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Sabato, 17 Gennaio 2015 00:00

Mafia balorda: quando la criminalità organizzata non parla in palermitano

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Il moltiplicarsi di serie tv sulla mafia - malgrado l’impiego di una raffigurazione eccessivamente caricaturale - ha permesso di conoscere meglio l’enigmatico bagaglio di gesti e parole che caratterizzano il modo di comunicare degli affiliati a Cosa Nostra, ma, più in generale, dei siciliani tutti. La premessa su parole, gesti o più semplicemente sguardi capaci di trasmettere messaggi ben precisi, è resa necessaria per comprendere per quale ragione per più di 50 anni la provincia di Enna, ombelico della Sicilia, è stata definita la “provincia babba”, espressione la cui traduzione più immediata ci riporta a babbeo o sciocco. Perché babba? “Storicamente l’attività della criminalità organizzata nella provincia di Enna è stata influenzata dalle organizzazioni mafiose dei centri limitrofi, che per via della centralità del territorio ennese, hanno sempre preferito sfruttarla non per le azioni criminali, quanto per la necessità di “un’area cuscinetto”, una zona franca da sfruttare per questioni logistiche.” Ad offrirci questo excursus storico è Giovanni Cuciti, vicequestore aggiunto di Enna, che ha curato l’introduzione di “mafia balorda” (Lancillotto e Ginevra, p. 219, euro 15), il nuovo libro di Josè Trovato, giornalista già salito agli onori della cronaca per il primo libro sulla criminalità organizzata nella provincia di Enna (La mafia in provincia di Enna. Una storia negata, Lancillotto e Ginevra, p. 219, euro 16) e per le continue inchieste sul fenomeno criminale che gli sono costate molteplici minacce da parte di malavitosi locali.

Il giornalista ennese ricostruisce l’architettura dell’atipico potere mafioso nella provincia di Enna, tracciando i ritratti dei boss capaci di collocarsi al vertice dell’inconsueta piramide mafiosa del Belvedere di Sicilia. Attraverso uno studio dettagliato delle carte processuali, l’autore traccia gli equilibri geo-criminali all’interno delle varie realtà della provincia ennese: ora influenzate dalle cosche della Sicilia occidentale, ora da quelle della Sicilia orientale. Partendo dai numeri degli arresti per mafia (circa 159) e dalle operazioni delle forze dell’ordine (15 negli ultimi anni), accostate al numero di abitanti della provincia (poco meno di 180 mila), Trovato pone l’accento sulle contraddizioni di chi nega l’esistenza della mafia nella provincia di Enna e città per città, tra cani sciolti, vecchi gregari, balordi e boss di vario tipo, compone una mappa empirica della mafia della provincia della Urbs Inexpugnabilis (per i romani, non certo per i mafiosi)
Esplorando le sentenze che parlano di una struttura criminale articolata in cinque famiglie (Enna, Barrafranca, Pietraperzia, Villarosa, Calascibetta) e i fatti di cronaca che raccontano l’incrementarsi del fenomeno delle estorsioni e dello spaccio di stupefacenti, Trovato smentisce il pensiero buonista – e ahimè dominante – dell’assenza della mafia nella provincia di Enna.

Per tale ragione l’opera di Trovato rappresenta un contributo prezioso per lo studio della fenomenologia criminale nell’entroterra siciliano poiché mediante l’analisi minuziosa dell’evoluzione dei processi e dei fatti di cronaca legati all’attività criminale, l’autore confuta il falso storico che parla di una provincia diversa dalle altre, libera dalla mafia: babba insomma. E se babba dunque non è, anche a questo pezzo di Sicilia occorre l’esempio della gente perbene, ed è per questo che Josè Trovato dedica il libro alle forze dell’ordine, ai magistrati e agli imprenditori coraggiosi, perché “chi paga il pizzo – conclude l'autore – adora un Dio minore che lo guiderà all’inferno.”

 

Per la foto ringraziamo Francesca Abbate

Ultima modifica il Venerdì, 16 Gennaio 2015 17:29
Calogero Laneri

Nato in Sicilia, studia Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Parma. Sin da ragazzo si appassiona alla politica e da allora sta cercando di smettere, senza grandi risultati.

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