Mercoledì, 01 Aprile 2015 00:00

Capire la Russia, ambiziosa necessità

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Capire la Russia è un obiettivo ambizioso. Paolo Borgognone si presenta dinanzi alla sfida con una pubblicazione che si avvicina alle 700 pagine, a testimoniare una consapevolezza della complessità del tema.

Il testo, edito da Zambon, si inserisce dichiaratamente in controtendenza rispetto all’informazione convenzionale. La scelta di espressioni come nuovo ordine mondiale, o di ampie citazioni di Costanzo Preve e Diego Fusaro, scatenano forti pregiudizi anche nel lettore di sinistra. Il non parlare di alcune cose le porta ad essere quasi un’esclusiva di teorie del complotto o, peggio, di matrice fascista o neofascista.

Il campo della politica internazionale è in effetti quello più complesso per quell’area politica che si richiama alla tradizione delle internazionali. Il disorientamento prevale, con il vento della disinformazione che soffia sulle vele del web e dei pregiudizi. Per dovere di sintesi si pensi all’entusiasmo acritico delle sinistre occidentali rispetto alle primavere arabe, dopo il quale si è faticato a vedere rinascere un movimento pacifista in opposizione ai bombardamenti in Libia e ai processi di destabilizzazione della Siria. L’insofferenza rispetto a gravi peccati di ingenuità, talvolta, comporta una reazione scomposta, anche grazie ai nuovi mezzi di comunicazione. Non sono rari i sostenitori delle Pussy Riot come paladine del socialismo del XXI secolo, così come non mancano confusi personaggi che individuano in Putin un segretario del troppo compianto PCUS.

L’ignoranza è più profonda quando si pensa di sapere. Partire da posizioni già date è un ottimo modo per rifuggire dal confronto ed evitare di approfondire il livello di conoscenza. Stupisce che a partire dal testo Capire la Russia nasca una recensione come quella pubblicata da Militant (realtà solitamente molto attenta a ciò che pubblica). Nello stesso articolo si ammette di ignorare “i trascorsi politici o accademici” di Borgognone, salvo considerarlo parte della “combriccola rossobruna geopolitica” da boicottare e avversare (da cui deriva lo “sconsiglio” per l’acquisto e addirittura una messa in discussione della credibilità della casa editrice).

Ci sono alcune considerazioni semplici ma non scontate. La Russia non ha vissuto la formazione di un sistema politico analogo a quello degli stati nazionali europei. Se qualcuno ha individuato nel 1905 l’avvio di una fase analoga a quella dell’Europa moderna, bisogna ricordare che il paese fu travolto dal primo conflitto mondiale e in breve tempo vide il mutare del proprio assetto di potere. Laddove lo zar rappresentava lo spirito di un popolo, si sostituì l’immagine dell’unico paese in cui il proletariato era diventato padrone del proprio destino (senza alcun passaggio intermedio di matrice liberale). Lo stesso concetto di democrazia indica cose diverse nell’immaginario dei cittadini russi, rispetto a quelli europei.

In Italia esiste chi sostiene la necessità di andare oltre la dicotomia destra/sinistra, anche all’interno di organizzazioni politiche che ereditano elettoralmente lo spazio un tempo occupato da Rifondazione Comunista (l’Altra Europa con Tsipras). Nonostante questo, si guarda con sospetto a uno studioso che dimostra come manchi una sensata identificazione di tali categorie in un paese che dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica ha visto associare la Coca Cola all’idea di modernità, mentre diventava conservatore chiedere che l’energia elettrica rimanesse un diritto per tutti.

La leggerezza con cui si usa il termine fascismo, porta a considerare scandaloso il ritenere errato applicare questa definizione a movimenti politici che vivono in una nazione che nella guerra al nazismo identifica la propria identità nazionale (anche qui facendo venire meno qualsiasi collegamento tra antifascismo e sinistra, proprio invece delle società occidentali).

Certo Borgognone argomenta le proprie posizioni con forte determinazione. Ad una destrutturazione della narrazione televisiva corrisponde una ricostruzione politicamente orientata a difesa dell’identità nazionale come valore positivo. Questo non impedisce al lettore di poter far tesoro delle numerose informazioni e fonti citate, accettando di confrontarsi sulle teorie che ne derivano. Non di manifesto politico si tratta, ma di un saggio che tenta di comprendere la situazione russa, senza limitarsi ad inanellare un insieme di dati e demistificazioni.

Capire la Russia è una sfida, che una sinistra di classe matura deve essere in grado di accettare, senza nascondersi dietro a messe all’indice di testi che non si condividono in alcuni passaggi. La teoria dell’autore presuppone la tutela della sovranità del popolo all’interno dei proprio confini, non solo per quello che riguarda la Russia. Questo non cancella il descrivere la composizione sociale e il collocamento politico delle diverse formazioni che hanno attraversato il paese dopo la caduta del Muro di Berlino.

Se gli aspetti più dettagliati riguardano la realtà russa, il dibattito si farebbe più complesso rispetto alle questioni più generali, che si rintracciano anche nell’opera precedente di Borgognone, Il fallimento della sinistra «radicale». Si tratta forse di separare due ambiti di riflessione, ovviamente tra loro intrecciati, ma comunque che partono da presupposti diversi.

Da una parte c’è il riconoscimento di una peculiarità del contesto russo, in cui si confondono enunciazioni di principio con esigenze materiali. Non si può comprendere il consenso di cui gode Putin, se ci si scorda di cosa ha rappresentato Eltsin. Giudicare gli altri attraverso le proprie categorie è sempre un errore, che aumenta progressivamente con l’accrescere della distanza dal punto di osservazione (non solo geografica). In questo Capire la Russia è propedeutico al fine di andare oltre la narrazione a senso unico veicolata anche su riviste progressiste, incapaci di comprendere la diversità di un contesto non occidentale.

Dall’altra parte c’è la lettura che vede nei postulati culturali occidentali egemoni un agglomerato di strumenti del capitalismo. Una vulgata narra che l’Unione Sovietica sia caduta per due lattine di Coca Cola e un paio di jeans. Credere che la vittoria sia stata unicamente merito dell’avversario, del suo mefistofelico sistema che ammalia l’individuo, isolandolo e incatenandolo al consumismo, è un errore in cui è facile cadere. Se si è affermata l’illusione della fine della storia, che è fatta più di rassegnazione che di senso della vittoria, è anche per il fallimento di ciò che è nato dalla rivoluzione del 1917.

Inoltre pensare che i conservatori siano utili alleati è teoria discutibile e non è strano che qualcuno reagisca con perplessità ad alcuni passaggi di Capire la Russia. Preoccupa però che le reazioni siano la già citata recensione di Militant o il trafiletto liquidatorio apparso su Le Monde Diplomatique di marzo.

Capire la Russia è un testo da cui partire per confrontarsi e discutere, non solo di geopolitica. Si tratta di un percorso di centinaia e centinaia di pagine, quindi da non affrontare con leggerezza.

In una fase di forte crisi della sinistra italiana ed europea, limitarsi a ignorare un sistema articolato di analisi e teorie come l’opera di Borgognone è inequivocabilmente un errore, soprattutto se non si condividono alcune sue posizioni espresse già nell’introduzione. Ignorare alcune questioni equivale a consegnarle a formazioni di ambigua identità politica. In Italia è imbarazzante vedere la Lega Nord attaccare la Nato, così come ascoltare onorevoli del 5 Stelle denunciare le politiche degli USA in Medio Oriente.

Può esistere una sinistra capace di rifiutare qualsiasi alleanza con i conservatori, rifiutando le teorie di Preve sul Front National e, al contempo, in grado di dare delle risposte alle questioni sollevate dalla postmodernità?

Nella capacità di interloquire con Capire la Russia si può misurare una risposta.

Immagine liberamente ripresa da media1.s-nbcnews.com

Ultima modifica il Mercoledì, 01 Aprile 2015 08:57
Dmitrij Palagi

Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".

«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)

 

www.orsopalagi.it
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