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Sabato, 29 Settembre 2018 00:00

Spike Lee fa la cosa giusta in salsa get out

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Spike Lee fa la cosa giusta in salsa get out

Uno dei più lucidi registi contemporanei ed esponente di punta del cinema della sinistra afroamericana è senza dubbio Spike Lee. Stavolta lo ringrazio pubblicamente perché mi ha fatto gioire e mi ha ricordato di essere un cinefilo dal gusto raffinato.

Prima però torniamo indietro nel tempo e torniamo al 1989. Usciva in tutto il mondo l'allucinato e acido capolavoro "Fa' la cosa giusta". Insieme al successivo biopic "Malcolm X" (1992), ecco serviti i piatti forti del regista di colore più famoso al mondo. Poi però il suo talento si è un po' spento. Ad eccezione degli straordinari "La 25a ora" (2003) e "Inside man" (2006), Spike era da un po' di tempo lontano dai fasti del passato. Fortunatamente il suo ultimo film "Blackkklansman" fa idealmente parte del filone delle sue opere più riuscite. Non è un caso che al Festival di Cannes 2018 sia stato premiato per la miglior regia.

Al centro dei suoi film migliori ci sono naturalmente i diritti civili dei neri e le relative lotte, il razzismo che permea un'America bianca che odia e non dà tregua a chi è diverso. Anche se in "Fa' la cosa giusta", bisogna dirlo, Spike Lee aveva un equilibrio incredibile arrivando a un finale straordinario. Anche i neri insomma, quando ci si mettono, non sono degli stinchi di santo. La maggioranza dei critici (soprattutto bianchi, si capisce), all'uscita della pellicola, sottolineava duramente l'istigazione alla rivolta dei quartieri popolari. Il film, in realtà, si chiudeva con due lunghe citazioni di Martin Luther King e di Malcom X che condannavano la violenza come strumento di risoluzione delle ingiustizie. Indipendentemente dalla razza di appartenenza. In parole povere bisogna agire con il cervello e non con la pancia. Una lezione sempre attuale, specie in temi poco maturi come quelli che stiamo vivendo.

Stavolta, prendendo spunto dal libro autobiografico di Ron Stallworth, Spike Lee ci riporta nell'America degli anni '70. Partendo con una rilettura di "Via col vento" e con un monologo di Alec Baldwin, ci racconta una storia incredibile, talmente strana da essere vera. Politicamente scorretta, controversa, ironica (a tratti si ride a crepapelle), molto ben ritmata, con qualche eccesso e qualche ripetizione tipica di un predicatore. L'inizio del film è da bomba a orologeria. C'è un'aria di guerra pronta ad esplodere: è l'America degli anni '70, ma sembra quella di Donald Trump (miglior attore protagonista nella parte finale). Sempre in bilico tra realtà e finzione, Spike Lee ci guida con ironia in un clima stordente con un montaggio elettrizzante e ben ritmato.

Ron Stallworth (interpretato da John David Washington, figlio del grande Denzel) è il primo poliziotto di colore a Colorado Springs. Leggendo il giornale, scopre un annuncio del Ku Klux Klan che ricerca nuove reclute di purissima razza ariana. Sembra una barzelletta o una provocazione in stile Quentin Tarantino (ricordate la scena di "Django"?), ma l'autenticità della storia è innegabile. Così Ron prende il telefono, compone il numero e si finge interessato per "entrare" nell'organizzazione per cercare di smantellarla (o quanto meno di indebolirla). Infiltrando il collega bianco Flip Zimmerman (Adam Driver), Stallworth riesce a farne parte, partecipando alle riunioni della setta con il Gran Maestro del Klan, David Duke (Topher Grace, il Venom di "Spiderman 3"). Seguendo l'antica lezione di Clint Eastwood e Lee Van Cleef ("Ah già... tu dall'esterno, io dall'interno ... come al solito") di "Per qualche dollaro in più", Flip e Ron cercheranno di distruggere il pericoloso KKK, esponendo alla massa i loro crimini. Ma ovviamente sarà un percorso pieno di insidie.

Si sa quando Spike Lee parla di fascismo e di razzismo, ha pochi rivali. Infatti questa è sicuramente fra le opere migliori. Ci sono delle novità importanti. Prima di tutto esce un potente e bilanciato tema del doppio sia nell'ambientazione sia nella caratterizzazione dei personaggi: da una parte l'America degli anni '70 dall'altra quella odierna. Sembrano diverse, ma ci sono molte cose in comune. Così come il Ron di colore, quello vero, e dall'altra il Ron (ovvero Flip) che partecipa alla riunioni del Klan.

Presto il secondo manifesterà qualcosa di cui non va particolarmente fiero: è ebreo (stupenda in tal senso la battuta di Washington "tu sei ebreo, quest'odio non ti fa rodere un po'?"). Dopo qualche mese nel KKK, Flip/Adam Driver avverte il collega “non sono mai stato parte della comunità ebrea, non mi definisco nemmeno tale, non mi ha mai interessato ma a furia di sentire tutti questi discorsi...”.

La grandezza del film di Spike Lee è che i capi dell'organizzazione suprematista bianca ripetono gli slogan di Donald Trump: America First, Make America great again. Rintracciando spezzoni del film razzista "Nascita di una nazione" (1917) di Griffith, Spike fa un interessantissimo parallelo, ci rende partecipi dell'ascesa del razzismo, di come arriva alle persone, di come l'odio venga assuefatto, respirato e poi ricreato dalle persone nella vita quotidiana. Se in "Fa' la cosa giusta" la tensione fra italo-americani e neri si consumava per la mancata affissione dei quadri delle celebrità di colore (come Michael Jordan) nella pizzeria dell'immigrato italiano Sal, stavolta c'è un interessante parallelo: da una parte gli afro con le parrucche anni '70, la musica alta (di nuovo) dei loro rapper, dall'altra (bifolchi e ignoranti) bianchi con i cappucci con i buchi guidati da David Duke. Entrambi non vogliono mostrare il loro vero aspetto, ma sono vittime dei loro travestimenti.

"Blackkklansman" è, infatti, una commedia coltissima condita di umorismo nerissimo, come nel recente esempio di "Scappa get out" (il produttore è il regista Jordan Peele). L'amalgama della strana coppia John David Washington - Adam Driver è davvero sontuosa: il primo è sulla scia del padre Denzel (guarda caso era il Malcolm X del film di Spike Lee), il secondo è ormai una garanzia di versatilità (lo vedremo presto anche nel "Don Chisciotte" di Terry Gilliam che vi recensirò la prossima settimana). Senza dimenticare poi che nel cast ci sono il "tarantiniano" Michael Buscemi (fratello di un certo Steve...) e Topher Grace, strepitoso a "sporcarsi" l'immagine da bravo ragazzo nei panni del Gran Maestro del Klan, Duke. La satira diventa realtà e il ragionamento di testa abbatte quello di pancia. Il Ku Klux Klan, più che mai vivo e vegeto, viene sbeffeggiato e ridicolizzato. Sembra di essere in un collage di film dei fratelli Coen o in "buddy movie" stile Arma letale (anche qui c'erano due poliziotti, un bianco e un nero). Una scelta di indubbia follia e di intelligenza che riesce a compensare qualche imperfezione e qualche sermone di troppo. Nel complesso l'opera rasenta la perfezione. Nel finale si sente l'ardore del vero Spike che sembra, contemporaneamente, a far l'amore e a tirare i pugni alla macchina da presa (compresa l'inquadratura prodigio nel pre-finale).

Il regista afromericano, invece di fare direttamente come in "Fa' la cosa giusta", esprime il suo dolore, il suo dissenso e il suo orgoglio di essere un afroamericano militante di sinistra (notare i pugni chiusi dei raduni "black"), attraverso il filtro dell'ironia. La scelta è quanto mai sensata: oggi le notizie "pesanti" devono essere filtrate e non raccontate in maniera nuda e cruda. Lo testimonia anche il cinema. Il tutto viene fatto per quasi due ore, fino al finale in cui Spike Lee ci punzecchia per far sì che non si esca dal cinema ridendo. L'ultimo quarto d'ora è degno dei suoi lavori più importanti. Tutto ciò che abbiamo visto è vero (leggi qui): la bandiera degli Stati Uniti al contrario (in bianco e nero), la follia del 2017 a Charlottesville. Tant'è che il film è uscito il 10 agosto negli Usa, nell'anniversario della tragedia (leggi qui).
Il razzismo non è un problema unicamente americano, ma anche europeo. L'uomo ha perso la umanità e ha aumentato la sua bestialità, grazie al notevole impulso di persone come Donald Trump (o Dave Duke) e, perché no, come il "nostro" (mio no di certo) Salvini (leggi qui).

Lee cambia lo slogan: da "people have the power" di Patti Smith degli anni '80 a "all the power to all the people". È soprattutto per questo che questo film deve essere visto. Perché, come diceva Frances McDormand a Gene Hackman nel bellissimo "Mississippi Burning", l'odio non è qualcosa con cui sei nato. Ti viene insegnato. A scuola, ti dicono che la segregazione è nella Bibbia ... Genesi 9, versetto 27. A 7 anni, ti viene detto diverse volte, ci credi. Tu credi all'odio. Lo vivi ... lo respiri. Oggi più che mai. Se ancora non ve ne siete accorti, svegliatevi per favore.

Per comprendere meglio "Blackkklansman" consiglio i seguenti film:
- Fa' la cosa giusta (Spike Lee) - Django Unchained (Quentin Tarantino)
- La 25a ora (Spike Lee) - Malcolm X (Spike Lee)
- Mississippi Burning (Alan Parker) - Scappa Get Out (Jordan Peele)
- Via col vento (Victor Fleming) - Nascita di una nazione (D.W. Griffith)

Regia ****1/2 Fotografia **** Intepretazioni ****1/2 Sceneggiatura **** Montaggio ****1/2 Impegno civile, attualità *****

BlacKKKlansman
(USA 2018)
Genere: Commedia/ Drammatico/ Biografico
Regia: Spike Lee
Cast: John David Washington, Adam Driver, Alec Baldwin, Topher Grace
Fotografia: Chayse Irvin
Sceneggiatura: Spike Lee, Kevin Willmot, Charlie Watchel, David Rabinowitz
Durata: 2h e 8 minuti
Distribuzione: Universal Pictures
Musiche: Terrence Blanchard (la colonna sonora contiene un brano inedito di PRINCE)
Uscita: 27 Settembre 2018
Vincitore del Grand Prix per Miglior regia al Festival di Cannes 2018
Trailer qui
Intervista a Spike Lee
La frase cult: Tu sei ebreo, quest'odio non ti fa rodere un po'?


Immagine liberamente tratta da www.wikipedia.org
Ultima modifica il Venerdì, 28 Settembre 2018 12:47
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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