Giovedì, 08 Maggio 2014 00:00

Appello contro la guerra in Ucraina

Riceviamo e pubblichiamo

Presa di posizione contro soluzioni armate in Ucraina

NO ALLA GUERRA, Sì AI NEGOZIATI PER UNA SOLUZIONE DEMOCRATICA E NON VIOLENTA

Forti dell’articolo 11 della Costituzione italiana che “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, invitiamo tutte e tutti a levare la propria voce contro qualsiasi iniziativa, sia essa di parte filo atlantica o di parte filo russa, che può aggravare la situazione di tensione in atto in Ucraina o che possa sfociare in soluzioni di prevaricazione unilaterale.

La situazione ucraina è senz'altro complessa per la molteplicità di fattori storici, linguistici, economici, politici e religiosi, ma siamo altrettanto convinti che non sono le armi che possono risolvere i problemi.

È altrettanto certo che a peggiorare il quadro pesano interessi di paesi terzi, perseguiti sulla pelle della popolazione civile, che oltre ad essere colpita dalle conseguenze del conflitto, si vede attraversata da campagne che puntano a creare lacerazioni insanabili.

Il popolo ucraino è un popolo martoriato da oligarchie schierate su fronti contrapposti, uno occidentale e uno russo. Entrambe dedite alla disonestà e alla corruzione, da anni si contendono il potere con la fraudolenza e con la violenza, avvalendosi anche di forze paramilitari sostenute dalle proprie potenze straniere di riferimento. In questo contesto nel marzo 2014 è stato destituito il presidente filorusso Yanuckovich da una piazza che non era composta solo da cittadini inermi, come testimonia l’appellativo di “lupi di piazza Maidan”. Subito dopo, nella parte est, sono iniziate sommosse separatiste con la presenza di gruppi che dispongono di armi.

Ed ad ogni violenza perpetrata da una parte o dall’altra, la potenza straniera avversa ne approfitta per giustificare la propria avanzata verso i confini dell’Ucraina e sostenere con armi e consiglieri la propria fazione interna.

In altre parole, l’Ucraina si trova in una spirale di violenza che può essere arrestata solo se tutte le potenze straniere che hanno secondi fini nella vicenda, accettano di fare un passo indietro e soprattutto se accettano di rinunciare all’opzione armata più o meno velata. Il coinvolgimento di organizzazioni internazionali, come l’ONU, deve rivolgersi ad una soluzione diplomatica, che sappia evitare soluzioni unilaterali, che inevitabilmente sfocerebbero in un conflitto armato. Per cominciare, anche in considerazione dall’approssimarsi del semestre di presidenza del Consiglio Europeo, l’Italia deve attivarsi subito affinché l’Europa imponga al governo di Kiev, filo-occidentale, il cessate il fuoco nei confronti dei propri cittadini e l'avvio di negoziati per trattare un accordo.

In Ucraina la parola deve passare ai cittadini che debbono potersi esprimere senza la paura di ritorsioni violente da parte di questa o quella parte. Debbono potersi esprimere sul tipo di parlamento che vogliono, sul tipo di partenariato internazionale preferito, sulla forma federativa più capace di conciliare quelle differenze che nell’ultimo decennio alcune forze hanno voluto esasperare. Per questo serve l’attivazione di forze multilaterali come l’ONU e l’OSCE affinché inviino forze civili di pace, decine di migliaia di persone disarmate, con il triplice scopo di tutelare le minoranze esistenti nei vari territori, di favorire il dialogo fra le diverse posizione e di vigilare e denunciare qualsiasi presenza armata e qualsiasi interferenza straniera, al fine di garantire il ritorno al pacifico confronto e svolgimento democratico dei processi decisionali che spettano unicamente al popolo ucraino. 

Per aderire scrivi una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (con nome, cognome e comune di residenza) o compila il modulo cliccando qui

Primi firmatari

Rocco Altieri

Massimo Bani

Moreno Biagioni

Sandra Carpi Lapi

Giada Cerbai

Lisa Clark

Silvia De Giuli

Marco Fantechi

Giorgio Gallo

Francesco Gesualdi

John Gilbert

Lorenzo Guadagnucci

Camilla Lattanzi

Dmitrij Palagi

Daniela Romanelli

Enrico Sborgi

Judith Siegel

Tommaso Fattori  

Immagine tratta liberamente da www.sibialiria.org

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Sabato 14 dicembre, Arapahoe High School, Centennial, Colorado, USA. È quasi l’ora di pranzo quando uno studente fa incursione nella scuola, apre il fuoco sui suoi compagni con un’arma, poi se la punta addosso e si ammazza. Le squadre speciali (le celebri SWAT) entrano in azione e perquisiscono tutti gli studenti. Oltre all’attentatore non ci sono altri morti. 

Stesse immagini, stesse scene e per di più proprio nel primo anniversario della strage dei 20 bambini e dei 6 adulti della scuola elementare di Newtown. Sono sempre gli stessi titoli quelli che rimbalzano ogni anno nelle nostre televisioni: e noi ci stupiamo, pure. Ci chiediamo magari perché possano accadere certe cose in un paese economicamente e tecnologicamente avanzato come gli Stati Uniti d’America. Un paese il cui presidente ha ricevuto addirittura il premio Nobel per la pace.

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Venerdì, 22 Novembre 2013 00:00

Caro Afghanistan ti scrivo: di guerra e pace

Caro Aghanistan ti scrivo, così ti bombardo un po'.

Potremmo riassumere così l'idea del Segretario di Stato a stelle e strisce John Kerry. Una lettera in cui ammettere gli errori commessi dagli USA nell'ultimo decennio in terra afgana. Secondo il The Wall Street Journal del 19 novembre l'idea avrebbe convinto il presidente afgano Hamid Karzai.

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Venerdì, 13 Settembre 2013 00:00

Se gli Stati Uniti sbattono contro un ostacolo

L'iniziativa russa volta a porre sotto controllo internazionale le armi chimiche siriane togliendo così ogni residuo motivo all'amministrazione Obama per intervenire militarmente (in ogni caso non si capisce quale organismo o trattato internazionale abbia garantito agli USA il ruolo di polizia internazionale o di giustizieri mascherati) rappresenterebbe, qualora evitasse per l'appunto l'entrata in guerra – diretta e non solo attraverso il finanziamento dell'estremismo sunnita - degli Stati Uniti, una vera e propria rivoluzione nelle relazioni internazionali e nei rapporti di forza.

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Venerdì, 06 Settembre 2013 00:00

Il mondo sul baratro di una nuova guerra

Un imperialismo indebolito, in termini relativi, dalla crisi e dalla crescita economica e politica di paesi già periferici e subalterni appare forzato dalla sua pretesa di continuità egemonica sul pianeta a un'avventura pericolosissima. Mi pare questa la prima questione da esplicitare, soprattutto dopo l'irresponsabile decisione del Senato statunitense di appoggiare l'irresponsabile decisione di Obama di un atto cosiddetto punitivo, in realtà di guerra aperta, alla Siria, anche perché è accuratamente rimossa dai massmedia. Mi pare che l'indebolimento sia sottolineato, nel caso francese, dal carattere ridicolo delle pose militaresche del galletto Hollande e, nel caso britannico, dal fatto altrettanto ridicolo del galletto Cameron che perde l'elmetto per strada.

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 La costruzione del socialismo tra le macerie e i fascismi

Voi sapete che abbiamo avuto in eredità dal passato un paese arretrato dal punto di vista tecnico, un paese povero e rovinato. Un paese rovinato da quattro anni di guerra imperialista, rovinato più ancora da tre anni di guerra civile, un paese con una popolazione semianalfabeta, con un basso livello tecnico, con qualche oasi industriale isolata, sommersa in un mare di piccole aziende contadine: ecco il paese che abbiamo ricevuto in eredità dal passato. Il problema consisteva nel far passare questo paese dal binario del medioevo e delle tenebre al binario dell'industria moderna e dell'agricoltura meccanizzata. Problema importante e difficile, come vedete. La questione si poneva in questi termini: o risolviamo questo problema entro il termine più breve e consolidiamo il socialismo nel nostro paese, o non lo risolviamo, e allora il nostro paese, debole tecnicamente e arretrato dal punto di vista della cultura, perderà la sua indipendenza e si ridurrà a essere una posta del gioco delle potenze imperialiste.
(Stalin, Discorso nel palazzo del Kremlino per la promozione degli allievi dell'accademia dell'esercito rosso; 4 maggio 1935)

Pubblicato in Umanistica e sociale
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