Firenze.
Un veloce accordo estivo tra Pd e Forza Italia, in particolare fra il segretario dem Dario Parrini e lo storico proconsole di Denis Verdini, Massimo Parisi, porta in dono alla Toscana una nuova legge elettorale, subito sospettata di incostituzionalità dal vicepresidente emerito della Consulta, l'autorevole Enzo Cheli. “La nuova legge – osserva a caldo Sandra Bonsanti di Libertà e Giustizia – fa rimpiangere le precedente”. Insomma un disastro. E visto che dal “cinghialum” toscano del 2005 era nato il “porcellum” di Roberto Calderoli, in vista della discussione parlamentare sul cosiddetto “italicum” già si sprecano le battute sui ricorsi storici.

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Giovedì, 14 Agosto 2014 00:00

Lavoro e libertà: Fassina il greco

Laureato alla Bocconi, un'esperienza da economista per il Fondo Monetario Internazionale, emerso alle cronache politiche sotto il PD di Bersani, eletto per questa XVII legislatura, Viceministro dell’Economia e delle Finanze durante il governo Letta, si dimette, poco dopo l’infelice battuta di Renzi “Fassina chi?”, per divergenze sulla linea politica portata avanti dall'allora solo segretario del PD rottamatore.

Lavoro e libertà” è un libro-intervista realizzato da Roberto Bertoni, giovanissimo giornalista, classe 1990, e Andrea Costi, esperto di sviluppo sostenibile (a livello ambientale quanto di dignità dei lavoratori). Edito da Imprimatur nell’estate 2014 in seguito al successo del PD alle europee e distribuito nelle librerie a ridosso dei risultati sull’andamento del PIL italiano (deludente rispetto alle previsioni del governo e ritenuto la prima battuta di arresto di Renzi da alcuni commentatori).

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Dopo mesi di astio e di decisioni andate di traverso a molti la scissione in SEL è arrivata a compimento. Il casus belli l'oramai celeberrimo “decreto ottanta euro” (seguito ad un altro casus belli che ha sicuramente contribuito a rafforzare le posizioni di Migliore: la scelta della signora Spinelli di rinunciare alla rinuncia, scelta che ha frustrato molti elettori e militanti di SEL). 
Pezzi importanti di quel partito (almeno tra i parlamentari, difficile dire l'effetto sugli iscritti) si sono diretti verso il PD provando a tracciare un'incredibile - istantanea - scorciatoia per una sinistra di governo: entrare in un partito che già governa
Si realizza, almeno parzialmente, una delle due opzioni (l'altra è il settarismo) opposte e speculari che coinvolgono la sinistra italiana da almeno un decennio: il governare tanto per farlo, il governare sempre e comunque, a prescindere dai contenuti, a prescindere dal Nuovo Centro Destra, a prescindere dalla realtà dei fatti.

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Martedì, 10 Giugno 2014 00:00

Come orientarci, dato il polverone

Leggo di un deputato di SEL che entra nel PD e che lo fa perché si tratta del PD di Renzi. Il fatto è significativo dei problemi che attraversano la sinistra italiana, per molti aspetti cronici e per altri enfatizzati e modificati dalla nuova onda sussultoria a dominanza populista e infastidita dalla democrazia rappresentativa, che investe un sistema politico complessivo tutt'altro che stabilizzato. Quella cosiddetta II Repubblica, stando allo stile urlato e superficiale dei nostri mass-media, che aveva dinanzi a sé l'eternità in quanto “compiuta democrazia dell'alternanza”, si è rivelata essere un episodio a cui ne sta seguendo un altro, appena nato e le cui possibilità di sviluppo sono in molte direzioni, essendo contemporaneamente in campo le variabili della crisi economica, della crisi sociale e della crisi della costruzione europea.

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Martedì, 20 Maggio 2014 00:00

Di Europa, elezioni e populismo.

Ogni cinque anni in occasione delle elezioni europee si ripete l’avvilente ritornello “più Italia in Europa”. Anche a motivo della scarsa prossimità tra eletti all’europarlamento ed elettori italiani questi ultimi tendono a privilegiare i temi politici nazionali, spingendo i partiti in lizza a una competizione per misurare il proprio peso. Incidentalmente, anche per questo ritengo che lo sbarramento sia una norma positiva: riduce la proliferazione delle liste (26 nel 1999 e 25 nel 2004 prima dell’introduzione dello sbarramento; 16 nel 2009 e 12 quest’anno dopo lo sbarramento), la frammentazione politica e quindi il rischio Weimar.

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Lunedì, 21 Aprile 2014 00:00

Non solo euro, D'Alema verso le europee

«L’origine più profonda della crisi» che Europa e Italia stanno attraversando «è politica». Non sono le astratte regole dell’economia che ci hanno portato in una fase di grande difficoltà, ma scelte sbagliate (o mancate scelte).

«Il lavoro ha perso terreno nei confronti del capitale, per via del profondo indebolimento delle politiche salariali e dell’occupazione». È mancata una visione che sapesse proporre investimenti pubblici e puntasse sulla domanda interna, tanto che i timidi segnali di ripresa sono quasi del tutto legati a un aumento delle esportazioni, che sono oggi l’unica vera garanzia per la Germania di uno stato di relativo benessere, rispetto agli altri paesi. Con il progressivo superamento degli stati nazionali, l’Unione Europea ha sottovalutato il ruolo dell’intervento pubblico finalizzato ad una «crescita equa, sostenibile e durevole». Non si è portato avanti in modo sistematico una campagna per la stabilità dei prezzi, la sostenibilità dello sviluppo, il contrasto alla disoccupazione. 

Così è finita che «tecnocrazia e populismo sono diventati le due facce della crisi democratica dell’Europa».

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Sabato, 15 Marzo 2014 00:00

Una sudicia porcata targata PD

Tra le vittime della crisi e delle politiche antipopolari del liberismo sono in primo luogo le donne. Non ci viene ricordato dalla retorica mediatica e politica molto spesso: ma sono donne la maggioranza dei disoccupati, di quel piccolo lavoro finto indipendente che serve ad arrotondare entrate familiari insufficienti, del precariato; sono donne le persone che l'immiserimento delle famiglie e la distruzione o il rincaro dei servizi sociali di assistenza, per l'infanzia o per la terza età non autosufficiente stracaricano del cosiddetto lavoro di cura; sono donne le persone che si sorbiscono le urla e i ceffoni di mariti frustrati e incazzati il cui lavoro è a rischio, sono in cassa integrazione, hanno la fabbrica occupata, sono esodati. La lotta delle donne per l'emancipazione e per l'eguaglianza dei diritti e delle condizioni di vita incontra oggi difficoltà superiori a quelle dei primi trent'anni di movimenti femminili

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“Interpretare” le intenzioni di Matteo Renzi non è facile, essendone il discorso costruito con i mezzi della pubblicità anziché della politica. È anche azzardato: il comportamento politico del personaggio, coperto da omogenee dichiarazioni sulle proprie pulsioni attivistiche, è stato sommamente incoerente, non solo nell'ultimo tratto. Tuttavia qualcosa si può ipotizzare, muovendo da frammenti di discorso o da dati più o meno noti; e può essere molto utile farlo, in veste di tentativo di evitare ulteriori abbagli e pasticci a sinistra.

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È davvero una storia singolare quella del Partito Democratico in questi ultimi dodici mesi. Presentatosi alle elezioni con grande sicumera, ne uscì assai malconcio ed ebbe a subire nei mesi seguenti ulteriori rovesci: dall’impasse sull’eventuale governo Bersani con il M5S alle giravolte Marini-Prodi-Napolitano al governo col Pdl: tutti fenomeni che avrebbero dovuto logorare il partito e che – soprattutto i 101 franchi tiratori contro Prodi e il governo di grande coalizione – sono rimasti indigesti al suo elettorato.

A distanza di un anno, invece, il Pd appare aver rafforzato il proprio capitale di influenza politica, e ciò, al di là dell’energia renziana, sostanzialmente per un motivo di sistema: l’immobilismo dei suoi avversari e le loro minori capacità di fare politica.

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Domenica, 05 Gennaio 2014 00:00

Renzi e il populismo dei moderati italiani

Matteo Renzi moderato?

Per lungo tempo Matteo Renzi è stato percepito come un rappresentante di punta, all’interno del Partito Democratico, dell’identità «moderata». A questa caratterizzazione hanno contribuito soprattutto due suoi orientamenti: la sensibilità verso la Chiesa cattolica e l’apertura alle esigenze degli imprenditori. Il primo punto è con il tempo andato scemando, mentre il secondo sembra essersi mantenuto.

Eppure, nonostante questa sua identità di «moderato» (rigorosamente tra virgolette, vedremo perché), è stato percepito come il candidato più di rottura, e non sono stati solo osservatori di destra ad assegnare a questa rottura un valore positivo. A torto o a ragione, persone di sinistra hanno visto in Renzi la figura più in grado di fornire una scossa energica all’azione del governo Letta, giudicata incolore, insoddisfacente, appiattita da un lato sulla tecnocrazia europea e dall’altro su alleati indesiderati ma necessari.

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