Un cammino silenzioso, così potremmo definire lo spostamento via terra a piedi dei rifugiati da Siria, Afghanistan e dalle aree coinvolte dai combattimenti in Medio Oriente di questi ultimi anni. Contemporaneamente alle immagini drammatiche che ci giungono ogni giorno dai nostri telegiornali sui naufragi e disperati recuperi dei migranti nel Mediterraneo, un altro dramma si consuma dal Bosforo sino ai Monti Dinarici e oltre.
Perché Trump.
Anche negli Stati Uniti, non solo in Europa, si allarga la reazione di popolo guidata da destra contro la mondializzazione economica neoliberista
Antefatti
La scossa tellurica in atto non è solo statunitense ma mondiale. I suoi effetti risulteranno enormi e altamente contraddittori. Nel mirino delle popolazioni occidentali sono sempre più le politiche di libero scambio, di storica matrice liberale, che hanno portato al dominio incontrollato (una sostanziale dittatura) del mercato sulle economie e al dominio incontrollato e rapace della grande finanza speculativa e di un pugno di multinazionali sul mercato, unificando organicamente in un unico processo mondiale neoliberista l’accumulazione capitalistica.
Democrazia o mercato: dilemma europeo (a dieci mani)
Non è un periodo fortunato per i trattati transnazionali del commercio. Il TTIP (tra Unione Europea e Stati Uniti d’America) ha visto naufragare il confronto tra le parti per l’opposizione di molti governi nazionali, probabilmente in seguito alle pressioni delle opinioni pubbliche di molti paesi (tra cui quelle di Francia e Germania). Le trattative per il CETA (tra UE e Canada) parevano essere ormai concluse, ma l’opposizione della Vallonia ostacola la firma del Belgio (tutti e 28 gli stati membri dell’UE devono ratificare gli accordi). Sul Sole 24 Ore sono usciti articoli (qui e qui) che esplicitamente affrontano il tema della democrazia come ostacolo al progresso economico (la Brexit è il richiamo più immediato, ma anche i referendum della Grecia non sono così distanti nel tempo).
La Germania, come potenza imperialista egemone in Europa, unisce alla vocazione al mercantilismo una spiccata propensione al colonialismo come principale metodo per assicurarsi ulteriori materie prime da espropriare e mercati di sbocco per le proprie merci. Così, dopo Renzi e Hollande, anche la cancelliera Merkel non si è astenuta dal tour africano. Il suo tour di tre giorni si è svolto tra il Mali, il Niger e l’Etiopia. Stati scelti non a caso anche da Renzi e che vedono sul proprio territorio una forte presenza militare straniera in continuo incremento. Le ragioni di questa militarizzazione dell’Africa stanno proprio nel crescente dominio da parte dell’imperialismo su quella che resta una periferia scomoda, da sottomettere e difficile da gestire per la propensione crescente all’emigrazione in Europa dei propri abitanti. Infatti, L’UE come principale politica di contenimento dei flussi migratori sta puntando proprio sul ritorno del colonialismo come metodo per “aiutarli a casa loro”, come dice la destra e tenta di fare la sinistra di governo.
Bavagli post-democratici
Da Orbán a Renzi, la democrazia in pericolo
Il vento che imperversa sull’Europa da tre/quattro anni non è assolutamente paragonabile ad una bonaccia tardo-primaverile, annunciante l’arrivo dell’estate. Le perturbazioni sono minacciose e tuonano di derive autoritarie e democrazie a rischio. Il passaggio dallo stato di diritto allo stato autoritario sembra (quasi) del tutto completato; e tra imposizioni della Troika (vedi Grecia), stati d’emergenza volti a reprimere (il caso della Francia del post 14 Novembre) e nuovi muri, sembra quasi di essere ripiombati alla prima metà del secolo scorso.
La Brexit e la crisi della narrazione politica della sinistra
L'egemonia che la destra ha avuto sul dibattito attorno alla Brexit obbliga ancora una volta a chiedersi quale possa essere il ruolo storico della sinistra nel Vecchio Continente. Le difficoltà elettorali e identitarie del Labour Britannico non bastano infatti a spiegare la quasi totale estraneità di una narrazione di sinistra rispetto ai pro e i contro di rimanere in Europa. Se forse è esagerato affermare che il referendum sia stato semplicemente il prodotto di una bega interna al partito conservatore, appare evidente come le destre abbiano completamente monopolizzato la discussione politica riducendola a due posizioni alternative chiare e semplici(stiche): da una parte chi, come Cameron, vuole una Gran Bretagna in Europa per i vantaggi che ne derivano dalla libertà di movimento di merci e capitali e dall'integrazione dei mercati finanziari, e dall'altra chi, come Boris Johnson e Farage, rivendica un Regno Unito indipendente da scelte eterodirette e in grado di esercitare in pieno la propria sovranità.
NAFTA, TTIP e i presagi per l'Europa dell'Est
Non ci opponiamo al TTIP perché conservatori e reazionari, perché spaventati dalle nuove tecnologie, dallo sviluppo, dalla possibilità di maggiore scelta. Ci opponiamo perché sappiamo come tutti gli argomenti a favore del trattato siano falsità.
Educazione tra Lisbona ed Europa 2020
Intervista di Diletta Gasparo a Chiara Agostini, ricercatrice per il Centro Einaudi pubblicata sul numero cartaceo L'educazione ai tempi dell'Unione Europea di febbraio
Sin dalla definizione della Strategia di Lisbona del 2000, l'Unione Europea ha fatto dell'istruzione e della formazione (ET, Education and Training) uno dei più importanti campi di azione e intervento. Come riassumeresti le indicazioni e gli stimoli elaborati da Bruxelles?
Nel quadro della strategia decennale per la crescita e l’occupazione lanciata nel 2000 (Strategia di Lisbona), l’istruzione e la formazione professionale erano concepite come elementi chiave di un modello di sviluppo basato sull’economia della conoscenza. Fin da quegli anni l’UE ha sostenuto l’idea che investire in istruzione e formazione equivalesse a investire nel capitale umano e quindi a promuovere il progresso economico e il miglioramento della competitività delle economie. Se però inizialmente tutto questo si accompagnava a un’idea forte di crescita inclusiva, con il passare del tempo il focus si è spostato sempre più sull’idea di “crescita” economica e meno sugli aspetti legati all’inclusione.
Nel passaggio tra XX e XXI secolo alcune tracce dei temi delle scuole secondarie affrontavano il tema della globalizzazione. Una parola spesso ritenuta vaga ed indefinita, su cui si interrogava anche alla luce del movimento altermondialista.
Accordo UE - Turchia sui migranti: ennesima opportunità mancata
Rifugiati e politiche europee. Un’intervista ad Alessandra Sciurba
Oggi, 4 aprile, diventa operativo l’accordo dell’Unione Europea con la Turchia (ne avevamo già scritto qui). L’Europa, hanno sottolineato in molti, risponde alla crisi dei migranti mostrando un volto disumano e irrazionale. L’accordo firmato con la Turchia mette in luce l’assenza di una reale politica europea ed è sbagliato sotto numerosi aspetti.
È sbagliato dal punto di vista del diritto internazionale, perché viola i principi del diritto d'asilo stabilendo procedure che non solo rendono quasi impossibile applicare la Convenzione di Ginevra e tutte le altre norme sulla protezione internazionale, conferendo inoltre alla Turchia un ruolo che non dovrebbe ricoprire in quanto paese che viola i diritti umani. È sbagliato dal punto di vista umano perché assoggetta migliaia di persone a norme inapplicabili in campi profughi che velocemente perderanno ancora di vivibilità; infine, è sbagliato, dal punto di vista economico perché regala alla Turchia molte migliaia di euro a richiedente asilo invece di usarli in Europa per reali politiche di accoglienza.
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