Pillole dal Giappone #257 – Intenso lavoro diplomatico all'Assemblea ONU

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All’ombra della Sublime Porta: Erdogan il Sultano ora vuole diventare il Califfo

Gloriosa la storia dell’Impero ottomano. Una tribù dell’Anatolia che, sotto la pressione delle invasioni mongole nel Turkmenistan e intorno al Mar Nero, si spostò verso Costantinopoli, conquistando prima Bursa, centro nevralgico della regione, poi annientando definitivamente l’Impero bizantino. L’Impero ottomano divenne la maggiore potenza nel Mediterraneo per secoli, occupando gran parte del Nord Africa e del Medio Oriente. In Europa divisa tra lotte tra stati nazionali, scismi religiosi e carestie è stato per molto tempo una spina nel fianco del continente, minacciando più volte militarmente i regni e gli imperi europei.

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Lunedì, 26 Marzo 2018 00:00

Afrin ci interroga (3 di 3)

Afrin ci interroga (3 di 3)

La prima parte cliccando qui.

La seconda parte cliccando qui.

Cronaca della macelleria anticurda novecentesca

È stata solo la grande dimensione del popolo curdo (40-45 milioni di esseri umani, tanti quanto i polacchi o gli spagnoli) a impedirne la riduzione a infima minoranza o addirittura l’estinzione – a opera prima di tutto turca, ma anche irachena, iraniana, siriana.

Un complesso di tribù di contadini e di pastori sottoposti a gerarchie ereditarie (ma anche protagonista da secoli di rivolte per l’indipendenza di questa o quella sua realtà) sarà dunque obbligata, a cavallo della prima guerra mondiale, dopo essere stata arruolata nell’esercito ottomano e usata da esso nello sterminio di armeni e assiro-caldei, a un grande balzo verso la Modernità; collateralmente, a creare grandi figure di dirigenti.

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Sabato, 24 Marzo 2018 00:00

Afrin ci interroga (1 di 3)

Afrin ci interroga (1 di 3)

Die Toten mahnen uns, i morti ci interrogano, recita la stele che a Berlino sovrasta la tomba di Rosa Luxemburg e di Karl Liebknecht assassinati da soldati nazionalisti al servizio di un governo di destra socialdemocratica che aveva posto su di essi una taglia, “rei” di aver appoggiato un’insorgenza operaia.

Molto altro inoltre nel corso del Novecento e di questo primo scorcio di Duemila ci ha direttamente interrogato. In questo momento a interrogarci sono soprattutto i curdi, vittime storiche speciali della Turchia. Sono essi a sconvolgere le nostre coscienze, a contestarvi incertezze e opportunismi. Non solo i curdi, beninteso: ci interrogano e sconvolgono da gran tempo i palestinesi, abbandonati a un colonialismo israeliano che sta completando la conquista del loro territorio e della loro acqua, come ci sconvolgono i milioni di profughi mediorientali e di povera gente che fugge dall’Africa o dall’Afghanistan, o la persecuzione e massacri a danno di rohingya, mapuche e tante altre popolazioni in tutto il mondo.

Non è facile capire cosa fare di più adeguato, ma occorre inventarlo anche attraverso approssimazioni. Bisogna riuscire urgentemente a colpire, non solo a manifestare e a scrivere articoli. Ho letto l’appello al boicottaggio economico della Turchia, è una buona idea, si presta anche a iniziative popolari sul piano del turismo, dell’uso della compagnia di bandiera, dell’import di beni di consumo, di tessile, ecc. Bisogna denunciare pubblicamente i gruppi economici che investono (in altre parole, delocalizzano) in Turchia, commerciano con essa, ecc. Soprattutto occorre denunciare la vendita di armi a questo paese, cui prende parte anche l’Italia.

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Martedì, 20 Marzo 2018 00:00

L'offensiva turca contro Afrin

L'offensiva turca contro Afrin

Una bella illustrazione di Zerocalcare spiega meglio di mille parole il disinteresse generalizzato che avvolge l’operazione militare turca nel distretto di Afrin.

Se l’eroica resistenza di Kobane contro l’ISIS era stata celebrata ovunque, un silenzio glaciale avvolge la carneficina annunciata di Afrin, contea del Rojava molto vicina al confine turco e oggetto degli interessi strategici di Erdogan, intenzionato a colpire e reprimere con ogni mezzo qualsiasi forma di autoaffermazione del popolo curdo.

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L’intervista è ripresa dal sito www.arciempolesevaldelsa.it e fa parte della campagna del Comitato Arci Empolese Valdelsa “Kurdi! Una Roccia è forte al suo posto”

Luigi D’Alife è il regista di Binxet – Sotto il confine, un documentario totalmente autoprodotto che racconta, attraverso testimonianze e spiegazioni schematiche ma approfondite, la situazione del popolo curdo sulla linea del confine che separa la Siria dalla Turchia. La striscia di terra che si trova sotto il confine si chiama appunto Binxet. Le persone incontrate qui sono persone comuni con alle spalle storie di lotta, di dolore, di resistenza e di amore toccante. Al documentario, frutto di cinque viaggi fatti dal regista in territorio curdo, ha prestato gratuitamente la propria voce Elio Germano. Abbiamo avuto modo di incontrare D’Alife domenica 16 luglio alla festa di Settembre Rosso -associazione affiliata Arci- in occasione della proiezione del suo documentario.

 

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Leggi qui la prima parte

Come che siano andate le cose, paiono comunque evidenti le reciproche intenzioni, una più pericolosa dell’altra. Quella del regime siriano è di evitare di trovarsi a gestire, come invece tende ad accadere, una ridotta porzione del territorio siriano, rappresentata dalla metà meridionale della sua metà occidentale, dalla striscia costiera e dal suo immediato retroterra (sotto stretto controllo russo), dal corridoio che a nord porta verso Aleppo nonché da questa città (quasi tutto il nord-ovest essendo invece in mano all’ELS, alla Turchia, ecc., e l’est sempre più all’FDS). Una tale prospettiva renderebbe inevitabile, al termine del conflitto o ancor prima, la fine del regime, l’esilio di Assad, ecc., probabilmente anche con il consenso di Russia e Iran. Mentre l’intenzione, quanto a Trump, pare ormai essere il controllo stabile, per il

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Una guerra, in Medio Oriente, che non si chiude anzi si allarga

Considero per primi i passaggi subiti dai conflitti armati mediorientali in corso che precedono il cambiamento di presidenza negli Stati Uniti; poi ricapitolerò quelli successivi. Da quando ci ho provato l’ultima volta i cambiamenti di prospettiva di buona parte degli attori in campo sono stati enormi, sino a delineare un quadro generale molto diverso, quello precedente essendo determinato dalla centralità di Daesh – dal suo uso turco, dal contrasto portatogli da regime siriano, Russia, Stati Uniti e loro alleati, Iran e forze a esso legate – mentre Daesh ormai sta per essere sconfitto sia in Iraq che in Siria.

Ricapitolando fino a “prima” rispetto al quadro attuale

Esso era venuto assumendo la forma di un’instabile o ridotta, a seconda dei momenti, alleanza tra Russia e Stati Uniti, unita dall’obiettivo di far fuori Daesh. L’intervento russo aveva consentito di sbloccare un conflitto che durava da cinque anni e che stava portando al totale disfacimento della Siria, al consolidamento della forma semistatale assunta da Daesh, all’espansione parallela di al-Nusra (l’al-Qaeda siriana), a quella della coalizione Ahrar al-Sham nonché di una miriade di altri gruppi islamisti minori, a volte solo sigle di copertura delle due realtà maggiori, a volte loro alleati, a volte in conflitto con uno di essi o con tutt’e due, a volte su base etnica (soprattutto turcomanna), ecc. La Giordania, incaricata dall’ONU del censimento di queste forze, ne conterà 65.

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Erdogan ed UE: una relazione imbarazzante ma stabile

L’approvazione referendaria, seppur con stretto margine, della riforma costituzionale voluta da Erdoğan segna una ulteriore tappa nel processo involutivo del regime turco e nel tentativo di stabilizzazione autoritaria. Le congratulazioni provenute a Erdoğan dalle potenze mondiali (Stati Uniti, Russia, Cina) e dagli attori regionali, non solo sunniti (pensiamo all’Iran), tradiscono l’interesse di Realpolitik al rafforzamento di equilibri che garantiscano la pace, sia pure armata, nell’area.

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Il quadro mediorientale ha preso da qualche settimana a cambiare tutta la sUa parametratura; al tempo stesso le sue prospettive continuano ad apparire indeterminate. L'evoluzione di tale quadro ha il suo evento decisivo nella vittoria di Aleppo da parte del regime siriano, della Russia, dell’Iran e dei loro alleati minori.

A essa ha corrisposto una serie di fatti politici di grande portata, su iniziativa della Russia. la capacità di iniziativa degli stati Uniti, di converso, dato anche il risultato delle lezioni presidenziali, che già era debolissima e incoerente è precipitata a zero, essi sono stati addirittura esclusi da parte russa, finché sarà presidente Obama, dalla discussione in avvio sulle sorti politiche e istituzionali della Siria.

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