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Lunedì, 16 Novembre 2015 00:00

A.A.A. Cercasi idee originali ad Hollywood

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A.A.A. Cercasi idee originali ad Hollywood

A Hollywood hanno perso le idee che invece erano di casa soprattutto a cavallo tra gli anni '60 e gli anni '80. Prequel, sequel, remake e reboot sono all'ordine del giorno. Questa è una settimana ricca (numericamente) di uscite in questo senso. Ho scelto i due film più significativi: uno è un remake (non ai livelli dell'originale) di uno dei film più importanti degli ultimi anni, l'altro è un prequel che racconta le origini dell'iconico personaggio che non cresce mai. Lo so c'è anche il ritorno dei Brangelina. Tuttavia evitate di andare a vedere “By the sea” della coppia Angelina Jolie e Brad Pitt. E' di una noia mortale. Se l'avesse fatto un altro, il progetto non avrebbe mai visto la luce. In Italia (oltre al già recensito “Gli ultimi saranno ultimi” che trovate qui) invece si parte già con il primo cinepanettone di Massimo Boldi che, orfano di De Sica, ritrova Biagio Izzo e inscena la solita vaccata all'italiana in “Matrimonio al sud”. Ma diciamolo sottovoce altrimenti il buon “Cipollino” si arrabbia (vedi polemiche con critico sui social network).
Ecco in dettaglio il resoconto:

 

Pan - Viaggio nell'isola che non c’è ***

(USA 2015)
di Joe WRIGHT
con Levi MILLER, Hugh JACKMAN, Rooney MARA, Garrett HEDLUND, Amanda SEYFRIED
Durata: 1h e 51 minuti
Produzione e distribuzione: Warner Bros

Nel 2004 Johnny Depp interpretò J.M. Barrie nel film “Neverland”. La storia raccontava di come era riuscito questo scrittore a inventarsi il mito di Peter Pan. Se non l'avete visto, recuperatelo. Oggi rifare questo personaggio così iconico al cinema è profondamente difficile: lo hanno già raccontato in ben 7 pellicole (“Neverland” compresa) oltre alle serie Tv. Le versioni più riuscite sono senza dubbio il cartone animato Disney e lo spielberghiano “Hook”. In quest'ultimo però Peter, interpretato da Robin Williams, era diventato adulto, e pensava solo al lavoro (e al cellulare). Era il 1991, se fosse stato fatto oggi immagino quanto fosse efficace lo spunto di Spielberg. Poi Capitan Uncino (Dustin Hoffman) gli rapisce i due figli e Peter sarà costretto a tornare sull'Isola che non c'è. Ricordandosi chi era. Al regista inglese Joe Wright (già autore degli ottimi Anna Karenina e Espiazione) è stato affidato di girare un nuovo film sul ragazzo che non vuole crescere.
Ha scelto una strada nuova: raccontare cosa c'era prima della leggenda. Non a caso il titolo riporta solo il cognome e non il “marchio” ingombrante di Peter Pan. D'accordo non è una cosa psicologica alla “Batman begins”, ma più in stile Disney con “Maleficent”. Francamente l'idea non è assolutamente male. Negli Stati Uniti quest'ultima versione è stata un colossale flop per la Warner Bros: 150 milioni di dollari che ancora non sono rientrati, nonostante l'ottimo cast. La gente probabilmente si è stancata di un nuovo film su Peter Pan. Ma veniamo alla storia.

Siamo a Londra in piena Seconda Guerra Mondiale. Peter (Levi Miller) è un dodicenne dal carattere ribelle. Sua madre, pur amandolo, una notte lo lascia in fasce davanti a un portone. Nella parte finale del film capirete il perchè. Finisce in un orfanotrofio guidato da suore cattivissime. Per intendersi quelle che tirano le bacchettate sulle mani e ti fanno soffrire la fame. L'atmosfera è quella delle opere letterarie di Charles Dickens, in particolar modo Oliver Twist. Peccato solo che lì era il 1830. Lo so sono pignolo, ma l'Ottocento e il Novecento sono due epoche molto diverse. Una notte gli orfanelli (Peter compreso) vengono prelevati dai pirati del perfido Barbanera (Hugh Jackman con parrucchino “vittoriano”). Sembra un musical stile Moulin Rouge, soprattutto per il look dei personaggi. Arrivato sull'Isola che non c'è, Peter viene messo come gli altri in una miniera per estrarre la polvere di fata. L'introduzione di Barbanera è scandita dai cori di “Smells like spirit” dei Nirvana e “Blitzkrieg Bop” dei Ramones. Cosa piuttosto fantasiosa, folle che però cozza con il tono del resto del film che strizza l'occhio agli adolescenti. Peter fa amicizia con il pomposo James Uncino (Garrett Hedlund), che ha entrambe le mani, e il servile Spugna. Quando parla, Barbanera incanta. Un po' come Berlusconi o come Renzi. Però nei fatti schiavizza tutti in questa enorme cava. Chissà se avesse avuto il Jobs Act come sarebbero cambiate le cose. Non avrebbe neanche i sindacati a pestargli i piedi. Tuttavia Peter è indignato e, per sfuggire, vola. La cosa non passa inosservata, anche perchè il ragazzino ha un ciondolo al collo con un “flauto”. Secondo un'antica profezia, colui che ha questo oggetto è il Prescelto per guidare la rivolta contro Barbanera. Peter, aiutato dall'amico Uncino, riesce a fuggire trovando rifugio dai Nativi che da sempre combattono il cattivissimo pirata. Qui, grazie alla combattiva leader Giglio Tigrato (Rooney Mara con look stile “cirque de soleil”), Peter scoprirà chi era sua madre e qual è il destino che lo aspetta.
Barbanera però non vuole che i Nativi e Peter si incontrino...

La volontà di Wright è quella di guidare lo spettatore, di fargli prendere fiducia e spiccare il volo insieme a Peter. Secondo me il film funziona, anche grazie alla bellissima fotografia fatta di colori saturi e sgargianti (compreso l'uso del 3D), ai galeoni volanti, all'esistenza della specie dell'Uccello che non c'è (che involontariamente provoca qualche risata), il coccodrillo e le sirene (tutti creati in digitale con la computer grafica). D'accordo nel copione non tutto scorre liscio, lo scavo psicologico è quasi inesistente, ma siccome è un prodotto per famiglie, alla fine, non è poi così male. Anche se gli incassi internazionali paiono dimostrare la tesi opposta alla mia. Da segnalare le buone prove del villain Hugh Jackman (che si è ispirato a “Hook” di Dustin Hoffman) e della combattiva Rooney Mara, il cui sguardo magnetico è ancora una volta esaltato dopo le efficaci prove di “fincheriana” memoria. Purtroppo il personaggio poco riuscito è Uncino. Pomposo, saputello, imbranato corteggiatore e perfino alleato di Peter. La storia potrebbe suggerire un futuro sequel per scoprire il perchè Uncino diventerà nemico di Peter Pan (sarà per una donna?), ma vista la dimensione del flop di quest'opera, qualche dubbio sorge. Alla fine il confronto diviene inevitabile: la versione spielberghiana faceva volare, questa un po' meno. In ogni caso sforzatevi e fate un pensiero felice. Potreste “volare” anche Voi.

TOP Fotografia, l'uso dei colori brillanti e saturi, le scene di combattimento, le atmosfere dickensiane della vita reale di Peter, le interpretazioni di Hugh Jackman e Rooney Mara.
FLOP La sceneggiatura è meno ragionata del solito, l'Uncino di Garrett Hedlund è mal riuscito, la commistione dei vari toni del film non sembra riuscitissima (compreso l'uso della colonna sonora).

Il segreto dei suoi occhi **
(remake)

(USA 2015)
di Billy RAY
con Julia ROBERTS, Nicole KIDMAN, Chiwetel EJIOFOR, Michael KELLY, Joe COLE, Alfred MOLINA
Durata: 1h e 48 minuti
Distribuzione: Good Films

Prendete un sceneggiatore americano di buon livello come Billy Ray (suoi gli script di Captain Philips, State of play), mettetelo alla regia e aggiungetegli 2 attrici premio Oscar (Nicole Kidman e Julia Roberts), dei buoni comprimari come Alfred Molina e Michael Kelly e un attore emergente come Chiwetel Ejifor (che ha sostituito Denzel Washington). Ovviamente tutto ciò non basta per fare un ottimo film. Figuriamoci se è un remake (in salsa stelle e strisce) dell' omonimo capolavoro argentino del 2009 di Juan Josè Campanella. Per intendersi quello che vinse l'Oscar (correva l'anno 2010) come miglior film straniero sbaragliando la concorrenza, pur essendo altamente sfavorito. I concorrenti più agguerriti erano “Il profeta” di Jacques Audiard e “Il nastro bianco” di Michael Haneke.  Il rischio che si corre nei remake “alterati” è che l’originale venga privato di emozioni e compattezza per avvicinarsi il più possibile alla sensibilità americana. Billy Ray, pur provandoci, ha fatto proprio questo purtroppo.

La storia è quella dell'investigatore Ray (Chiwetel Ejiofor di “12 anni schiavo”) che è rimasto ossessionato da un vecchio caso: lo stupro e l’omicidio della figlia della collega e amica Jess (Julia Roberts), ritrovata senza vita vicino a una moschea. Anche in questo caso lo Stato finirà per insabbiare il caso garantendo l’impunità al presunto colpevole. In particolar modo il capo di Ray, Siefert (Michael Kelly) e il procuratore capo, il messicano Morales (Alfred Molina).  Dopo 13 anni, Ray scopre la nuova identità dell'assassino e propone al vice procuratore distrettuale Claire (Nicole Kidman) di riaprire il caso. Tutto ciò provocherà delle conseguenze imprevedibili, riconducibili al passato. Il film originale era unico nel suo genere. Aveva 3 storie parallele che alla fine si incontravano in maniera sublime con un finale imprevedibile e bellissimo: la prima era l'omicidio di una bella donna, il cui marito era innamorato follemente di lei, la seconda era la vicenda riguardante il protagonista Benjamin Esposito (un sontuoso Ricardo Darin) e l'amore mai nato con la collega Irene. E poi c'era lo scenario politico argentino degli anni 70. Per intendersi la dittatura di Videla con tutte le sue contraddizioni e le sue conseguenze.

Sapendo tutto ciò, Billy Ray cosa ha fatto? Ha mantenuto lo scheletro narrativo, cambiando epoca, ambientazione (l'azione si sposta negli Stati Uniti tra i primi mesi dopo l'11 settembre e oggi) e la durata dell'azione (nell'originale il film passa dal 1974 al 1999, qui invece il lasso di tempo tra i vari fatti è di appena 13 anni). Nel film argentino il tempo (25 anni) era importante per far diventare la vicenda di Benjamin Esposito una questione esistenziale, qui invece 13 anni servono solo a far concepire la paranoia e il fanatismo del terrorismo post 11 settembre. Ed è un errore grave. Il film perde tutta la sua forza. Ma non è finita qui.
C'è un incredibile espediente narrativo dell'assassino (che nell'originale non c'era) che tende a mettere fuori strada lo spettatore senza però intrattenerlo e poi c'è la straordinaria storia d'amore (mai nata) tra Benjamin e Irene, che qui diventa roba da fiction televisiva. Ejifor è molto bravo, ma Nicole Kidman non lo assiste proprio. Sembra che sia in un altro film, anche perchè la macchina da presa non inquadra quasi mai l'attrice con un primo piano. La scelta dei controcampi è penosa. Il motivo è molto semplice: i lineamenti di Nicole sono stati cancellati dalla chirurgia plastica e ormai è talmente inespressiva che sembra Barbie girl della canzone degli Aqua (addirittura viene ripresa a “sculettare” tra i polverosi scaffali dell'archivio con tailleur e tacchi a spillo...). Per non parlare poi dell'invecchiamento: misteriosamente la Kidman è l'unica che non invecchia, mentre il trucco funziona bene sul personaggio di Julia Roberts. Il lungometraggio di Billy Ray inoltre toglie completamente il personaggio di Morales (figura fondamentale della pellicola argentina, qui è il nome del personaggio del procuratore capo), trasformando la figura del marito “grondante” di amore per la moglie uccisa nella figura di una madre sola a cui hanno ucciso la figlia. In questo modo le 3 storie (quella politica post 11 settembre, quella dei “due amori”) diventano rette parallele, destinate a non incontrarsi mai. O almeno non del tutto. E poi c'è il tragico errore finale. Penosamente cambiato per far sì che lo spettatore rimanga sorpreso. E invece ciò che rendeva unico il film di Campanella, diventa un obrobrio che solo gli americani potevano fare.  Come diceva il grande Albertone, “ammericano... ammazza che zozzeria, ahò!”

TOP La credibile interpretazione di Chiwetel Ejiofor, le tante analogie con il film originale
FLOP L'interpretazione di Nicole Kidman che sembra in un altro film, la sceneggiatura ha più buchi del groviera (specie nello stupido “colpo di scena” finale e nello “sdoppiamento” dell'assassino che nell'originale non c'erano)


Buona visione a tutti!

Ultima modifica il Lunedì, 16 Novembre 2015 09:49
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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