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Martedì, 25 Aprile 2017 00:00

La libertà felice della vita di Pannella a Pontassieve

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La mattina del 22 aprile, Beppe Grillo pubblica sul suo blog un post sul “fine vita”. Il Movimento 5 Stelle non può “fare la fine dei Radicali… dove ci sono disgrazie ci sono loro”, sostiene il comico genovese, accusando il movimento liberale italiano di avere “una posizione morale e basta”. Il pomeriggio dello stesso giorno il luogo più interessante in cui essere, per registrare una risposta, è nella Sala delle Eroine del Comune di Pontassieve, in cui si presenta il libro scritto da Marco Pannella negli ultimi giorni della sua vita: Una libertà felice la mia vita (Mondadori, 2016).

A introdurre la giornata è Bernardo Fallani, Assessore alla Cultura del Comune di Pelago, tra i più convinti organizzatori di un pomeriggio inconsueto per la politica di area fiorentina. La scelta della data, spiega, è legata ad una lettera di Pannella, scritta il 22 aprile 2016 a Papa Francesco, in cui viene espresso l’amore per il Vangelo da vivere «accanto agli ultimi, quelli che tutti scartano». L’iniziativa è scelta per parlare del senso di una vita spesa per essere speranza, anziché avere speranza, interpretando la locuzione di Paolo di Tarso, spes contra spem, più volte citata durante il pomeriggio, a confermare come parlare di Marco significhi “parlare di messaggi trascendenti nella loro laicità”. Fallani, istituzionale iscritto a Rifondazione Comunista, non nasconde le differenze importanti rispetto al programma politico dei Radicali Italiani (ad esempio gli elementi di liberismo e giusnaturalismo), pur riconoscendone la centralità all’interno della storia della Repubblica Italiana. 

La moratoria contro la pena di morte alle Nazioni Unite, i referendum su divorzio e aborto, le battaglie antiproibizioniste, l’impegno per l’amnistia, la ricerca di livelli minimi di dignità nelle carceri: sono molte le battaglie ricordate in modo condiviso anche dalla Sindaca di Pontassieve (Monica Marini) e dal Sindaco di Pelago (Renzo Zucchini). La prima ha voluto ricordare l’importanza delle novità comunicative di Pannella e la necessità di personalità capaci di farsi carico dei diritti di parti della popolazione in difficoltà e minoranza, sia di quelli da ottenere che di conquiste ottenute ma quotidianamente messe in discussione. Il secondo attesta l’esemplarità di una testimonianza vissuta concretamente a favore della pace e della tolleranza, parlando di “un patrimonio di passione di cui abbiamo bisogno”.

Maurizio Buzzegoli, dell’Associazione Andrea Tamburi, spiega come le radici di questa iniziativa siano da rintracciare nell’idea dell’anno precedente (2016) di un incontro con la cittadinanza del presidente dei Radicali. Richiama inoltre la difficoltà di leggere il libro per chi ha avuto modo di legarsi all’autore, nonostante lo stesso sia in grado di dare molta forza, data la capacità di “essere speranza nonostante le avversità”.

Massimo Lensi, sempre dell’Associazione Andrea Tamburi, ricorda come Pannella non abbia mai voluto scrivere un libro, poiché riteneva che la forma scritta fotografasse un momento, senza poter eguagliare la ricchezza della tradizione oraleUna libertà felice non è un’autobiografia ma una pubblicazione di memorialistica, in un contesto ben più ampio degli ultimi cento giorni vissuti intensamente in via della Panetteria, a Roma. Nelle pagine del volume si compie un ciclo che va dal rifiuto («molto spesso il nemico interno è la nostra memoria»), all’accettazione («la memoria vera è quella che c’è e che vivrà»), fino ad una piena trasformazione («che bello essere memoria e non solo averla»). Per Lensi non è improprio pensare ad Agostino d’Ippona per affrontare una riflessione tra vita e morte, accettando come Pannella sia stato e rimanga “un grande enigma (politico e non solo)”.

Rita Bernardini ricorda le “vecchie battaglie antiproibizioniste" condivise con Fallani, per poi ringraziare le amministrazioni comunali dell’iniziativa organizzata. Dalle sue parole emerge un Pannella inconsueto rispetto alle altre figure della politica italiana, a partire dalla sua scelta di condividere la parte finale della propria vita, senza celare le proprie debolezze. Il gesto è in naturale continuità con la volontà di non distinguere tra pubblico e privato, tanto da ritenere il privato come un ambito in cui si è privi-privati di qualcosa. Quelle che la stampa spesso definiva provocazioni non erano che pensieri messi a nudo. Marco incarnava una concezione propria del tempo, con cui cercava di trasmettere l’urgenza delle proprie battaglie, soprattutto a chi sosteneva che i tempi non fossero maturi o che ci fossero priorità diverse.

La battaglia contro l’irragionevole durata dei processi riguarda, ad esempio, tutta la società: sia la vittima, che ottiene giustizia troppo tardi, sia il colpevole, messo in carcere a troppi anni di distanza dal fatto reale, sia tutti gli altri, per questioni di sicurezza (o per aspetti economici nel caso di reati civili di pagamenti mancati). Rispetto al carcere per Rita è “incredibile il ricordo di Marco dei detenuti” e in questo trova straordinaria l’intelligenza di Papa Francesco, in grado di chiedersi di fronte al detenuto “perché tu e non io?”, consapevole dell’importanza delle condizioni della vita. “Nelle carceri si incontrano sempre più persone povere, persone malate dal punto di vista psichiatrico”, in prigione finisce “chi non sanno dove mettere”. Viene ricordata la storia del senza fissa dimora in carcere per un furto di bicicletta, a Trieste. Infine una nota con sfumature di orgoglio appare nelle frasi tese a rivendicare l’importanza delle battaglie per lo stato di diritto e la campagna per il diritto alla conoscenza. Nei Radicali c’era qualcuno che avrebbe voluto mettere da parte Pannella già da tempo, perché pensava ci fossero altre questioni più urgenti da praticare. Viene citata la campagna, a fine degli anni ’70, contro lo sterminio per la fame nel mondo, quando Marco rispondeva a chi lo criticava: “stiamo attenti, altrimenti noi tollereremo senza battere ciglio che decine di migliaia di persone muoiano sterminate da fame e guerra”.

Gli ultimi due interventi sono dei curatori del libro, che hanno vissuto con Pannella i suoi ultimi cento giorni. Per Laura Hart la speranza è di essere riuscita a trasmettere attraverso le pagine quella felicità di stare insieme capace di superare il dolore della malattia e della morte. “Conoscerlo è essenziale per capire” le sue battaglie e la dedizione con cui aveva venduto e dato tutto per la politica, per mettere in condizione i compagni di praticarla. Se per i giovani la velocità è diventata essenziale per le comunicazioni, le ore di discussioni e dialoghi su Radio Radicale rendevano difficile “stare dietro a Marco”, ma in realtà corrispondevano alla complessità delle idee dietro alla sua politica. Matteo Angioli cita De André ed il coraggio necessario per “morire di maggio”, per poi ricordare la cena del 6 marzo 2016, in cui il presidente dei Radicali se ne uscì con un “e se facessimo venire un po’ di amici?”. Dopo i primi inviti, a partire da Clemente Mimun, la voce si sparse e cominciò l’ampio numero di visite in via della Panetteria. La rilevanza della figura politica di Pannella è tratteggiata dalla presenza del leder radicale ai funerali della Politkovskaja (“unico politico occidentale”) e dagli elogi di Monsignor Paglia, testimonianza di una capacità di tenere distinti l’istituzione vaticana dalla comunità dei fedeli aderente al cattolicesimo.

A chiusura Marcello Zunisi, legale rappresentare dell’Associazione Nazione Rom, è intervenuto per “alzare la voce” a difesa delle comunità che si impegna a difendere quotidianamente.

Un pomeriggio intenso attorno a una figura di indubitabile carisma, in grado di ispirare ed appassionare persone diverse, dai comunisti agli anticomunisti, per restare a categorie imprescindibili del Novecento. Pannella appare come un uomo incapace di pensarsi non politico, attento a difendere quelle categorie ignorate o demonizzate dal senso comune (poveri, tossicodipendenti, emarginati). Rimane tutta la contraddizione di una posizione politica convinta che il capitalismo e l’imperialismo non fossero tra le principali cause della diseguaglianze sociali denunciate, ma esiste un aspetto della vita personale in cui si deve riconoscere l’autenticità di posizioni profonde e distanti da chi si limita a qualche proclama su Facebook per descrivere i propri “mulini a vento”.

La registrazione della presentazione su RadioRadicale cliccando qui.

Ultima modifica il Mercoledì, 26 Aprile 2017 19:02
Dmitrij Palagi

Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".

«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)

 

www.orsopalagi.it

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