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Martedì, 21 Giugno 2016 00:00

Il ritorno del maestro Ken Loach

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Il ritorno del maestro Ken Loach

I, DANIEL BLAKE ****1/2 - IN ANTEPRIMA
(Gran Bretagna 2016)
Regia: Ken LOACH
Cast: Hayley SQUIRES, Dave JOHNS, Micky MC GREGOR, Colin COOMBS
Sceneggiatura: Paul LAVERTY
Durata: 1h e 40 minuti
Distribuzione: Cinema

Il vecchio indomabile leone inglese è tornato. Quasi nessuno al mondo ha avuto nell'intera filmografia la pazienza e la coerenza nel raccontare determinate tematiche con la stessa determinazione. Da cinquant’anni fa cinema sui “loser”, sui dimenticati. Nessuno ha raccontato gli ultimi e la “working class” come ha fatto lui. Nemmeno i neorealisti italiani sono arrivati a tanto. In quest'opera si sentono gli echi dei film precedenti: da “In questo mondo libero” a “Jimmy's Hall” al documentario “The spirit of '45”. Tanto per fare alcuni esempi.

Nel 2014 (sempre a Cannes) il regista Ken Loach, presentando il film “Jimmy's Hall”, aveva dichiarato che quello sarebbe stato il suo ultimo film. Verità o marketing? Fortunatamente non è stato di parola. Merito del suo team creativo e del sodale sceneggiatore Paul Laverty che lo hanno convinto a tornare dietro la macchina da presa. Quest'anno al Festival di Cannes ha presentato la sua ultima fatica: “I, Daniel Blake” che gli ha fruttato una meritata Palma D'Oro. Il massimo riconoscimento cinematografico europeo. O se preferite, il secondo riconoscimento mondiale dopo l'Oscar. Per essere precisi è uno dei pochi ad averne vinte due nel giro di poco tempo (l'altra l'ha ricevuta per “Il vento che accarezza l'erba”). “Il cinema deve lottare contro le poltiche neoliberiste, far valere la ragione della gente contro i potenti. Un altro mondo è possibile” - esclamò con tono deciso il triofante Ken Loach. In un mano aveva il premio, l'altra chiusa nell'immancabile pugno al cielo.

Anche in Italia il fenomeno Cannes non è passato inosservato, tanto che in città come Firenze e Roma ci sono state (e ci saranno) le anteprime dei principali film della kermesse francese. Al cinema Odeon di Firenze la grande apertura è stato proprio il film che Vi racconterò in anteprima su queste pagine. La proiezione è avvenuta rigorosamente in lingua originale con sottotitoli. La versione italiana uscirà probabilmente in autunno, distribuita dalla nuova etichetta “Cinema” di Valerio De Paolis (fondatore della Bim). Un film nudo, crudo, attuale, asciutto, a tratti brutale. Un cinema nostalgico, a tratti schematico che molti critici etichettano come anacronistico. Si sbagliano, però. Loach sa far ridere e commuovere. Sull'uso dell'ironia il regista ha detto di aver creduto molto in quest'arma per raccogliere il consenso delle persone. Francamente lo spettacolo funziona, illuminando con semplicità anche gli angoli più oscuri delle strade. Ancora una volta il pubblico (me compreso, ma non fa notizia) si è lasciato andare alla lotta dell'indomabile Ken contro il liberismo, contro il mondo moderno e il progresso (se tale lo vogliamo chiamare). La cosa disarmante è che nel mondo reale siamo (quasi) tutti lobotomizzati al consumo e alla rassegnazione e quindi abbiamo bisogno di idoli come lo è (almeno per me) Loach.

Ma veniamo al film.
L'inizio è fulminante. Schermo nero. Titoli di apertura. Newcastle, Inghilterra. Due persone parlano, ma non si vedono. Uno si scopre che è il protagonista, il signor Daniel Blake (Dave Johns) del titolo. L'interlocutrice lavora in un ufficio pubblico. L'uomo, vedovo di 59 anni, vuole ottenere il sussidio di disoccupazione dallo Stato, visto che ha perso il lavoro a causa di una grave crisi cardiaca. Viene deriso con domande senza senso che vengono fatte per destabilizzarlo.
“Può muovere le mani?”
“Sì, ma che c’entra, io sono malato al cuore”.
“Per favore, risponda alle domande. Può muovere le gambe?”
”Sì, ma io sono malato al cuore…”
“Signor Blake, si focalizzi sulle domande del test, per favore”- dice la voce fredda e stizzita della donna.

Faceva il falegname e il carpentiere da molti anni, prima di sentirsi male. Il medico gli ha proibito di lavorare, ma, a causa di incredibili incongruenze burocratiche, è costretto a cercarsi un impiego. In attesa che l'indennità della malattia venga approvata. Sembrerà strano, ma funziona esattamente così nell'Europa di oggi. Anche nella magica Italia del renzismo. È una Gran Bretagna dominata dal colore grigio, non solo perchè là il cielo è spesso così. Ken Loach picchia forte sulla distruzione del welfare inglese ed ecco che ci si trova con Blake in mezzo a form da compilare online, attese infinite, segreterie telefoniche dalla voce metallica, workshop motivazionali obbligatori, la compilazione del CV (in lingua originale si dice “si-vi” e non curriculum). Peccato che il buon Daniel sia un artigiano e non conosca come funziona un computer (in questa parte si ride molto). Il liberismo, ci dice il regista inglese, non solo ci ha tolto il lavoro, ci toglie la dignità. Al resto ci pensano le privatizzazioni: ci sono aziende private che lavorano per conto dello Stato (vedere alla voce agenzie interinali) che valutano le abilità lavorative dei singoli individui e che scelgono il tuo destino. Loro cosa rischiano? Niente. Male che vada, rovineranno qualcuno. Siamo solo numeri da incasellare. La faccia del cabarettista Dave Johns (altro capolavoro di “scouting” di Ken Loach) parla da sola. Sembra un film neorealista italiano con gli ultimi che “recitano” la parte dei protagonisti.

Solo Terry Gilliam nel distopico “Brazil” (correva l'anno 1985) aveva fatto mostrato in maniera articolata i pericoli degli incartamenti. Era arrivato addirittura a predire che il cittadino rimarrà soggiogato dalla burocrazia fino a scomparire del tutto (ricordate la fine del personaggio di Robert De Niro?). Il “rosso” Ken Loach però non si ferma qui. Dopo aver denunciato le vessazioni dello Stato nei confronti di Blake, ci mostra il cuore di quest'uomo. Una persona che non ha paura di aiutare quelli come lui. Tra queste, c'è anche la madre single Katie (Hayley Squires). Lei è messa addittura peggio: si è trasferita da Londra a Newcastle senza un soldo e con due figli piccoli da sfamare. È pronta a tutto pur di dare un futuro a loro: “ruba” per necessità al supermercato, sceglie qualsiasi lavoro (anche la prostituta), va a fare la coda in strutture simili alla Caritas. Eppure sono entrambi figli di uno Stato che non si occupa più di loro, ma che pretende tasse salate per servizi di basso livello. Cosa fare allora in tempi dove soffia il vento della “Brexit”? Anche qui il saggio Ken Loach ha le idee piuttosto chiare sul fenomeno: “l'Europa è un'istituzione neoliberale, mira alla privatizzazione, chi s'interessa ai margini viene attaccato. Ma se usciamo, sarà ancora peggio, l'estrema destra vincerà. Si tratta di capire: come combattiamo meglio? È una domanda tattica. Per me bisogna combattere dall'interno, le sinistre si devono unire. È un momento pericolosissimo". Molti hanno accusato Loach di essere troppo ancorato al passato, ma il suo cinema è attualissimo.

Magari a livello di tecnica è un po' schematico e lento, ma nel complesso la Palma D'Oro sembra meritata visto che il cinema è anche il riflesso della società in cui viviamo. Capire i problemi e cercare di risolverli è anche una prerogativa della settima arte. Come fa il protagonista del film nella scena madre dell'opera, non appena esce esausto e inviperito dagli uffici pubblici. Bisognerebbe fare come lui quando dice “il mio nome è Daniel Blake. Sono un essere umano, un cittadino. Tutto quello che chiedo è di essere trattato con dignità. Niente di più, niente di meno”. Roba che andrebbe esposta nelle gelide stanze e sulle porte degli uffici pubblici.

TOP
– I temi di straordinaria urgenze e attualità (welfare, lavoro, privatizzazioni)
– L'ispirazione al cinema neorealista italiano
– La descrizione accurata degli ultimi
– La descrizione perfetta dei meccanismi con cui si scoraggiano i cittadini che esigono i propri diritti
– La burocrazia protagonista della storia come male assoluto
– La faccia del cabarettista Dave Johns, ennesimo esempio di riuscito “scouting”
– La coerenza di Ken Loach in tutta la sua filmografia

FLOP
– Il montaggio è schematico
– Alcuni momenti sono lenti, ma efficaci alla narrazione

Ultima modifica il Lunedì, 20 Giugno 2016 15:27
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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