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Venerdì, 14 Settembre 2018 00:00

Dylan Dog: Profondo Nero. Una recensione.

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Dylan Dog: Profondo Nero. Una recensione.

Dylan Dog, testata di casa Bonelli creata dal genio di Tiziano Sclavi e prossima al venerando traguardo dei 400 albi, a livello artistico, non è nuovo a collaborazioni “d'autore”, con pesi massimi del fumetto italiano contemporaneo, bonelliano e non solo. Volendo restare nell'ambito degli ultimi anni vengono in mente In fondo al male e i due – meno interessanti, ma sono gusti – albi di Graphic horror novel, a firma Ratigher (Trama, Le ragazzine stanno perdendo il controllo); oppure l'ottimo La fiamma del duo labronico Pagani e Caluri (Don Zauker, Nirvana), o ancora i sempre attesissimi ritorni di Sclavi: il suo tragico Dopo un lungo silenzio rimane uno dei numeri più belli di sempre.

La testata parallela, Dylan Dog Color Fest, inoltre, continua con alti e bassi ad ospitare penne e matite interessanti, da Akab ad Ausonia a Mirka Andolfo, alle prese con l'Old Boy in un contesto più sperimentale e senza pretese di continuità. Non è quindi sembrato poi così strano che il regista horror Dario Argento si prestasse a scrivere soggetto e sceneggiatura del numero di agosto (383) della serie regolare, intitolato – nonostante la copertina brillante-metallizzata – Profondo nero.

L'albo scorre bene, una storia molto gradevolmente “vecchia scuola” è resa graficamente dalle sempre magistrali tavole di Roi, che dona alle pagine di Profondo nero un'atmosfera a tratti surreale, senza perdere in morbosità e – in un certo senso – in realismo. La narrazione in sé riprende molti temi e topos tipicamente “argentiani”, ma senza scadere mai nella citazione sterile, e rimanendo apprezzabilmente priva di fronzoli autoriali. Gli spazi bicolori del fumetto fanno respirare al lettore un'aria di decadenza che non ha nulla dei buoni sentimenti tardoromantici che solitamente si associano al termine in ambito letterario, e proprio il tema della decadenza, a mio parere fulcro di Profondo nero, riannoda il filo “sociale” che corre lungo tutta la storia di Dylan Dog come testata. Ciò che manca a livello di realismo della rappresentazione (ma nella fiction è poi proprio necessario? Sarei per una risposta fortemente negativa) è quindi compensato a livello tematico ed emotivo.

Bisogna però evitare una lettura banale, che scarichi nel passato e nell'ovvio ciò che di inquietante ci consegna questo numero 383. Purtroppo, come altre e altri recensori hanno notato prima di me, manca lo splatter che contraddistingue i film più riusciti di Dario Argento. Una critica inconsapevolmente ingenerosa: dopo il panico morale che negli anni '90 si scatenò attorno al posticcio tema dell'orrore nel fumetto – variazione italiana in un più ampio coacervo di ansie borghesi postmoderne tra anni '80 e primi anni '00 – e che fruttò pure una crociata parlamentare che nello spazio di un'interrogazione nel tardo 1990 mise assieme un'insolita alleanza di democristiani, veterocomunisti e demoproletari1, alla cui furia l'Old Boy sfuggì per miracolo, l'industria italiana dell'intrattenimento “di massa” a fumetti viaggia comprensibilmente con il freno a mano tirato quando si parla di violenza e di splatter. Segni e prodigi dell'età della Thatcher, della Third way, dei moderati spaventati e della filosofia pratica della plastica usa e getta.

Più materialisticamente, l'operazione editoriale mi pare abbia funzionato: ad un giorno dalla data di uscita l'edicola sotto casa – sobborgo torinese, non proprio il centro del mondo – aveva già esaurito le copie. Una buona notizia per un mercato, quello del fumetto da edicola (e della stampa cartacea periodica in generale), che da ormai una ventina d'anni patisce una vera e propria crisi esistenziale ed un progressivo depauperamento, bloccato nel circolo vizioso di vendite che calano e margini economici che non permettono di innovare; restando in casa Bonelli, per esempio, se le varie incarnazioni di Orfani hanno riscosso un discreto successo, trainate da un reparto artistico di indubbio valore oltre che dalla popolarità personale di Roberto Recchioni, il “giovanile” 4Hoods non è sopravvissuto oltre al sesto numero.

Il fumetto in Italia nel suo complesso vende e coltiva artisti che producono opere che nulla hanno da invidiare in qualità ai blasonati cugini d'area francofona, ma è un mercato che sta affrontando cambiamenti radicali, in cui fumetti e fumettisti che anche solo una decina di anni fa sarebbero rimasti nel circuito minore o nell'underground, magari incassando un qualche successo di critica ma finendo materialmente sugli scaffali di «we happy few, we band of brothers», incontrano un buon successo di pubblico e in cui anche le realtà consolidate si accorgono di non poter vivere di fan di lunga data per sempre.

Se Dylan Dog-testata non vorrà – come narrativamente non vuole il personaggio che le dà il nome, temporalmente out of joint da sempre – essere condannata alla senilità e a rimanere incatenata alla sconfortante demografia da vecchia DDR degli aficionados dell'edicola, la strada della collaborazione trasversale “evento” tracciata da Profondo nero è probabilmente quella giusta. Ovviamente, però, se e solo se accompagnata dalla consapevolezza che non si può vivere di soli eventi straordinari.


1   http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/10/19/horror-vietato-ai-minori-deputati-contro-sado.html

Immagine di copertina (dettaglio) Sergio Bonelli Editore, liberamente ripresa da fumettologica.it

Ultima modifica il Giovedì, 13 Settembre 2018 19:55
Niccolò Bassanello

Nato a Bozen/Bolzano, vivo fuori Provincia Autonoma da un decennio, ultimamente a Torino. Laureato in Storia all'Università di Pisa, attualmente studio Antropologia Culturale ed Etnologia all'Università degli Studi di Torino. Mi interesso di filosofia delle scienze sociali, antropologia culturale, diritti delle minoranze e studi sull'educazione. Intellettualmente sono particolarmente influenzato dai lavori di Polanyi, Geertz, Wittgenstein e Feyerabend, su cui mi sono formato, oltre che dal postoperaismo e dal radicalismo statunitense. Nel tempo libero coltivo la mia passione per l'animazione, i fumetti ed il vino.

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