Giovedì, 19 Marzo 2015 00:00

Lo schiavismo delegato agli emiri

Ogni tanto la patina di silenzio dei media è costretta a lasciare emergere qualche spiraglio di luce dalle condizioni reali di chi, lottando disperatamente, cerca di rivendicare condizioni di vita e di lavoro più degne e più umane. Così, capita che persino il Wall Street Journal (il primo quotidiano americano online che si occupa principalmente di finanza, fino al 2007 di proprietà della Dow Jones & Company e poi rilevato da Rupert Murdoch) arrivi a interessarsi delle condizioni degli operai edili migranti del Dubai (leggi qui). E così emergono per un istante queste rivolte dei neo-schiavi sconosciute ai più, su cui prontamente il vortice massmediatico riesce a chiudere ogni approfondimento delle condizioni reali di lavoro di questi per poi ritornare subito a fagocitare gli animi verso i nuovi orizzonti di sviluppismo più sfrenato.

Il Grande Fratello vince su Spartaco, puntualmente. Anche la notizia più tragica diventa una merce che nel mondo delle big corporation dell'informazione si deteriora rapidamente una volta venduta. Ebbene, le rivolte degli operai nel Golfo non sono certo una notizia su cui si può sorvolare facilmente, tanto più che avvengono ormai da nove anni a questa parte (il primo grande sciopero risale al 2006) e in nazioni in cui i diritti politici e civili semplicemente non esistono, ma con le quali l'Occidente continua a intrattenere rapporti economici e politici senza che nessuno si scandalizzi più di tanto. Se non fosse stato per il solenne rifiuto della first lady Michelle di indossare il velo alla cerimonia funebre del re saudita Abdullah nessuno saprebbe delle tragiche condizioni dei sudditi sauditi, però il petrolio serve e d'altra parte non è un segreto che il prezzo del petrolio sia finito al centro dell'attuale scontro economico e geopolitico mondiale, quindi i peroratori del diritto umanitario dovranno accontentarsi del coraggio di Michelle. Ad esempio la legge negli Stati retti dagli emiri vieta espressamente gli scioperi, ma questi avvengono ugualmente grazie ai veri atti di coraggio di lavoratori che, seppur puntualmente repressi con la deportazione, decidono di lottare pagandone tutte le tragiche conseguenze sulla propria pelle, come è accaduto ai capi della rivolta sindacale dell’Arabtec colosso delle costruzioni che ha realizzato, tra l’altro, il Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo (830 metri) che ospita l’Hotel Armani con camere da 700 euro a notte.

Ancora, in Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar è in vigore il sistema di reclutamento della manodopera detto della Kafala (garanzia) che lega indissolubilmente il lavoratore al proprio datore di lavoro, un sistema di reclutamento tanto libero e foriero di garanzie che assomiglia pericolosamente all'acquisizione di uno schiavo: un ufficio di collocamento nel paese d'origine trova un datore di lavoro disposto a sponsorizzare il lavoratore immigrato, che da quel momento non può cambiare posto di lavoro per tutta la durata del contratto. Chi si sottrae al sistema può essere incarcerato o, di fatto, sequestrato. Chi scappa è colpito da huroob, una denuncia che trasforma il lavoratore in una sorta di schiavo fuggitivo. La gravità del fenomeno è data proprio da ciò, dalla messa a sistema e dalle conseguenti dimensioni di massa del fenomeno che investe milioni di lavoratori e lavoratrici con svariate categorie che vanno dagli operai edili, agli addetti dei mega store, alle collaboratrici domestiche. I numeri sono veramente impressionanti e riportano tassi di suicidi e di morti sul lavoro crescenti. Per rendere l'idea dei diritti lavorativi si può descrivere il caso che nel maggio del 2011 fece scalpore innescando poi la rivolta all'Arabtec: Athiraman Kannan, operaio indiano di 38 anni che percepiva 150 euro al mese per 12 ore di lavoro su sei giorni settimanali, si lanciò dal 147˚ piano del grattacielo che stava costruendo dopo che il suo superiore gli rifiutò un permesso per tornare in India in seguito alla morte del fratello.

Dal 1998 ad oggi, cioè da quando si ha notizia delle condizioni di sfruttamento di queste masse di migranti in arrivo dalle zone povere dell'Asia (India, Nepal, Sri Lanka, Bangladesh, Indonesia e Filippine) e del Corno d'Africa (Somalia, Eritrea e soprattutto dall'Etiopia) i “migrant workers” hanno dovuto lottare praticamente per ogni cosa della loro vita quotidiana. Tuttavia, ogni minima conquista viene pagata dai lavoratori a carissimo prezzo se si pensa che nel solo 2013 sono stati espulsi per ritorsione centomila lavoratori dal solo territorio saudita.

È però opportuno ricordare che a beneficiare dei vari strumenti di irrigidimentazione della manodopera che noi consideriamo "immorali", dalla kafala all'huroob, sono spesso virtuose, evolute e idolatrate imprese occidentali che praticano l'unica legge conosciuta nel sistema capitalista: il profitto senza limiti. Per poter fare ciò simili oasi di schiavitù sono benedette come manna dal cielo anche dalle nostrane Alitalia, Piaggio, Eni, Eataly e Finmeccanica. I rapporti tra la nostra economia ancora troppo statalizzata secondo l'ideologia dominante e gli emiri che stanno facendo shopping in occidente non sono mai stati così intensi. Infatti, se l'episodio di Michelle Obama risale al 28 gennaio, l'ultima visita del nostro Presidente del Consiglio è di poco precedente e risale all' 8 gennaio. L'Expo, mastodontica operazione di greenwashing, non poteva che mirare a portare i fondi sovrani degli emiri a investire in Italia, rivelando quanto siano intersecate le questioni dello sviluppismo e dei nuovi settori tecnologici spacciati come ecofriendly. Il primo maggio (data simbolica) nei padiglioni dei paesi del Golfo saranno presentate soluzioni altamente tecnologiche per le energie rinnovabili e lo sviluppo sostenibile, evidentemente centrali proprio nel settore dell'edilizia, in cui il basso impatto ambientale delle costruzioni avveniristiche dettate dal sopracitato sviluppismo viene venduto con il paradossale slogan per una petrolmonarchia "l'acqua è più importante del petrolio". In realtà, come visto sopra, le connessioni tra l'economia italiana e quella degli emirati sono molto più estese e vanno dal settore della Difesa a quello della metallurgia fino a quello energetico, dei trasporti e ora pure del cibo Made in Italy di Farinetti. È chiaro che in materia commerciale i diritti umanitari non valgono, come non valgono i diritti civili e politici: tutto è valido purché segua le solenni leggi del profitto e giacché il profitto non è mai anomico, ma risponde alle leggi del Capitale, perché non chiedere agli emiri anche una mano per risolvere la questione libica? E infatti nell'ultimo incontro dell'8 gennaio si discusse anche di questo, cioè di come ingabbiare la manodopera che pretende di essere libera prendendo in parola coloro che vanno cianciando da un trentennio ormai di libertà dei mercati. Tuttavia, le varie monarchie ancora non si sono accordate per spartirsi le risorse petrolifere della zona, per cui è probabile che la guerra tra bande continuerà e che gli odiati "clandestini" continueranno ad "assediare" un'Europa che risponde divenendo sempre più fortezza.

Ecco che mentre l'assedio degli straccioni e dei poveracci impensierisce i leghisti, viceversa, lo shopping degli emiri è il benvenuto, e lo è a tal punto che un fondo qatariota lo scorso 27 febbraio ha acquistato una partecipazione pari al 100% del progetto Porta Nuova di Milano (380 unità abitative e 22 edifici, e non è che il caso più celebre) senza che i difensori supremi della "nostra" identità avessero nulla da eccepire.
Insomma, a proposito di argomenti totalmente insabbiati dai media, si potrebbe concludere dicendo che Mafia Capitale (vero specchio del nostro sistema politico-economico) ha dimostrato che il vero affare per l'una e l'altro è l'immigrato, il quale è importante risorsa politica ed economica proprio per coloro che vorrebbero chiudere le frontiere agli esseri umani ma non disdegnano invece l'apertura delle frontiere ai capitali cumulati con la sopraffazione più feroce.

Pubblicato in Internazionale
Venerdì, 06 Marzo 2015 00:00

Primo Marzo 2015, a Firenze, per i migranti

Anche quest’anno è arrivato il primo marzo e come già da molti anni non è stato un primo marzo qualunque. Infatti in occasione della giornata internazionale del migrante, la rete Primo Marzo di Firenze, insieme al comitato antirazzista Firenze, all’Arci, alla CGIL Firenze, a MEDU, all’associazione L'Altro Diritto, al Centro Sociale Valdese di via Manzoni, ha organizzato proprio in una sala di quest’ultimo una serata all’insegna dell’antirazzismo e dell’accoglienza.

Pubblicato in Società

[Un piccolo partito dell'estrema destra italiana ha inscenato un “volantinaggio di sensibilizzazione” a Prato, distribuendo un farneticante volantino di “regole” che i migranti “dovrebbero rispettare. Lo scrivente ha voluto rispondere loro così.]

L'Italia da bravo esempio della fortezza Europa vi ha sbattuto le porte in faccia, lasciandovi in preda ai lager per migranti libici, morire in mare, e se proprio vi va tutto bene mesi in galera in un CIE. Ora, se siete proprio impazziti e volete proprio rimanerci, dovete conoscere le sue regole:

Pubblicato in Società

Un'intervista "collettiva" agli attivisti de La Comune del Belgio. Per saperne di più sulle loro attività seguiteli su www.lacomunedelbelgio.altervista.org e su Facebook.

1) La Comune del Belgio nasce quando persone provenienti da paesi diversi e soggetti che operano in ambiti differenti si incontrano su suolo belga e mettono su carta un obiettivo comune: quello di facilitare la convivenza e l'integrazione di persone che arrivano in Belgio per studio, lavoro o per tentare una nuova vita. Volete dirci qualcosa in più su di voi?

Pubblicato in Internazionale
Lunedì, 29 Settembre 2014 00:00

Pisa con i migranti

Pisa “Oltre l'emergenza”
Per una rete nazionale di tutela dei migranti, dall'accoglienza all'inclusione

Sabato 27 Settembre la Sala Regia di Palazzo Gambacorti, luogo di seduta del Consiglio Comunale, si è rivelata incredibilmente meticcia e straordinariamente rigenerata, riabilitata a luogo di progettazione, dibattito, prassi. In occasione delle giornate di Scienze per la Pace 2014 l'Associazione allievi e amici di Scienze per la Pace ha organizzato l'incontro “OLTRE L'EMERGENZA. Dialoghi sull’accoglienza tra sistema nazionale e sperimentazioni territoriali”.

A più di due anni dall'inizio dell'esperienza di autogestione del Centro di Accoglienza di Via Pietrasantina - che ha visto attiviste e attivisti provenienti dal vasto mondo antirazzista dell'associazionismo pisano impegnati in un percorso di inclusione lavorativa, sociale, umana assieme a un gruppo di profughi fuggiti dalla guerra in Libia - a poco meno di un anno dalla strage di Lampedusa del 3 Ottobre e in seguito all'arrivo a Pisa negli scorsi mesi di nuovi gruppi di rifugiati e migranti, è sempre maggiore l'esigenza di parlare di accoglienza e andare oltre un concetto che fa perno su altri due elementi da superare: emergenza e assistenza.

Pubblicato in Toscana

Mentre l'ennesima tragedia si consumava nel Canale di Sicilia, il rieletto alla carica di Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz durante il suo discorso inaugurale rinnovava l'invito alla visita per Papa Francesco, il quale per il momento, prudentemente, evita di rispondere.
Se è piuttosto difficile capire la protesta di un Buonanno qualsiasi che richiede di riportare al centro le radici cattoliche dell'Europa proprio nel giorno in cui si rinnova l'invito al Papa nella sede rappresentativa della medesima, è molto più semplice e comprensibile il ruolo che le istituzioni intendono giocare davanti all'ondata di disperazione in arrivo dal mare. Il fatto che questo ruolo sia dettato dal “comunicatore europeo dell'anno” (premio conferito a Francesco dal Parlamento europeo nel 2013) è solo una consequenzialità scontata, deve aver fatto risparmiare molto in relazioni pubbliche i governanti così austeri.

Pubblicato in Società

Mentre l'ennesima tragedia si consumava nel Canale di Sicilia, il rieletto alla carica di Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz durante il suo discorso inaugurale rinnovava l'invito alla visita per Papa Francesco, il quale per il momento, prudentemente, evita di rispondere.
Se è piuttosto difficile capire la protesta di un Buonanno qualsiasi che richiede di riportare al centro le radici cattoliche dell'Europa proprio nel giorno in cui si rinnova l'invito al Papa nella sede rappresentativa della medesima, è molto più semplice e comprensibile il ruolo che le istituzioni intendono giocare davanti all'ondata di disperazione in arrivo dal mare. Il fatto che questo ruolo sia dettato dal “comunicatore europeo dell'anno” (premio conferito a Francesco dal Parlamento europeo nel 2013) è solo una consequenzialità scontata, deve aver fatto risparmiare molto in relazioni pubbliche i governanti così austeri.

Pubblicato in Società
Lunedì, 23 Giugno 2014 00:00

Io sto con la sposa. E tu?

Mettete 5 palestinesi e siriani scappati dal dramma dei propri paesi ed arrivati in Italia senza documenti. E mettete che vogliano raggiungere la Svezia per iniziare una nuova vita, lontana dal dolore e dall'angoscia di anni ed anni di violenza. Come fare ad attraversare l'Europa?

L'idea geniale è venuta a Khaled Soliman Al Nassiry, poeta siriano, e a Antonio Augugliaro, giornalista italiano: mettendo su un finto corteo nuziale. Con la complicità di un'amica palestinese che ha accettato di vestire i panni della sposa, sono riusciti a mettere in viaggio una “carovana” di oltre 25 persone (se non è numerosa che festa nuziale è?).

Pubblicato in Internazionale

La scorsa settimana, mentre divenivano di pubblico dominio le intercettazioni che ritraggono il ministro della Giustizia italiana nel pieno del suo “intervento umanitario” in favore di Giulia Ligresti, i licenziamenti politici e le denunce ai lavoratori in sciopero si attuavano con costanza e spietata freddezza.

Mentre emergeva che il ministro e la compagna di Salvatore Ligresti entrarono in contatto diretto fin dai primissimi giorni dell'arresto e che l'anoressia della detenuta diveniva un problema grave a tal punto da mobilitare il ministro della Repubblica, giunto a spendersi personalmente per monitorare le condizioni dell'arrestata Ligresti; l'inedia tra i lavoratori che negli scorsi mesi rivendicarono i propri diritti rimettendoci il posto di lavoro ha cessato di essere un problema di competenza della politica.

Pubblicato in Società

Leggi la prima parte

Il discorso sulle condizioni lavorative nel settore agricolo del nostro paese va inserito all'interno del contesto economico globale. Infatti, per comprendere la portata e l'intensità dell'attacco alle condizioni lavorative in corso, dobbiamo aver chiaro il processo di riorganizzazione del Capitale. La fine dei vincoli alla mobilità finanziaria avvenuta con l'adozione del dollar standard ha provocato una decisa modificazione del processo di accumulazione del capitale con effetti a cascata anche sulla struttura del sistema economico.

Pubblicato in Società

Free Joomla! template by L.THEME

Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti.