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Mercoledì, 28 Dicembre 2016 00:00

CdS ONU sulla Palestina: un voto che è fumo negli occhi

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(…) riafferma che la costituzione da parte di Israele di colonie nel territorio palestinese occupato dal 1967, compresa Gerusalemme est, non ha validità legale e costituisce una flagrante violazione del diritto internazionale e un gravissimo ostacolo per il raggiungimento di una soluzione dei due Stati e di una pace, definitiva e complessiva

Questo è il primo punto della risoluzione numero 2334 (leggi qui) con la quale il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha condannato in modo ferreo l’atteggiamento colonialista di Israele nei confronti della Palestina, vietando ogni ulteriore sviluppo di insediamenti nei territori occupati. La risoluzione è stata approvata con 14 voti favorevoli e, dato che ha “fatto scandalo”, un’astensione, quella degli Stati Uniti.

Il merito della votazione è stato, quantomeno, quello di riportare la questione dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi all’attenzione dei media mondiali.
È comunque opportuno notare come questo voto sia avvenuto in un momento molto peculiare della politica statunitense. Il delegato USA alle Nazioni Unite ha infatti evitato di porre il veto che avrebbe stoppato la risoluzione nel corso degli ultimi mesi del mandato di Barack Obama. Mandato che si avvia a conclusione e che pare essere stato preso a pretesto dal Presidente per adottare decisioni che sono molto più radicali di quelle assunte nel corso degli otto anni precedenti: non solo questo voto che è andato a interferire nei rapporti con Israele ma anche, ad esempio, la stretta di mano sulle concessioni per le trivellazioni offshore in ricerca di petrolio e gas nell’Atlantico e nell’Artico (leggi qui). È evidente come questa accelerazione sia stata anche frutto delle posizioni prese fino a questo momento dal neo eletto (ma non ancora nominato) presidente Donald Trump.

Così come è probabile che la decisione sulle nuove trivellazioni (che costituisce una virata non indifferente nell’ambito della politica del presidente uscente rispetto al permesso di estrarre di shale oil) sia legata alle posizioni anti-ecologiste di Trump, lo stesso vale per l’annuncio di qualche giorno fa dell’intenzione del nuovo inquilino della Casa Bianca di trasferire l’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme, andando contro la risoluzione internazionale del 1967 che assegnava alla città santa lo status di territorio internazionale ed avvallando l’occupazione illegale della parte Est della città da parte dello stato israeliano (leggi qui).

È quindi opportuno evitare di cantare vittoria troppo velocemente. La questione palestinese è sempre stata usata in modo strumentale dai governi statunitensi per calibrare i rapporti con lo storico alleato israeliano. Dobbiamo quindi evitare di cadere nel “gioco mediatico” messo in atto per esasperare l’abissale distanza tra Obama e Trump: è sceso in campo l’ex presidente Jimmy Carter, fautore assieme a Kissinger degli accordi di Camp David, sostenendo che l’ultimo atto dell’amministrazione Obama debba essere il riconoscimento dello stato palestinese ma di certo non sentiamo i media ricordare come gli otto anni di amministrazione Obama abbiano visto il minor numero di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza filo-palestinesi dai tempi di Johnson (il numero massimo contrassegnò i due mandati di Reagan).

Inoltre, nonostante il grande clamore mediatico, il primo ministro israeliano Banjamin Netanyahu ha subito annunciato che la costruzione di oltre 600 nuovi alloggi per coloni andrà avanti a Gerusalemme Est. Sono infatti oramai decenni che i governi israeliani portano avanti la propria politica imperialista e colonialista in aperta violazione del diritto internazionale e non sarà quindi una risoluzione del Consiglio di Sicurezza a cambiare lo stato delle cose. Fino a quando le grandi multinazionali e i governi occidentali potranno continuare a sfruttare le violazioni internazionali per i propri fini economici non ci sarà un vero miglioramento per la condizione del popolo palestinese: solo una posizione di forte condanna da parte della comunità internazionale che si trasformi anche in sanzioni economiche potrà mostrare un po’ di efficacia.

Ultima modifica il Martedì, 27 Dicembre 2016 18:46
Diletta Gasparo

"E ci spezziamo ancora le ossa per amore
un amore disperato per tutta questa farsa
insieme nel paese che sembra una scarpa"

Cit.

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