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Giovedì, 22 Gennaio 2015 00:00

Di integrazione, cultura e multietnicità.

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Sicilia araba: quando l’integrazione era un fattore sociale.

Il gran parlare di questi tristi giorni, disegnati dal sangue sparso di vittime innocenti sull’altare dell’odio e dell’intolleranza rimanda l’attenzione di tutti e di tutte su questioni che non possono passare in secondo piano se pensiamo e vogliamo anzi pretendiamo una società migliore.

Premetto che non sono un’arabista o esperto storico dell’Islam, sicuramente però le riflessioni sul tema possono e devono essere tante.
L’arrivo degli arabi in Sicilia si data all’827 d.C., l’episodio in questione fu lo sbarco a Mazara del Vallo il quale sancì l’inizio della conquista sull’isola governata, dopo le vicissitudine post invasioni barbariche dall’impero di Costantinopoli. L’arrivo sull’isola dei nuovi conquistatori venuti dall’ Ifrīqiya (il nome dato dagli arabi alla Provincia d’Africa), portò sicuramente degli stravolgimenti all’interno di un contesto, tuttavia interessato in maniera meno incombente dalla crisi generata dalla fine della grande macchina imperiale romana.

I 200 anni della loro dominazione (827-1091) portarono diverse novità in settori quali cultura, poesia, le arti.
Altro apporto fu notevolissimo soprattutto per quel che concerne l'economia: introdussero le colture del riso e degli agrumi, realizzarono opere di canalizzazione che consentirono la regimentazione e sfruttamento consono delle risorse idriche.
Furono incrementate le piantagioni di gelsi con conseguente impianto di manifatture per la seta. Svilupparono la piccola proprietà terriera, eliminando i latifondi, con la revisione del sistema fiscale.
Durante la dominazione araba Palermo si distingueva per lusso e per ricchezza e si presentava con tutte le caratteristiche di una città orientale. Essa divenne la capitale mediterranea, si contavano moltissime moschee con una popolazione nell’ordine delle centinaia di migliaia di individui.
La Sicilia era il giardino del mediterraneo.

Il dato sull’integrazione per favorire una crescita sociale fu considerato e la risposta fu diversa da come forse il cittadino medio rigonfio delle ideologie islamofobe potrebbe pensare. La società creata risultava essere tollerante con i vinti. Badate bene non è assolutamente un frangente scontato quando c’è chi è stato sconfitto e sottomesso e chi invece ha assunto il controllo di un sistema governativo. Il pagamento della Gezia, il tributo che doveva essere versato da chi non decideva di convertirsi all’Islam, prevedeva di fatto un sistema di tolleranza anche se la popolazione che decideva di non convertirsi restava esclusa da molte dinamiche sociali. Il successo integrativo, volendo guardare oltre per evitare di risultare tendenziosi, va ricercato a parere personale nella successiva conquista normanna e in quello che fu il regno che andò a costituirsi successivamente fino all’avvento di Federico II.

La commistione dell’ elemento arabo e normanno portò l’isola ad un livello di sviluppo elevatissimo anche all’interno di un sistema che di fatto prevedeva la presenza di due religioni le quali già all’epoca non è che si guardassero con molto rispetto.
La domanda banale riportata all’oggi più che mai ricorrente è perché essere arrivati a una contrapposizione così netta, ideologicamente impostata sull’odio, quando comunque i modelli di integrazione sociale possono (storicamente) vincere?
Le risposte sicuramente vanno ricercate nell’impostazione ultraliberale della nostra società la quale con difficoltà ammette l’integrazione e favorisce il pensiero individuale e individualistico. Il diverso può rappresentare una minaccia e quindi in un certo senso portare a rottura di schemi ormai ben saldi. Gli stessi schemi che 1000 anni fa invece, essendo forse molto più sottili e labili, permisero a due civiltà di incontrarsi, legarsi e partorire un modello virtuoso nel bel mezzo del mediterraneo.

Ultima modifica il Mercoledì, 21 Gennaio 2015 12:17
Andrea Incorvaia

Nato a Locri (RC), il 28 Febbraio 1988, attualmente vivo per studio a Pisa. Sono un allievo specializzando presso la scuola di specializzazione in beni archeologici dell’Università di Pisa, dopo essermi laureato in Archeologia nel 2012. I miei interessi spaziano dall’ambito culturale (beni storico-archeologici soprattutto), alla tutela e alla salvaguardia del paesaggio. Svolgo attività politica nella città che mi ospita e faccio parte di un sindacato studentesco universitario.

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