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Giovedì, 07 Marzo 2013 00:00

Chávez, nonostante le fanfaluche

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Abbiamo appreso ieri sera della scomparsa del Presidente venezuelano Hugo Rafael Chávez Frías. Egli soffriva da due anni, come è noto, di una forma micidiale di tumore; figura coraggiosa, generosa, ottimista, aveva sottovalutato le prime manifestazioni della malattia. La popolazione venezuelana si è riversata nelle strade commossa. A da subito, poiché la lotta di classe esiste anche se in Italia non si può dire senza essere ridicolizzati dai mass-media, si è scatenata la cagnara mediatica, sulla scia dei mass-media statunitensi, di quelli della destra latino-americana e spagnola, inoltre del quotidiano spagnolo liberista di centro-sinistra el País, a cui l'omologo italiano la Repubblica si abbevera. Una recente ricerca fatta in Spagna ha mostrato come il 55% delle “notizie” pubblicate da el País su Venezuela, Cuba, Bolivia, Ecuador è confezionato a Miami dalla destra somozista cubana ivi riparata: è questa la deontologia, appunto tutta di classe, di tanta stampa occidentale.

Il primo ordine di fanfaluche riguarda l'instabilità politica nella quale il Venezuela ineluttabilmente precipiterà, per via di un'inevitabile lotta di potere tra le sue  figure principali, tra le quali vengono soprattutto segnalate il Vicepresidente Nicolás Maduro Moros, ex operaio, e il Presidente del Parlamento Curamentado Diosdado Cabello, ex ufficiale, ambedue sodali di Chávez dai tempi della rivolta popolare (il “caracazo”) contro il governo “socialdemocratico” di Acción Democrática (uno dei due partiti un tempo della delinquenziale oligarchia creola locale, l'altro era la “democristiana COPEI), rivolta la cui repressione costò migliaia di morti. Alla sua repressione una parte dell'esercito, guidata dal tenente-colonnello paracadutista Chávez, rifiutò di prendere parte; essa anzi si unì al popolo e tentò, appellandosi a tutto l'esercito, di rovesciare il governo (fu questo il cosiddetto golpe, altra fanfaluca mediatica, di Chávez). La RAI ha anche avuto la sfrontatezza di affermare, ieri, che Chávez ha vinto le sue prime elezioni presidenziali grazie alla realizzazione di un golpe! Vergogna: il caracazo avvenne nel 1992, la sua repressione portò Chávez in carcere, e la sua prima vittoria elettorale risale al 1998!

Ancora, il potere socialista venezuelano è ormai ben strutturato sia sul versante delle istituzioni dello stato (tant'è che, come da Costituzione, le elezioni presidenziali si terranno di qui a un mese, e chiunque potrà candidarsi), che dal punto di vista del sistema politico (la sinistra si è quasi tutta unificata nel Partito Socialista Unito, che alle recenti elezioni per le assemblee rappresentative e i presidenti degli stati federati ha ottenuto il 60% dei voti, e che raccoglie qualcosa come 7 milioni di aderenti).

Il secondo ordine di fanfaluche riguarda la cosiddetta instabilità economica del Venezuela,  segnalata dall'elevata inflazione e dal deficit elevato di sede di bilancio dello stato, che sarebbero causati, si dice, dall'eccesso di spesa sociale a vantaggio delle classi popolari: ineluttabilmente ciò dovrebbe portare a difficoltà crescenti della spesa sociale e a manifestazioni di malcontento popolare. In realtà, intanto, il Venezuela mostra da quattordici anni e rotti come l'indebitamento pubblico possa essere tenuto sotto controllo, quindi come non ci sia nessun bisogno di abbatterlo con le cure da cavallo che l'Unione Europea sta sperimentando, e in virtù delle quali l'Italia, secondo recenti dati, ha ben il 65% delle famiglie con redditi che non consentono loro di arrivare a fine mese; in secondo luogo, in Venezuela l'incremento del deficit è dovuto primariamente al fatto che il governo ha avviato un poderoso programma di infrastrutturazione del paese (che non aveva quasi ferrovie, per esempio), di industrializzazione (a parte il settore petrolifero esso non aveva quasi industria) e di sviluppo dell'agricoltura (il Venezuela è un paese che potrebbe alimentare l'intera America latina, ma che importa quasi tutto ciò che mangia). Quindi non si tratta di un aumento “improduttivo” della spesa (ammesso solo per un secondo che sia tale, come sostengono i liberisti, la spesa sociale), bensì di un aumento dovuto a investimenti diretti, solo suscettibili di accrescere nei prossimi tempi la ricchezza del paese, e, con ciò, la solidità della sua economia.

Ancora, giova rammentare come lo sviluppo socialista del Venezuela stia collocando fuori dall'economia monetaria la soddisfazione di parte crescente delle necessità di base delle classi popolari: non solo sono diventati gratuiti i servizi fondamentali (un tempo inaccessibili), dalla sanità all'istruzione, dalla cura dell'infanzia, degli anziani e delle disabilità all'università, ma lo stanno diventando, assumendo transitoriamente forma semigratuita, la casa, i trasporti pubblici, vari generi alimentari di prima necessità. All'inflazione dunque la risposta del potere venezuelano è doppia: riguarda da un lato la crescita di retribuzioni e pensioni, dall'altro queste misure.

Immagine tratta da www. tribunodelpopolo.com

Luigi Vinci

Protagonista della sinistra italiana, vivendo attivamente le esperienze della Federazione Giovanile Comunista, del PCI e poi di Avanguardia Operaia, Democrazia Proletaria, Rifondazione Comunista. Eletto deputato in parlamento e nel parlamento europeo, in passato presidente e membro di varie commissioni legate a questioni economiche e di politica internazionale.

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