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Lunedì, 27 Gennaio 2014 00:00

Europa: gli Economisti Sgomenti a Firenze

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La sede era una delle più prestigiose a Firenze: la Badia Fiesolana che ospita l'Istituto dell'Università Europea è un edificio magnifico circondato dalle verdi colline fiorentine. In netto contrasto con l'ufficialità e la suggestione trasmessa dalla locazione, la partecipazione e la familiarità dei molti ragazzi accorsi all'evento "Can Europe Change? Les Economistes Atterrés at EUI" organizzato dal Collettivo Prezzemolo in collaborazione con Sbilanciamoci!. La presenza di tanti ragazzi e la loro partecipazione sono di per sé una chiara indicazione di quello che dovrebbe essere l'approccio alle tematiche europee: non quello odorante di populismo che caratterizza la strumentalizzazione dei media bensì quello impregnato della consapevolezza che il tema discusso influenza direttamente la nostra vita quotidiana e le possibilità che abbiamo di cambiare lo stato delle cose.

Se è infatti vero per definizione che l'economia non può essere vista come un qualcosa di separato ed indipendente dalle altre scienze sociali e dal piano istituzionale, queste relazioni diventano ancora più vere in un mondo sempre più globalizzato e dove l'accentramento di sovranità statale in economia toglie ai governi gran parte della possibilità di azione in questo campo. Ed è stata questo il concetto dal quale è partita Mireille Bruyère, docente francese parte del gruppo degli Economistes Atterrés (in Italia conosciuti come Economisti sgomenti) i quali, con il loro manifesto e con i loro lavori, promuovono un approccio economico a livello europeo che tenga conto più delle persone e meno della finanza, che presti più attenzione alle condizioni dei lavoratori che al rapporto debito/Pil. Con il loro ultimo lavoro gli Economistes Atterrés, Cosa salverà l'Europa - Critiche e proposte per un'economia diversa (Minimum Fax, 2013), evidenziano come le fondamenta sulle quali è stata costruita l'Europa che conosciamo non solo non permetteranno la ripresa dalla crisi ma potrebbero causare danni sempre più pesanti.

Le basi puramente monetariste e finanziarie, che vedono la gestione della moneta come uno strumento esogeno, non tengono conto del fattore lavoro e delle condizioni delle persone. Ad un'estrema omogeneità per quanto riguarda parametri come l'inflazione o il debito pubblico non si accompagna un'uguale visione d'insieme relativa alla politica fiscale (alla base di un'equa politica di ridistribuzione) né tanto il settore dei diritti e delle tutele dei lavoratori. E questa estrema disciplina fiscale, che di fatto si è tradotta per i cittadini in austerity e quindi tagli di servizi essenziali, non può in alcun modo aiutare l'uscita dalla crisi economica. Come ha infatti ricordato il professor Domenico Mario Nati, Professore emerito dell'Università di Roma e dell'Istituto dell'Università Europea, la disciplina fiscale, unita alla perdita della possibilità di usare la politica monetaria e i tassi di cambio come strumento da parte dei governi, ha portato a dover rispettare i dettami della BCE e della Commissione Europea per i quali il controllo dell'inflazione è il risultato primario da raggiungere. E così il mantenimento del tasso di inflazione ad un livello, di medio, sotto il 3% è andato del tutto a discapito dell'occupazione, che nel 2013 ha sfondato in diversi paesi la soglia di allarme del 10%. Facile capre come, senza una ripresa dell'occupazione e di lavoro l'economia stenterà a ripartire, restando immobilizzata nel pantano in cui sta calando.

È quindi evidente che le basi su cui è fondata questa Europa, anche se attenuate da modifiche, non possono cambiare radicalmente la situazione. Non è un aumento di democrazia che farà la differenza: come hanno fatto notare alcuni ragazzi durante le loro osservazioni, ciò di cui abbiamo bisogno è un cambiamento di grammatica a livello europeo, che però non ci faccia dimenticare che, per quanto i nomi possano cambiare, le categorie con cui dobbiamo analizzare la situazione sono sempre quelle dello scontro di classe. Dobbiamo rifuggire la logica della privatizzazione, che si sedimenterà in modo definitivo anche nel nostro continente con l'approvazione del TTIP, la Nato del Commercio, e cominciare a pensare un'Europa che sia un “catalizzatore al rialzo”: un'Europa basata sull'utilizzo e sulla condivisione e non sulla proprietà, un'Europa che possa essere utilizzata nei singoli paesi come stimolo per lotte finalizzate al miglioramento delle condizioni dei lavoratori, dei diritti e dell'ambiente. Ciò di cui abbiamo bisogno è un'idea complessiva, dove un dibattito senza pregiudizi e basato sul confronto ampio possono portare all'elaborazione di un progetto effettivamente alternativo.

Ultima modifica il Domenica, 26 Gennaio 2014 21:55
Diletta Gasparo

"E ci spezziamo ancora le ossa per amore
un amore disperato per tutta questa farsa
insieme nel paese che sembra una scarpa"

Cit.

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