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Mercoledì, 14 Febbraio 2018 00:00

La forma dell'acqua: fiabe gotiche, politica, amore per il cinema

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La forma dell'acqua

Fiabe gotiche, politica, amore per il cinema: ecco Il leone d'oro Guillermo Del Toro

Devo ringraziare Guillermo Del Toro.

Il suo è un atto d'amore unico per il cinema e per i suoi spettatori.

Dopo quel film incredibile che era Il labirinto del fauno, è riuscito a ripetersi ancora una volta e ad abbattere il clichè del principe azzurro made in Disney.

La solita favoletta si tinge di atmosfere dark alla Tim Burton con forti appendici horror e diventa una metafora dei nostri tempi.

Brutale, semplice, essenziale e diretta.

Attingendo a piene mani dai classici Disney (La sirenetta, Cenerentola, La bella e la bestia), Il fantastico mondo di Amelie, Il mostro della laguna nera, King Kong e il recente La la land, Del Toro riesce sempre ad essere un abile narratore, con poco zucchero e retorica.

Ne abbiamo abbastanza dell'altra metà della mela, della scarpa (profumata o puzzolente, stretta o larga che sia) che il principe prova alle dame prima di sposarsi, della donna che tramuta una bestia in un uomo gentile.

Sono tutti clichè, ogni situazione è diversa dall'altra. Gli uomini e le donne non sono tutti uguali. Non c'è una ricetta univoca per tutti (fortunatamente viene da dire). Dimenticate gli oroscopi, le affinità fra i segni.

La forma dell'acqua in parole povere scombussola tutte queste cose e dice che l'amore è qualcosa di oltre le convenzioni.

Non è solo un film romantico ma è anche (abilmente e velatamente) politico. Nulla di nuovo, di originale, ma è un'opera che va in controtendenza rispetto al mondo, esaltando i diversi, abbattendo i muri (il regista è messicano) e travalicando spazio e tempo (la creatura vive tra aria e acqua).

Del Toro è contrario all'intransigente Trump, alla divisione permanente tra Stati Uniti e il suo Paese natale. Il sogno americano è una grandissima balla e lo dice forte e chiaro. La forma dell'acqua è un ideale (e visionario) sequel del Labirinto del fauno e si presenta agli Oscar tra i favoriti (13 nomination meritate) dopo aver sbancato Venezia.

In quest'ultima pellicola Del Toro disegnava un'affascinante fiaba gotica per raccontare la guerra civile in Spagna ai tempi di Franco. C'era una bambina (Ofelia) che si immergeva in un mondo fiabesco. Incontrava un fauno che le rivelava la sua vera identità. Per raggiungere il suo scopo, doveva superare tre prove pericolose e un labirinto (onirico naturalmente).

Questa volta siamo nel 1962 in America, a Baltimora. Attorno ci sono case scalcinate e fatiscenti (come le periferie di molte città italiane) cinema decadenti ed enormi strutture militari. Il sole non fa neppure capolino. L'oscurità regna sovrana anche nel tenebroso animo umano. Siamo in epoca di Guerra Fredda, l'America è appena uscita dal maccartismo, ma non ha digerito la lezione. Russi e americani si contendono il dominio del mondo. Il rischio della guerra nucleare è alto (come oggi). Gli americani non badano a crudeltà e spese per raggiungere i loro obbiettivi.

C'è una donna muta, Elisa (l'eccezionale Sally Hawkins) che lavora come addetta alle pulizie in un laboratorio dove gli americani fanno test segreti. È stata assunta proprio per via del suo "difetto", ovviamente. È chiamata "spazzamerda" o la pulisci urina. Ha dei colleghi molto simpatici e affettuosi, bisogna dirlo. È molto amica di Zelda (Octavia Spencer), afroamericana che lotta per i suoi diritti civili, e di Giles (Richard Jenkins), il vicino di casa omossessuale, discriminato sul luogo di lavoro. Sono tutti essere "mostruosi", le loro diversità fanno paura.

Ma la Storia insegna che quando i buoni, i deboli, i discriminati, i dannati e gli ignorati (da tutti) solidarizzano, possono far male e dar luogo a grandi rivoluzioni.

Infatti un giorno Elisa scopre the asset (la risorsa): una strana creatura anfibia (Doug Jones, il Silver Surfer de I Fantastici 4, che si è sottoposto ogni giorno a 3 ore di trucco) che gli americani usano come cavia per i loro esperimenti. Quest'incontro avverrà senza parole: basta un uovo sodo e della musica (basta che non sia Sfera Ebbasta o la compilation del Festival di Sanremo sennò l'uomo anfibio non riesce più dall'acqua). Poi diventerà psicologico e infine fisico.

Sgorga una grande empatia tra i due personaggi.

Lentamente Elisa si innamora della creatura, della sua diversità, dei suoi modi di fare, ma ovviamente nei paraggi c'è il dispotico Strickland (il solito immenso Michael Shannon di Animali Notturni). La gerarchia deve essere mantenuta intatta a ogni costo, i diversi devono essere sottomessi e/o annientati (magistrale Shannon nel monologo allo specchio). Strickland è disposto a tutto per il suo Paese, l'ambizione lo divora dimenticandosi della moglie e della famiglia.

L'uomo rappresenta la chiara avversione di Del Toro al self made man, incarnato alla perfezione da Trump.

La narrazione scorre alla grande, i bambini è meglio che stiano lontani, gli adulti è meglio che stiano a guardare e a riflettere.

Il tutto sembra un ossimoro, vista la dimensione fiabesca della vicenda. Ci sono sparatorie, sangue, un po' di melassa (inevitabile in questo caso) e tante catene: alcune metaforiche, altre sono quelle con cui il "mostro" viene tenuto a bada (menomale non era dipendente di Amazon altrimenti avrebbe avuto anche il braccialetto).

Dal punto di vista tecnico tutto è al suo posto: visivamente si nota subito il dominio dei colori rosso (sangue, ma anche passione), verde, blu acquatico e naturalmente del nero.

E poi ci sono degli attori bravissimi: Sally Hawkins si sta specializzando in ruoli di donne apparentemente deboli e dimesse, in realtà forti e risolute (vedere i precedenti Blue Jasmine, We Want Sex), Michael Shannon, dopo Animali Notturni, ancora una volta si esalta nei panni del cattivo di turno con quel suo tipico sguardo truce.

Ma come direbbe Joker, tranquilli fa tutto parte del piano. L'approfondimento oggi è un optional, guardare solo la superficie invece è tragicamente di moda.

Del Toro lo sa e allora ha narrato storie convenzionali in modi anticonvenzionali e controcorrente (ad eccezione del prevedibile finale), affinchè lo spettatore si ponga domande.

Realtà e finzione si fondono come se fossero la vita e la tv.

La forma dell'acqua scava nel subconscio ed esalta il valore assoluto del cinema.

Il vero cinefilo godrà come una bestia.

Non è un caso che una delle scene madri del film (notare la foto di copertina di questo articolo) è ambientata in una sala cinematografica (aperta 24 ore su 24), un posto magico e unico al mondo dove sogni, emozioni, speranza e realtà si fondono.


LA FORMA DELL'ACQUA **** (USA 2017)

Regia: Guillermo DEL TORO

Sceneggiatura: Guillermo DEL TORO, Vanessa TAYLOR

Fotografia: Dan LAUSTSEN

Cast: Doug JONES, Sally HAWKINS, Michael SHANNON, Octavia SPENCER, Richard JENKINS

Durata: 2h e 3 minuti circa

Distribuzione: 20th Century Fox

Uscita: 14 Febbraio 2018

Trailer youtu.be/lr8D5D92lCc

Riconoscimenti: candidato a 13 premi Oscar, Leone d'oro al Festival di Venezia 2017

La frase: «Se sapete qualcosa su quello che è successo qui è vostro dovere denunciarlo».


TOP

- Michael Shannon e Sally Hawkins sono straordinariamente espressivi.

- L'esaltazione delle minoranze, dei diversi, dei discriminati.

- La sala cinematografica come luogo magico dove sogni, speranze e realtà convivono.

- La messa in scena è sontuosa. Sembra di essere catapultati dentro la favola.

- L'abbattimento dei clichè sull'amore, sulle fiabe Disney.

- L'idea che l'amore non si possa rappresentare in un unico modo, ma come un valore assoluto, capace di travalicare aria e acqua, spazio e tempo.

- La fine allegoria politica in forma di fiaba sulla scia del Labirinto del fauno.

- I colori (verde, nero, blu e rosso su tutti) hanno un ruolo centrale nel film.

- Del Toro dichiara il suo amore per il cinema e i cinefili non possono che ringraziarlo.

- La critica del messicano Del Toro al sogno americano e al self made man Trump.

FLOP

- Un po' di retorica e la solita melassa che però sono funzionali alla storia

- Il finale è coerente ma prevedibile


Immagine di copertina liberamente ripresa da scheggedivetro.org (de La forma dell'acqua), immagine nel mezzo liberamente ripresa da www.netflixlovers.it (da Il labirinto del Fauno), locandina del film liberamente ripresa da www.comingsoon.it.

Ultima modifica il Martedì, 13 Febbraio 2018 15:59
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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