede un umorismo leggero, cinico e vagamente amarognolo – qualcosa che potremmo aspettarci più facilmente da Rossini. Nonostante l’evidente ammicco stilistico, e le numerose citazioni esplicite dal Barbiere di Siviglia, tuttavia, la vocalità richiesta è schiettamente pucciniana, il che rischia di rendere poco efficaci le parti dove la trama umoristica è più sottile e perfida.

Un elemento caratteristico di quest’opera è poi l’uso al tempo stesso smodato e raffinato di temi musicali presi in prestito da un gran numero di autori – accomunati in genere dalla loro immediata riconoscibilità e tipicamente associati a un personaggio o a una situazione. Castelnuovo-Tedesco con queste citazioni lancia un guanto di sfida allo spettatore, assumendo, o pretendendo, che sia un melomane come lui, e offrendogli un ulteriore godimento intellettuale nell’associare e confrontare momenti differenti di diverse opere alla trama de L’importanza di esser Franco, suggerendo nessi tematici e ulteriori approfondimenti; al tempo stesso, però, le citazioni musicali spezzano la coerenza tematica dell’opera, rendendola ulteriormente frammentaria e faticosa da seguire, e in alcuni casi prendono il sopravvento sulla freschezza compositiva di Castelnuovo-Tedesco, riportando l’opera su un classicismo stilistico al tempo stesso rassicurante e un po’ deludente.

Bisogna quindi riconoscere a Castelnuovo-Tedesco un’estrema sensibilità e un rispetto quasi eccessivo nei confronti della commedia di Oscar Wilde; ma questa estrema fedeltà, combinata con il carattere profondamente sperimentale della linea musicale e con la natura di divertissement musicale e intellettuale dell’opera, tende a renderla poco funzionante da vari punti di vista, e in definitiva faticosa da seguire. Mentre alcune parti, come l’interrogatorio di lady Augusta Bracknell a Franco/Jack Worthing, o singoli elementi polifonici dell’explicit, sono musicalmente e drammaturgicamente impeccabili, buona parte del dialogo è musicalmente sforzata e stancante per l’ascoltatore, e viene il sospetto che questo sia tanto più forte quanto più sono prevalenti le citazioni musicali – mentre è dove Castelnuovo-Tedesco si permette di mostrare il suo stile, ad esempio nelle parti puramente strumentali, che si percepiscono l’aspra freschezza e l’appena accennata tragicità dell’opera originale di Wilde.

Nonostante la completa assenza di scenografia e oggetti di scena, la regia di Francesco Torrigiani riesce a rendere giustizia all’opera di Wilde, ricorrendo a tratti alla contrapposizione quasi brutale tra il testo vittoriano e le sue velate allusione e la recitazione dei personaggi (una prassi che usualmente disapprovo profondamente, ma che in questo caso, essendo l’opera un’articolata riflessione sull’ipocrisia come valore sociale, risulta efficace e in qualche modo appropriata), ma soprattutto attraverso la scelta di rappresentare Jack e Algernon come due falsi invalidi. La direzione di Gabriele Centorbi, supportata da Giovanni Del Vecchio e Antonella Bellettini al pianoforte e Niccolò Crulli e Francesco Di Gioia alle percussioni, è tecnicamente impeccabile nonostante Castelnuovo-Tedesco sia tutt’altro che un compositore facile dal punto di vista ritmico ed espressivo.

Il cast vocale, costituito da studenti del Conservatorio Cherubini, si è dimostrato complessivamente all’altezza della prova richiestagli, e ci ha offerto qualche nome da tenere d’occhio nei prossimi anni. Nonostante gli evidenti (e dichiarati) problemi vocali, Claudio Zazzaro ha offerto un Jack Worthing (tenore) espressivo ed ambiguo, e l’ottima interpretazione è sostenuta da un timbro caldo e da una voce omogenea e controllata. Meno omogenea, ma altrettanto espressiva e convincente nonostante la voce a tratti un po’ dura, l’interpretazione di Ming Yu Zhang nei panni di Algernon Moncrieff (tenore). Molto piacevole, e in qualche modo molto appropriato anche riguardo la trama, il contrasto tra il soprano brillante di Eleonora Ronconi nella parte di Cecily Cardew e quello più scuro di Yoo Won Shin nella parte di Gwendolyn Fairfax.

Al tempo stesso comica e minacciosa nella parte della tirannica lady Augusta Bracknell (contralto), Eva Maria Ruggieri ha un ottimo controllo di voce, ma probabilmente una voce troppo leggera per rendere anche vocalmente il personaggio. Il basso maestoso e voluminoso di Alessandro Agostinacchio è per contro semplicemente perfetto per dare consistenza al pomposo e benpensante Reverendo Chasuble. Una menzione d’onore, infine, per Idil Karabulut nella parte di Miss Prism (mezzosoprano), che ha affrontato con una voce bellissima, timbricamente omogenea e con bassi di tutto rispetto una parte apparentemente dimessa ma vocalmente impegnativa.

Resta da aggiungere che molto probabilmente con L’importanza di esser Franco non è finita qua: oltre alla pubblicazione della partitura da parte dell’Editore Curci, nei prossimi mesi potremo probabilmente aspettarci una versione scenica, che probabilmente migliorerà la fruibilità complessiva dell’opera.

 

Dettaglio della locandina liberamente ripreso da affratellamento.it

Ultima modifica il Domenica, 14 Ottobre 2018 19:45
Joachim Langeneck

Joachim Langeneck, dottorando in biologia presso l'Università di Pisa, nasce a Torino il 29/11/1989. La sua ricerca si concentra principalmente sullo studio di processi evolutivi negli invertebrati marini, con sporadiche incursioni nell'ambito dell'etica della scienza, in particolare a livello divulgativo.

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