Domenica, 19 Luglio 2015 00:00

In Grecia non tutto è perduto

"Elections change nothing. There are rules" ("Le elezioni non cambiano niente. Ci sono delle regole"). Così Wolfgang Schäuble ministro delle finanze tedesco, riferendosi alla domanda di cambiamento democratica giunta col voto in Grecia lo scorso gennaio, chiariva quali erano gli spazi per una strategia riformista in ambito europeo.
Non tardava a fargli eco Jean Claude Juncker, che aggiungeva: "Non ci può essere nessuna scelta democratica contro i trattati europei".

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Mercoledì, 15 Luglio 2015 00:00

Il buio sulla Grecia

Se ci imbarchiamo nell’impresa di provare a tirare le fila su quello che sta accadendo in queste ore in Grecia, le cose certe sono pochissime. In primo luogo, è certo che per provare a farsi un’idea che in un qualche modo corrisponda alla realtà, è bene informarsi su siti e quotidiani esteri: sin dall’inizio la stampa italiana si è imbarcata in una gara a chi dipingeva lo scenario più irrealistico su quello che avrebbe previsto l’accordo tra Grecia e Troika.

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Sabato, 11 Luglio 2015 00:00

Chi ha votato no al referendum in Grecia

Chi ha votato NO al Referendum Greco

La vittoria del “NO” al Referendum greco del 5 luglio scorso è stata giustamente salutata come un passaggio di enorme rilevanza nella storia recente della Grecia. Sebbene i cittadini ellenici siano stati semplicemente chiamati a votare se accettare o meno il piano dei creditori internazionali in cambio di un nuovo programma di aiuti, le implicazioni politiche del voto sono decisamente più ampie e riguardano l’idea di Europa e di società alla quale si vuole aspirare: da una parte chi ritiene che l’Europa della austerità e del primato della finanza non possa essere messa in discussione, dall’altra chi invece pensa che un progetto unitario vado costruito dal basso, mettendo al primo posto il benessere dei popoli e non quello degli istituti di credito.

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Venerdì, 10 Luglio 2015 00:00

Oxi

OXI

Non è semplice formulare in questo momento ipotesi valide sullo sbocco della trattativa, in realtà un conflitto di grande portata, che la Grecia ha in corso con i poteri europei e i governi dei paesi della zona euro. La posta per il governo greco sono le possibilità stesse di una sopravvivenza non miserabile della popolazione greca, mentre per i poteri europei è la prosecuzione incontrastata di un’Europa ferocemente antisociale, dominata dagli interessi del capitalismo tedesco e subordinata, tramite il Fondo Monetario Internazionale, agli interessi della grande finanza e delle grandi multinazionali del pianeta. Una piccola popolazione si è fatta capace a grande maggioranza, con quell’orgoglio di cui è stata storicamente capace in molti momenti, di ribellarsi, dopo anni di inaudite sofferenze, a poteri europei e nazionali protagonisti politici di quell’immenso apparato di sfruttamento del lavoro e di rapina delle risorse degli stati e delle popolazioni cui dobbiamo, mentre continua a crescere la produttività del lavoro, l’impoverimento di grandi masse popolari e il peggioramento delle condizioni di esercizio del lavoro, non solo in Europa ma in quasi tutto il mondo. Di

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Martedì, 07 Luglio 2015 00:00

Oki: ma speriamo i dolori siano finiti

Dopo la bocciatura referendaria alle ultime proposte dei creditori, ripartiranno le trattative tra la Repubblica ellenica e la troika? Il 61% di “no” alle misure recessive offerte ad Atene ha suscitato la reazione fuori dalle righe dei socialdemocratici tedeschi Gabriel e Schulz, una reazione non dissimile a quella dei loro colleghi di coalizione (in Europa, in Germania e se vi governassero anche su Plutone) della CDU.
Per il Presidente dell'Europarlamento vi è addirittura la necessità di fornire “aiuti umanitari” alla Grecia: una nostalgia per le poor laws che spiega molto della crisi da subalternità delle socialdemocrazie europee.

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Grecia: il modello Marchionne come modello politico

Era il 15 gennaio 2011 quando l'amministratore delegato Sergio Marchionne che aveva appena trascinato la casa automobilistica fuori da Confindustria, festeggiava la vittoria del Sì al referendum alla Fiat di Mirafiori. La bruciante sconfitta dei 5.400 lavoratori delle carrozzerie comportava il taglio delle pause, la repressione dell'assenteismo, più turni settimanali e la triplicazione degli straordinari annuali. Così il contratto di lavoro nazionale, ultimo strumento di difesa collettiva a disposizione dei lavoratori venne progressivamente smantellato azienda per azienda. La paura di perdere il lavoro, sotto la minaccia del padrone che aveva promesso che in caso di vittoria del No avrebbe non solo bloccato ogni possibile investimento, ma pure delocalizzato, aveva prevalso. La minaccia di delocalizzare aveva creato un leading case di taglio secco di diritti alla faccia di tutte le normative europee di contrasto al dumping sociale.

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Venerdì, 03 Luglio 2015 00:00

La mossa di Tsipras

Lo spiazzamento provocato dalla decisione di Alexis Tsipras di sottoporre al giudizio del proprio popolo l’accettazione o meno delle condizioni regressive (è utile ricordarlo mille volte) imposte dalla troika non è ancora cessato che la data del referendum inesorabilmente si avvicina.

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Martedì, 30 Giugno 2015 00:00

Sulla crisi greca, a botta calda

Sulla crisi greca, a botta calda

Le figure che in questi mesi, a nome di Consiglio Europeo (quota paesi dell’eurozona), Eurogruppo, Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale, singoli governi europei (di Germania e Francia) si sono confrontate con il governo di sinistra della Grecia sulle misure da realizzare per affrontare la crisi in cui questo paese versa, irrisolvibile con i suoi mezzi, sono partite tutte quante dal presupposto che la Grecia, cioè il suo governo e la sua popolazione, non fossero in grado di resistere all’imposizione di ulteriori misure di “austerità”, analoghe a quelle responsabili della sua crisi. Delle due l’una, stando al ragionamento dei poteri europei e dell’FMI: o il governo di Syriza si sarebbe piegato, buttando via il proprio programma elettorale, e, pur di rimanere in carica, avrebbe gestito una nuova dose di “austerità”, oppure questo governo sarebbe entrato in crisi e sarebbe stato sostituito con un governo disponibile, magari attraverso nuove elezioni. Infatti ciò che poteri europei ed FMI non hanno messo in conto è stato che il governo greco, pur disposto a un compromesso, avrebbe resistito e, di fronte all’impossibilità di un compromesso decente, avrebbe rinviato ogni decisione al popolo greco e al tempo stesso dichiarato l’inaccettabilità dal proprio punto di vista della posizione avversa, tanto più in quanto espressa in forma di fatto ultimativa, lesiva della sovranità greca, colonialista, essendo la Grecia tecnicamente a un passo dal default.

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La vicenda greca si trascina dal 2009 con continui, settimanali, colpi di scena, stalli nelle trattative, artifici retorici e toni minacciosi da entrambe le parti. Lo scontro, la tifoseria, il parteggiamento per i contendenti seduti ai tavoli europei si è esteso alla società, e come sempre l'esaltazione allontana la pacatezza della riflessione. In primo luogo nella discussione sul debito sono da bandire le semplificazioni.

Una volta la sinistra esaltava il pensiero complesso, magari sintetizzandolo in slogan, ma senza privarlo degli agganci con la realtà. Il “non pagare il debito”, può apparire soluzione semplice, banale, conveniente per tutti, ma così non è.
Le nazioni, tutte, hanno la necessità di finanziare il proprio debito pubblico sul mercato. È - allo stato attuale delle cose - un dato di fatto, discutibile ma non ignorabile.

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Sabato, 30 Maggio 2015 00:00

Incubo europeo

Incubo europeo

Mi sarò svegliato male, ma sono pessimista circa lo sbocco del tormentone che oppone da mesi la Grecia alle istituzioni di governo europee, ai governi degli altri paesi dell’Eurozona e al Fondo Monetario Internazionale.

Opportunamente è diventato ragionamento diffuso persino sui mass-media italiani che lo scontro è pressoché esclusivamente politico. La Grecia, intanto, in qualsiasi modo esso possa chiudersi, non è in grado di uscire dal tunnel nel quale l’hanno infilata i suoi governi precedenti, l’UE nel complesso delle sue articolazioni esecutive e il FMI, senza una ristrutturazione del suo debito pubblico. La ragione è molto semplice: ciò che la Grecia paga di interessi quando vengono a scadenza i suoi titoli sovrani supera ciò che entra nelle sue casse; quindi se essa fosse un’impresa anziché uno stato avrebbe già portato i libri contabili in tribunale e chiesto l’apertura di una procedura fallimentare. Ho un’impresa indebitata poniamo per 100 milioni di euro, per continuare finanziarla, dovendo pagare ratei di macchinari, materie prime, salari, stipendi, energia, tasse, spendo in interessi alle banche per 20 milioni, in cassa vendendo quello che produco me ne entrano 10, ho speso ormai tutti i

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