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Giovedì, 16 Novembre 2017 00:00

Migranti, politica e indecenti accordi con la Libia

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Il dramma della questione migratoria in seguito agli accordi con la Libia

Quello che è successo la scorsa settimana nella parte del Mediterraneo che divide Libia e Italia è qualcosa che non solo fa rabbrividire da un punto di vista umano, ma aggiunge anche nuove complicazioni alla già difficile e mai risolta questione del traffico di migranti e delle politiche migratorie ad essa collegate. Proviamo a ricostruire brevemente la vicenda, anche se poco chiara poiché si contrappongono versioni differenti. Era il 7 novembre quando un fatiscente gommone, a trenta miglia dalle coste di Tripoli, è stato raggiunto da una parte da una motovedetta della marina tripolitana, dall’altra dalla Sea Watch, una ONG tedesca arrivata sul posto per soccorrere i migranti.

Qui si è consumata la tragedia: il gommone si è danneggiato, pare a causa delle manovre della sopraggiunta motovedetta libica, costringendo i migranti a gettarsi in mare per raggiungere l’imbarcazione della ONG che li avrebbe portati in Italia. Coloro che non ce l’hanno fatta a salire con i volontari della Sea Watch sono stati forzatamente recuperati dalla nave libica che li avrebbe poi riportati a Tripoli. Da dichiarazioni della Sea Watch, ma anche dalla testimonianza di operatori di un elicottero della Marina Italiana che intimava la motovedetta libica a non lasciare la postazione perché c’erano uomini in mare, la guardia costiera di Tripoli si è sporcata le mani di sangue in due modi: prima ha malmenato brutalmente tutti coloro che cercavano di buttarsi in mare per raggiungere la ONG, poi avrebbe riacceso il motore spazzando via molti di coloro che erano ancora in acqua, impedendo quindi anche l’operazione di salvataggio da parte dell’ONG tedesca. Il bilancio è di 5 morti, tra cui un bambino molto piccolo, e un disperso.

Al di là della dinamica della vicenda, è evidente che si aggiunge una nuova spiacevole complicazione, per usare un eufemismo, a chi decide di attraversare il mediterraneo per raggiungere l’Europa. Questa complicazione è rappresentata dagli accordi dello scorso luglio tra il Governo italiano e il Governo di Fayez al Serrai che controlla quasi esclusivamente la città di Tripoli, la cui Guardia Costiera è formata prevalentemente da un banda di milizie armate. In altre parole è stato affidato l’incarico di controllare i traffici dalla Libia a delle milizie armate che, dopo il crollo di Gheddafi, hanno riempito il vuoto di governo. Ma non solo, pare che tali milizie siano siano state anche implicate con il traffico stesso di uomini, donne e bambini, come dimostra un’inchiesta pubblicata recentemente da Associated Press per la quale sembra appunto “che per fermare il flusso di migranti dal Nord Africa il governo italiano abbia stretto degli accordi con due potenti milizie libiche che solo qualche tempo fa erano direttamente coinvolte nello stesso traffico” (1). L’inchiesta è basata su fonti che appaiano solide: vi sarebbe infatti anche la testimonianza di Bashir Ibrahim, portavoce di una delle due milizie coinvolte – Al Ammu – il quale, oltre ad aver confermato l’accordo con le autorità italiane ha dichiarato ad Associated Press che l’intesa prevede che in cambio dell’aiuto fornito le milizie ricevano barche, soldi, e quello che nell’inchiesta si definisce in maniera vaga “equipaggiamento” (si pensa che con tale terminologia ci si riferisca alle armi). 

Già da almeno un decennio l’Italia, in assenza di stati membri europei che intendano spartirsi concretamente “il fardello” dell’accoglienza in termini di costi, strutture e risorse umane, è in continua ricerca di alleati nelle coste nordafricane – Libia in primis – per diminuire l’entità del flusso migratorio via mare. Nel 2008, fu il governo Berlusconi a siglare con la Libia di Gheddafi il tanto discusso trattato di “amicizia, partenariato e cooperazione” che, oltre a “riappacificare” l’Italia con la sua ex colonia, prevedendo un risarcimento di 5 miliardi in 20 anni e accordi commerciali per gas e petrolio, aveva come obiettivo primario la “lotta ai trafficanti di schiavi per contrastare l’immigrazione clandestina” (2). Con una coalizione di centro-destra che raccoglieva anche l’allora Lega di Bossi, un intervento di questo tipo, in materia di politiche migratorie, era prevedibile per quanto discutibile potesse essere la figura di Gheddafi. In tempi odierni, se guardiamo al mero dato degli accordi internazionali per la gestione della cosiddetta “migrazione clandestina”, possiamo rilevare un attivismo addirittura più intenso di prima. Basta ricordare non solo l’accordo citato poco fa tra governo italiano e milizie di Tripoli, ma anche l’accordo tra Unione Europea e Turchia di un anno fa (3). Si aggiungono a questi i recenti incontri in Algeria e Tunisia del ministro Minniti per bloccare e prevenire le nuove rotte (4) dei migranti (5). L’obbiettivo infatti è quello di creare dei veri e propri “stati cuscinetto” nel Nord Africa con l’intento di fermare il flusso migratorio diretto in Europa chiudendo tutti i porti per l’imbarco irregolare.

La migrazione sembra essere davvero un’emergenza preoccupante per il Paese o, sull’ondata del sempre crescente populismo leghista che fa leva sulla paura dello straniero, pure il centro-sinistra sta provando a speculare sulla questione migratoria seppur con toni “più equilibrati”? Forse sono vere entrambe le opzioni, ma la realtà non cambia. Se prima non ci si faceva scrupoli ad accordarci con Gheddafi, adesso i nostri principali interlocutori non sono da meno: da una parte la Turchia di Erdogan, e dall’altra le milizie di Tripoli, che fanno il loro sporco lavoro mentre la Libia è ancora in subbuglio. Il fatto di cronaca riportato a inizio articolo non va certamente imputato esclusivamente alla barbarie delle milizie tripolitane, in quanto dietro di esse vi è una politica migratoria cinica e senza scrupoli portata avanti dal governo italiano e anche dai paesi dell’Unione europea che in molti casi hanno serrato le proprie frontiere e chiuso i propri porti per impedire gli sbarchi. Pur di non assumersi tutte le responsabilità legate alla gestione del flusso migratorio in Europa e alla conseguente accoglienza degli stranieri, l’Italia e l’Europa stanno delegando ad altri quello che non possono e non riescono a fare loro: l’obiettivo principale è fermare gli sbarchi, non importa con che criterio e con quali procedure questo venga fatto né c’è alcuna considerazione rispetto al costo di vite umane che tali scelte politiche comportano.

Soprattutto grazie all’accordo con il governo di Fayez Al Serrai e con i sindaci del Fezzan (il sud della Libia) – ricordiamo che la Libia è il principale porto nordafricano per la migrazione clandestina – c’è stato un calo drastico degli arrivi, cominciato questo luglio, e aumentato sensibilmente per tutto agosto. “I migranti sbarcati dal 1° luglio al 25 agosto rispetto allo stesso periodo del 2016 sono diminuiti del 68%: 44.846 lo scorso anno, 14.391 questo. Il record è un agosto con una caduta dell’86%” (6). Si ritiene inoltre che questi numeri possano ancora diminuire. Da qui emerge chiaramente come gli accordi presi dal ministro Minniti con le autorità locali libiche abbiano influito sugli sbarchi di migranti sulle coste italiane. Infatti quelli che prima erano i trafficanti di migranti sono diventati coloro che impediscono la partenza e controllano la maggior parte dei centri di detenzione libici, spesso con metodi che violano i diritti umani. E se nelle ultime settimane di ottobre si è registrato un leggero aumento degli sbarchi, ciò è dovuto, come spiega Mattia Toaldo dello European Council on Foreign Relations al fatto che “le mafie hanno fatto partire coloro i quali stavano aspettando da più tempo, per mostrare come stiano continuando a controllare la situazione, poiché non tutte le milizie hanno firmato l’accordo” (7).

C’è quindi un nesso logico e non trascurabile tra trafficanti e guardie costiere, “ruoli” che spesso convergono negli stessi individui. Pur a conoscenza di questi aspetti, Italia ed Europa sembrano far finta di non sapere i macabri scenari che si nascondono sulle coste libiche. D’altra parte, anche se guardiamo cinicamente al mero interesse dei governi italiano ed europei rispetto alla diminuzione dei flussi, è chiaro che se i controllati (i trafficanti) e i controllori (le guardie costiere libiche) sono le stesse persone, non c’è nessuna garanzia nel lungo periodo che gli accordi presi continuino a produrre gli stessi risultati. Il governo italiano insieme all’Unione Europea dovrebbe invece pianificare una serie di accordi internazionali miranti alla formazione di un’accoglienza transnazionale che non punti esclusivamente al blocco dei flussi e al rimpatrio ma a una gestione collettiva della questione migratoria che vada oltre i confini europei e che fornisca delle garanzie in termini di tutela dei diritti umani e sociali dei migranti.

Forse adesso non faranno molto più scandalo i morti in mare anche perché avvengono qualche miglia più lontano dalle nostre coste. Forse sarà possibile un abbattimento ancora più drastico degli imbarchi rispetto a quelli di questa estate. Dovremmo tuttavia domandarci, dato che sono diminuiti gli arrivi così drasticamente e così in fretta, come viene gestita l’accoglienza nei paesi nord africani, Libia in primis, e quali garanzie e diritti i migranti godano al di là delle frontiere europee. Gli episodi di centri d’accoglienza fatiscenti, di sfruttamento a nero del lavoro di rifugiati, di detenzione forzata per poi costringere al rimpatrio i migranti a cui è stato negato l’asilo (vedi i casi dei Cie), i mille punti deboli dell’accoglienza straordinaria in Italia: questi sono tutti problemi reali che affliggono il nostro Paese e l’Europa. Ma quello che accade nelle coste africane potrebbe essere addirittura più grave di quello che ci possiamo immaginare. Tanto per iniziare è apparsa ieri sulla CNN la notizia di aste di esseri umani (migranti bloccati in Libia) organizzate da membri delle milizie libiche.


Note

(1www.ilpost.it/2017/08/30/libia-milizie-migranti/

(2www.corriere.it/esteri/08_agosto_30/berlusconi_libia_gheddafi_bengasi_478ee3f4-767e-11dd-9747-00144f02aabc.shtml?refresh_ce-cp

(3) www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2017/03/17/europa-turchia-migranti-accordo

(4) www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/rubriche/politica/2017/09/04/migranti-minniti-in-algeria-alleanza-strategica-con-algeri_59313aed-a4e3-4402-ad42-73665a4e42b2.html

(5) www.huffingtonpost.it/2017/07/13/direzione-tunisia-immigrazione-minniti-oggi-in-libia-con-decar_a_23027745/

(6) www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-08-26/migranti-patto-la-libia-frena-arrivi-221553.shtml?uuid=AEQsV7HC&refresh_ce=1

(7) www.meltingpot.org/Perche-gli-arrivi-dei-migranti-in-Italia-attraverso-il.html#.Wgm1bmjWxPY


Immagine di copertina liberamente tratta da www.gettyimages.it, da Google Immagini

 

Ultima modifica il Mercoledì, 15 Novembre 2017 23:18
Chiara Del Corona

Nata a Firenze nel 1988, sono una studentessa iscritta alla magistrale del corso di studi in scienze filosofiche. Mi sono sempre interessata ai temi della politica, ma inizialmente da semplice “spettatrice” (se escludiamo manifestazioni o partecipazioni a social forum), ma da quest’anno ho deciso, entrando a far parte dei GC, di dare un apporto più concreto a idee e battaglie che ritengo urgenti e importanti.

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