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Mercoledì, 05 Marzo 2014 00:00

Lady Mafia, una discussione impostata male

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È il fumetto del momento. Difficile che non ne abbiate sentito parlare.

Lady Mafia è uscito in edicola soltanto il 22 febbraio, ma è già diventato un caso. Feroci critiche si sono abbattute su questa modesta miniserie noir, che vede protagonista Veronica De Donato, una donna del Sud pronta a compiere qualsiasi atrocità pur di vendicare la sua famiglia.

LIBERA, l'associazione antimafia fondata da Don Ciotti, ha fatto sapere attraverso un comunicato che considera l'uscita di questo albo “un'operazione che ferisce la memoria di tante donne vittime delle mafie e dei loro familiari, impegnati a promuovere con le loro testimonianze il valore della giustizia contro la barbarie anche culturale della vendetta”. La commissione parlamentare Antimafia ha rincarato la dose bocciando il fumetto e facendo sapere per bocca del deputato Pd Davide Mattiello che un albo “che non trova di meglio che esaltare la violenza mafiosa come una risposta alla violenza mafiosa” deve essere giustamente sospeso.

Lo sceneggiatore di Lady Mafia, Pietro Favorito (proprietario della casa editrice Cuore Noir che pubblica la serie), si è difeso dalle accuse bollandole come giudizi dati “in base al titolo, senza aver letto il fumetto”. “Ho riflettuto prima di scegliere” ha replicato “ma rappresenta una dichiarazione d'intenti: Lady Mafia incarna il male, e dà ribrezzo a chi si avvicina perché fa vedere a quale degenerazione può arrivare quando la legge non garantisce la giustizia”.

In realtà, si ha la sensazione di trovarsi davanti a tanto rumore per nulla.

Si tratta di una miniserie che dovrebbe essere criticata più per la qualità scadente dei disegni che per i contenuti e che, grazie al polverone mediatico scatenatosi attorno alle sue tematiche, otterrà una pubblicità e forse anche un riscontro di vendite che da sola non avrebbe mai ottenuto, e che probabilmente non si meriterebbe.

Fumetto e censura in Italia si sono sempre dati battaglia, fin dalla nascita del fumetto noir nel 1962, con la comparsa nelle edicole di Diabolik. L'affascinante ladro nato dalla penna delle sorelle Giussani divenne immediatamente il bersaglio prediletto della stampa dell'epoca, che ne condannava la condotta immorale e l'eccessivo uso della violenza. Critiche feroci furono riservate anche a Kriminale Satanik, di cui la magistratura sequestrò intere tirature, e alla procace eroina Pantera Bionda, che fu costretta a castigare il suo look perché considerato troppo sensuale per gli occhi innocenti dei lettori.

Non occorre però andare troppo lontano nel tempo per trovare un clamoroso caso di censura.

Nel 1995, undici sceneggiatori e disegnatori di fumetti furono rinviati a giudizio e processati per il contenuto di alcune loro storie apparse tre anni prima sul numero 1 e sul numero 4 della rivista-contenitore Intrepido. Facevano parte degli imputati, oltre al direttore responsabile della rivista Nicola De Feo, molti collaboratori delle testate bonelliane, tra cui Bruno Brindisi, Luigi Siniscalchi, Michelangelo La Neve e Massimo Vincenti.

La denuncia era partita da un comitato di genitori del liceo scientifico Pascal di Milano, a seguito di alcuni episodi preoccupanti accaduti all'interno della scuola e, soprattutto, del suicidio di due studenti. L'accusa era quella di aver violato l'articolo 15 della legge 47/48, che recita testualmente:

Le disposizioni dell'art. 528 del Codice penale si applicano anche nel caso di stampati i quali descrivano o illustrino, con particolari impressionanti o raccapriccianti, avvenimenti realmente verificatisi o anche soltanto immaginari, in modo da poter turbare il comune sentimento della morale o l'ordine familiare o da poter provocare il diffondersi di suicidi o delitti.

La pena prevista per i trasgressori va da un minimo di tre mesi a un massimo di tre anni.

La causa scatenante? Alcune pagine della rivista raffiguranti uno stupro in ambito familiare e una ragazza nell'atto di iniettarsi eroina, considerate altamente disturbanti.

La clamorosa vicenda si concluse, fortunatamente, con l'assoluzione di tutti gli imputati per la non sussistenza del fatto. Rimane comunque incredibile che la Procura milanese abbia ritenuto il caso meritevole di essere discusso in tribunale.

È molto comodo credere che sia sufficiente un fumetto dal contenuto violento per rendere un adolescente depresso o psicopatico. Cercare un facile capro espiatorio non nasconde però il fatto che la psiche umana sia un po' più complicata di così, e che siano molteplici i fattori che possono influire sulla salute psicologica dei giovanissimi.

Il punto però è un altro.

Che si tratti dell'Intrepido o di Lady Mafia, non spetta a un giornale, né tanto meno a un tribunale, stabilire se un fumetto è eccessivo o inutilmente violento. Il giudizio è solo ed esclusivamente del lettore. Impedire a priori alla collettività di fruire di un fumetto, di un libro o di un film, perché il suo contenuto può offendere il pudore altrui mette a repentaglio non solo la libertà individuale, ma la democrazia stessa.

Se proprio dobbiamo parlare di Lady Mafia, parliamone pure, ma per i motivi giusti.

Immagine ripresa da www.mangaforever.net

Ultima modifica il Martedì, 04 Marzo 2014 15:49
Irene Polverini

Nata in provincia di Firenze il 3 ottobre del 1988, nel maggio 2012 mi sono laureata alla Facoltà di Scienze Politiche in Media e giornalismo e attualmente frequento la specialistica in Scienze della politica e dei processi decisionali. I miei interessi sono rivolti alla politica e all'arte in tutte le sue forme, in particolare alla letteratura, al fumetto d'autore e al teatro, che seguo e pratico da anni.

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