Argentina: non solo la macelleria sociale, ora anche le persecuzioni politiche
Se in un Brasile alle prese con l'impeachment di Dilma Rousseff e l'inizio dei Giochi Olimpici la tensione è alle stelle, in Argentina sembra che la luna di miele con il neoliberismo del magnate Macri stia già finendo.
Eletto lo scorso novembre con un programma pro-business fortemente in contrapposizione con le politiche assistenzialiste di Cristina Kirchner e del suo delfino Daniel Scioli, Maurico Macri, imprenditore edile di successo e Presidente della celebre squadra di calcio del Boca Juniors, ha subito iniziato una politica economica all'insegna dei tagli allo stato sociale e incentrata su un piano di privatizzazioni senza precedenti.
La situazione politica in Perù dopo la sconfitta di Keiko Fujimori
In un clima politico favorevole alle forze politiche di matrice neoliberista e legate a Washington, anche il Perù sembra adagiarsi senza troppa difficoltà al nuovo vento di destra che spira su gran parte dell'America Meridionale.
Lo spettro di un nuovo Colpo di Stato in Venezuela
In un clima politico già molto teso, le parole del Vicepresidente Aristobulo Isturiz, rischiano di accorciare i tempi per una resa dei conti finale fra i chavisti e le opposizioni liberiste: "Maduro non lascerà il potere in seguito a un referendum perché non ci sarà un referendum - ha dichiarato - I responsabili dell'opposizione sanno che non ci sarà perché si sono decisi troppo tardi, compiendo errori e ricorrendo ad imbrogli".
La notte del dramma peronista: in Argentina a imporsi è la destra
Senza mezze misure i titoli dei principali quotidiani argentini il giorno successivo alle elezioni generali: si parla di "notte che ha cambiato la politica argentina", di "impatto enorme ed eclatante" di "fine della leggenda del kirchnerismo invincibile". Commenti a caldo che però enfatizzano un cambiamento storico che lunedì 25 ottobre scorso è stato persino più travolgente delle aspettative. Ci si attendeva infatti che la coalizione della Presidenta Cristina Kirchner uscisse ridimensionata dalla contesa elettorale, dato che l'impossibilità costituzionale per la pasionaria argentina di ricandidarsi, aveva inevitabilmente indebolito la sua coalizione di forze peroniste di sinistra "Fronte Per la Vittoria", ma in pochi - a cominciare dai sondaggisti e dagli analisti politici - si aspettavano una tale debacle.
È tempo di discorsi altisonanti all'Assemblea Generale dell'Onu garante suprema dei diritti umani in tutto il globo terracqueo. Durante la sfilata di capi di Stato da Obama a Putin a Renzi troviamo anche il suo omologo, ossia il Presidente degli Stati Uniti messicani Enrique Peña Nieto intento a lanciare attacchi nientemeno che a Donald Trump e a chi utilizza il populismo speculando politicamente sulla pelle dei migranti. Tutto molto bello e commovente, peccato qualcosa non torni. La visione del mondo di Trump è chiaramente criminale, altrettanto lo è la sua retorica politica e non solo sui migranti, sia chiaro, ma vediamo chi si lancia in una critica al magnate americano e in nome di che cosa.
Tavole imbandite
La fase storica che stiamo attraversando, è complessa difficile non solo per chi vive realmente i problemi che affliggono la società. Il capitalismo stesso ha bisogno di mutare di modificare i propri punti fissi, all’interno di una fase dove il cambiamento epocale sta creando disuguaglianze incredibili. Da un po’ di anni ormai l’economia turbo capitalista ha cercato di far intendere agli individui che lo spirito caritatevole è la vera base di una sorta di welfare o per meglio dire nuovo welfare. Non uno status quo di diritti tendenti verso una sorta di uguaglianza sociale, ma usando il paragone della tavola imbandita, trasla la politica delle briciole post-prandiali alla vita reale.
Tempo fa lessi su Il Manifesto, pochi giorni dopo l’apertura di Expo 2015, un interessante articolo dell’economista Guido Viale. Durante la trattazione del tema nell’ articolo specifico Viale parla di trickle-down economy, la teoria del cosiddetto sgocciolamento. Viviamo in un mondo in cui i più ricchi hanno l’unico e inviolabile diritto di sedersi attorno alla tavola buona, quella fatta di diritti (mai di doveri) quella condita dai profumi del buon cibo e dagli odori sani della dignità determinati dalla facoltà di scegliere il meglio per la propria vita. Poi ci sono gli ultimi, oggi più che mai la maggioranza, con una forbice sociale nettamente allargatasi. Questi disgraziati aspettano, attendono, cosa? Probabilmente le briciole.
"Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l'uomo libero, per costruire una società migliore. Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e ho la certezza che il mio sacrificio non sarà vano. Ho la certezza che, per lo meno, ci sarà una lezione morale che castigherà la vigliaccheria, la codardia e il tradimento".
Sono state queste le ultime parole pronunciate da Salvador Allende esattamente quaranta anni fa, prima di morire. Sono state le parole di un uomo che ha dato tutto per il suo paese e che per quel paese ha scelto di morire, non tirandosi indietro davanti a chi con la forza ha distrutto il lavoro del suo governo trascinando il Cile in una delle peggiori dittature della storia.
La vittoria di Ollanta Humala nel 2011 aveva generato numerose aspettative nei peruviani ed all'estero, nonostante sin da subito l'ex militare avesse chiarito di guardare più al Brasile che al Venezuela, il fatto che in uno dei Paesi più a destra nel continente latinoamericano si fosse eletto presidente un nazionalista di sinistra rappresentava sicuramente un avvenimento di primaria importanza nel processo di integrazione dell'America del Sud. Il nuovo corso intrapreso però da Humala - il suo scivolamento verso posizioni più moderate - sembra sconfessare, almeno parzialmente, quelle aspettative. Per avere un quadro più chiaro abbiamo intervistato Moises Rocha, Responsabile Relazioni Internazionali del Partito Comunista Peruviano (Unidad).
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