Venerdì, 21 Ottobre 2016 00:00

L'Italia è... Inferno?

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L'Italia è... Inferno?

INFERNO ***
(USA 2016)
Regia: Ron HOWARD
Cast: Tom HANKS, Felicity JONES, Omar SY, Ben FOSTER, Irrfan KHAN
Durata: 2h e 1 minuti
Produzione: Sony Pictures
Distribuzione: Sony Pictures - Warner Bros
Uscita: 13 Ottobre 2016

Terzo capitolo della saga dedicata ai contestati romanzi di Dan Brown. Dopo “Il Codice Da Vinci” e “Angeli e Demoni”, il terzo progetto (“Il simbolo perduto”) è stato definitivamente accantonato, cinematograficamente parlando. Nel frattempo Dan Brown ha continuato a fare romanzi. Più di 150 milioni di copie vendute, è tra gli autori thriller più popolari e di maggior successo degli ultimi tempi. Ci sono voluti 7 anni per rimettere insieme Ron Howard, Tom Hanks e tutta la troupe. Pare che questi anni siano serviti. La qualità è maggiore. Il cast internazionale è uno dei punti di forza del film: Tom Hanks assicura continuità con il passato, Omar Sy si toglie la maschera da “quasi amico”, le due attrici Felicity Jones e Sidse Babett Knudsen sono una parte importante del film (a differenza dei personaggi femminili delle opere precedenti), Ben Foster e soprattutto Irrfan Khan (“La vita di Pi”) sono all'altezza della situazione.

Diciamo subito una cosa forte e chiara: questo è il film migliore dei tre, anche se è molto diverso dal libro di partenza (anche se ne conserva lo spirito). Ancora una volta il fascino di queste storie sono le ambientazioni: se nei primi due film si passava da Parigi a Londra e naturalmente Roma, questa volta si viene condotti a Firenze, Venezia e Istanbul. Per quanto riguarda il nostro Paese, sicuramente questa trilogia ha fatto molto. D'accordo si sa che Firenze, Roma e Venezia sono musei a cielo aperto, ricchissimi di tesori più o meno nascosti. Tuttavia questi film hanno portato tanti visitatori in Italia: ad esempio, solo al museo di casa Dante si è registrato un'impennata del 20% di biglietti staccati (solo nel periodo delle riprese). Dan Brown sembra dirci che le arti sono la chiave per conoscere il mondo. Ha ragione. In Italia non dovremmo fare molta fatica, anzi dovremmo vivere di rendita per tutto ciò che abbiamo. Il problema è che noi italiani non siamo bravi a fare marketing e preferiamo ripensare ai fasti del passato. Pensate cosa avrebbero potuto fare gli americani (che non intendo esaltare e che non amo) se avessero avuto città come le nostre...

In ogni caso non bisogna scambiare “Inferno” per quello che non è: ovvero un documentario. C'è da dire che Ron Howard fa splendere le nostre bellezze con inquadrature pazzesche, viste dall'alto notevoli esaltate dalla fotografia di Salvatore Totino. Il risultato è garantito nel suo insieme: il Giardino di Boboli, gli Uffizi, il Corridoio Vasariano, Palazzo Vecchio, il Battistero, il Duomo hanno un loro fascino che da solo vale il film. Così come Piazza San Marco a Venezia. Era dal 2001 (quando venne girato “Hannibal” di Ridley Scott) che il capoluogo toscano non ospitava un set internazionale così prestigioso e con una struttura così imponente. Prima di “Inferno”, ricordo “Camera con vista”, “Ritratto di signora”, “Un tè con Mussolini” e film italiani come ”La meglio gioventù” e il recente “Il giovane favoloso”. Tant'è che a Palazzo Vecchio hanno avuto un'ottima idea: quella di realizzare dei percorsi turistici sui segreti di Firenze, come è raccontato nella pellicola di Ron Howard. È stato denominato “pacchetto inferno”. Detto questo, veniamo al racconto del film.

Tre quarti della pellicola è girata nel capoluogo toscano perché l'enigma che Robert Langdon (ancora interpretato da Tom Hanks) deve risolvere riguarda Dante Alighieri (non scordiamolo, il sommo poeta è stato uno dei precursori del genere horror). Il problema è che il professore di simbologia ha una ferita alla testa ed è in stato di amnesia. Si risveglia a Firenze, all'interno di un ospedale. Non sa perché è lì. Crede di essere a Boston. Uguale, stessa sostanza... L'unica cosa che ricorda sono degli strani incubi riguardanti una peste e scenari da Apocalisse. E poi c'è una frase ricorrente: “chi cerca trova”. Il problema è che una misteriosa donna vestita da carabiniere vuole ucciderlo. Anche la polizia internazionale lo cerca, in particolar modo il capitano Bruder (il “cupo” Omar Sy di “Quasi Amici”). Langdon viene aiutato a fuggire dalla misteriosa dottoressa Sienna Brooks (Felicity Jones, che vedremo a Natale in “Star Wars: Rogue One”). Al centro dell'inghippo c'è un genio della genetica, il miliardario americano Zobriest (Ben Foster, il Lance Armstrong di “The Program”). Vuole ridurre la sovrappolazione del mondo, ha pronto un piano catastrofico: vuole introdurre un virus letale per uccidere milioni di persone. “L'umanità è la malattia, inferno è la cura, il dolore salva l'uomo” - è il suo motto.La memoria non mi inganna. Dan Brown deve aver avuto un “ponte” con la Francia. Infatti un certo Lepen dichiarò nel 2014 che il virus Ebola avrebbe risolto la piaga dell'immigrazione (se l'avevate persa, ecco qua). La cosa è ancora oggi piuttosto attuale, anche da noi. Qualcuno che si veste di verde, più o meno, è ai soliti livelli. Ma torniamo a noi.

Nel frattempo Zobriest si era buttato dalla torre della Badia Fiorentina, ma aveva lasciato in mani misteriose (ma non troppo) l'innesco di questo virus. Ma cosa c'entra Firenze, Dante e questi indizi con questo pazzo? Robert Langdon ha poco tempo per trovare l'enigma. Inizia qui la sua lotta contro il tempo. Quando entra in possesso di un cilindro con un laser, capisce di aver trovato la chiave di volta. Esce fuori una mappa con l'Inferno di Dante disegnato dal Botticelli. Langdon e la Brooks risolvono l'anagramma: “chi cerca trova”. La frase dell'incubo del professore. Nel frattempo l'organizzazione segreta Consortium (che ha infiltrati in tutto il mondo) non vuole assolutamente che questi segreti siano svelati. Da qui il film diventa una irrefrenabile corsa contro il tempo tra segrete, cripte, Palazzo Vecchio, il Corridoio Vasariano, Porta Romana, i Giardini di Boboli, il Battistero (luogo in cui Dante è stato battezzato). L'ultima parte del film porterà lo spettatore, insieme a Langdon e Brooks, a Venezia in piazza San Marco e poi a Istanbul (ex Costantinopoli) dove i nodi verranno al pettine e gli enigmi saranno risolti.

Ron Howard, coadiuvato dalla scrittura più efficace di David Koepp, dirige sicuro con mano sicura una storia affascinante. Questa volta, oltre a tutto questo, però riesce (rispetto ai due film precedenti) a migliorare i personaggi femminili: sia la dottoressa Sinskey sia Sienna Brooks sono importanti nel contesto della storia e rappresentano l'amore. Ayelet Zurer e Audrey Tatou francamente erano solo dei personaggi di contorno nei film precedenti, qui invece hanno un ruolo di tutto rispetto (e hanno anche un'immagine più “sporcata”). Proprio l'amore è un aspetto fondamentale perché viene analizzato nelle sue varianti: quello malriposto, quello non corrisposto, quello ritrovato, quello mai detto. Questa caratterizzazione non è affatto male e si incastra, secondo me, perfettamente con il ruolo dell'arte, dei misteri che ci legano, ad esempio, alle bellezze di Venezia e Firenze. Ogni giorno, in nome dell'amore, vengono fatte cose raccapriccianti, come gli omicidi. È anche vero però, come tutte le cose della vita, anche in questo campo tutto dipende dall'impegno reciproco. Francamente nelle sceneggiature di “Angeli e demoni” e de “il Codice da Vinci” tali riflessioni erano molto più terra terra o non c'erano proprio. Come ho già detto, il libro è diverso, ma il film conserva l'essenza dell'opera di Dan Brown.Se confrontiamo il romanzo e la pellicola, quest'ultima rimane in linea di galleggiamento.

Detto questo, però bisogna anche dire che il film non è affatto perfetto, anzi. A cominciare dagli abiti che all'inizio la Brooks presta a Langdon. Casualmente sono della stessa taglia. Eppure Hanks è parecchio diverso dall'altro attore (non vi dico il nome per non rivelarvi troppo), in quanto a costituzione. Poi c'è la scena dove Langdon non ricorda il nome della bevanda che vuole bere (il caffè). Provoca risate involontarie, ma a pensarci bene il caffè americano rispetto all'espresso italiano può provocare dimenticanze. Ma il bello deve ancora venire. Nonostante il red carpet, le frasi di circostanza, quelli che passano male siamo sempre noi: gli italiani. Gli americani ci fanno notare l'inefficienza delle nostre forze dell'ordine, i soliti pregiudizi (vedi la scena girata a Venezia in cui si rivela il personaggio di Felicity Jones), e il tema classico delle relazioni tra uomini maturi e donne più giovani. Ancora una volta a livello internazionale rimaniamo scottati dal caso Berlusconi-Ruby. Vedere per credere. Ancora oggi continuano a deriderci. Ma non è finita qui perchè gli italiani sono anche quelli che fanno manifestazioni contro la violenza sugli animali fuori da Palazzo Medici Riccardi, ma che non si ribellano di fronte a cose più importanti. Tanto a nessuno gliene frega niente. Chissà su questo referendum che risate si saranno fatti gli americani. Beh, cari amici d'oltreoceano su tante cose avete ragione, ma anche Voi sulla questione sessista non siete secondi a nessuno. Noi abbiamo Silvio, ma anche il buon Donald è un discreto cavallo di razza. Tuttavia la ciliegina sulla torta è la scena prima dei titoli di coda che andrebbe bene come spot per l'italiano medio. Come dire italiani non siete ancora usciti dal sonno del berlusconismo.
Hanno ragione Dan Brown e Ron Howard: “chi si rifiuta di agire in tempi di crisi, si merita l'inferno”.

TOP
– Il cast internazionale ben amalgamato
– Alcune critiche agli atteggiamenti italici sono condivisibili
– La fotografia di Salvatore Totino, le musiche di Hans Zimmer
– Le location sono esaltate in tutta la loro bellezza, in particolar modo Venezia e Firenze
– Il film è diverso dal libro, ma esalta lo stesso spirito
– La grande attualità di questo romanzo/film
– L'arte e la cultura viste come chiavi di volta per l'umanità
– La componente romantica è esaltata in modo positivo attraverso due figure femminili discretamente interpretate
FLOP
– Alcune debolezze della sceneggiatura (vedi le taglie degli abiti o la scena del caffè che sono involontariamente comiche)
– La prevedibilità di una parte dello svolgimento della trama, in linea con gli episodi precedenti
– Alcune visioni sugli italiani sono abbastanza grevi e affrettate 

 

 

 









La battaglia di Marciano del Vasari -
Salone dei 500 (Firenze, Palazzo Vecchio)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da sinistra: Tom Hanks, Sidse Babett Knudsen, Ron Howard, Omar Sy, Dan Brown e Felicity Jones.

Ultima modifica il Mercoledì, 19 Ottobre 2016 13:05
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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