Di Daniel López Gómez

Introduzione e traduzione di Alessandro Zabban 

Con un’analisi sarcastica dai tratti amari, Dani, giovane attivista nell’ambito della sinistra madrilena,  descrive gli anni della crisi economica in Spagna, vissuta in prima persona. Una crisi che è anche politica e che si è tradotta nell’incapacità della sinistra tradizionale di dare risposte convincenti alle esigenze di una società profondamente sofferente, ma anche nei profondi limiti  degli Indignados di convertire in azioni politiche feconde il malcontento generalizzato. È in questo frangente che Podemos, secondo Dani, si propone come una piattaforma che  pur all’interno di coordinate politiche nuove, accetta in maniera pragmatica e razionale quei canali e quelle regole istituzionali che le possano permettere di diventare un’alternativa credibile allo status quo.

Podemos è nata dal niente nel Gennaio del 2014. Non era né la coalizione di partiti politici già esistenti né un fronte popolare. Era solo un nome e una nota programmatica: “trasformare l’indignazione in cambiamento politico”. Come fare? Come sostituire depressione, frustrazione e speranze infrante con categorie e concetti  politici e con mosse strategiche? 

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Mercoledì, 30 Aprile 2014 00:00

Lista Tsipras: alcune cose che dobbiamo dirci

Dalle pagine di questa rivista in diversi – ed io tra loro – abbiamo commentato positivamente la nascita di una lista unitaria a sinistra del PD per le prossime elezioni europee. Il risultato, tutt'altro che scontato, è di grandissima importanza e può (io direi deve) rappresentare un gradino per la ricostruzione della scalcagnata sinistra nostrana.

Vi sono però degli elementi critici che sarebbe intellettualmente disonesto non rilevare: anche a campagna elettorale in corso.

In primo luogo la scelta del simbolo (con tanto di referendum octroyée su quattro opzioni grafiche identiche) appare quanto mai penalizzante: un riquadro rosso, il riferimento ad un nome importante ma sconosciuto ai più, nessun elemento che richiami le forze politiche partecipanti – ed ossatura nei fatti – alla lista. Quasi una sfida lanciata all'elettore: «ci siamo nascosti. Trovaci!».

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Martedì, 25 Marzo 2014 00:00

Il declino dei socialdemocratici in Europa

Il 19 marzo le elezioni amministrative olandesi hanno visto un arretramento dei partiti di governo (il liberale Vvd e il laburista Pvda) e la crescita, invece, delle forze di opposizione e delle liste locali (queste ultime, che nel 2010 già superavano ogni altro partito raccogliendo complessivamente il 25%, hanno ottenuto un terzo dei voti).

Tra i partiti nazionali sono premiate le ali radicali (il Socialistische Partij e l’estrema destra del Pvv), ma, ancor di più, la formazione laica di centrosinistra Democratici ’66, divenuta il primo partito in 12 delle 20 amministrazioni maggiori, fra le quali Amsterdam, L’Aia e Utrecht (a Rotterdam prevale invece una formazione locale di destra populista). Proprio nel caso di Amsterdam è possibile leggere l’altro dato di queste elezioni: il declino del Pvda, assai più penalizzato dei partners liberali, che per la prima volta dal 1946 non risulta il primo partito nella città capitale.

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Mercoledì, 05 Febbraio 2014 00:00

La scelta di SEL: un (primo) passo importante

Chi ha a cuore le vicende della sinistra italiana non può non aver seguito con un pizzico di apprensione il congresso di Sinistra Ecologia e Libertà per poi essere soddisfatto del suo esito.

La decisione del partito di Vendola di appoggiare Alexis Tsipras, scelta per nulla scontata come dimostra il dibattito sviluppatosi da quella candidatura in SEL, potrebbe generare importanti scenari per la sinistra: per le europee e per dopo le europee.

Il convergere infatti, insieme ad altre forze, sul leader di Syriza apre – sia pure in maniera flebile – la prospettiva di una aggregazione che – qualora le europee consegnino un buon risultato – potrebbe sopravvivere anche dopo il voto.

Il risultato elettorale non sarà una variabile indipendente, un risultato negativo sarebbe stimolo fortissimo a separazioni dei propri destini verso lidi sempre più lontani: producendo su alcuni ulteriori torsioni minoritarie e settarie, su altri la consegna sic et simpliciter al ruolo di ancella.

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Le elezioni europee di maggio sembrano rappresentare - fuori tempo massimo – l'ultima occasione per una sinistra debole, frammentata per linee ideologiche e visioni del mondo differenti.

Proprio le differenze sembrano acuirsi tanto più che le organizzazioni politiche diventano magre, povere di iscritti, voti ed insediamento sociale: in una parola assenti dall'immaginario collettivo.

Anche se la formazione di un'unica lista non è affatto garanzia di superamento dell'iniquo ed ingiustificabile sbarramento, più liste nel medesimo spazio politico rappresentano la certezza che nessuna di esse sarà in grado di eleggere.

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10 gennaio 2004, Simone Collini intervista Fausto Bertinotti su l'Unità.

«Il segretario di Rifondazione comunista sarà oggi e domani a Berlino, dove insieme ai segretari di altri sette partiti della sinistra europea, firmerà l’atto di nascita di un nuovo partito transnazionale. Il nome sarà semplicemente Sinistra europea

Non una nuova internazionale ma un'organizzazione che provi a costruire «un’altra Europa: dei popoli, della partecipazione, della pace».

In vista delle europee del 2004 il nuovo soggetto politico parte con un appello sottoscritto, tra gli altri, da:

  • Rifondazione Comunista (Italia), 
  • PCF (Francia, oggi parte del Front de Gauche), 
  • PDS (Germania, oggi parte della Linke), 
  • Izquierda Unida (Spagna), 
  • Synaspismos (Grecia, oggi parte di Syriza).

Delle 20 formazioni ufficialmente presenti solo 11 sono promotrici attive, mentre altri partiti (tra cui il PdCI di Diliberto) scelgono di rimanere osservatori. Non mancano le polemiche. 

I francesi optano per un referendum tra gli iscritti. In Italia molti denunciano l'operazione come un tentativo di liquidare la questione comunista, sostituendola con la non-violenza. Questo è stato messo in conto dai promotori del nuovo percorso: 

«C'é una precipitazione, nella scelta concreta che ci accingiamo a compiere. Ci sono alcune forze che avviano la marcia, imboccano una direzione, si assumono una responsabilità» (da Liberazione dell'11 gennaio 2004).

Questa accelerazione non ha ancora sanato le divergenze tra aderenti e osservatori. Non a caso il Partito della Sinistra europea non coincide con il GUE (il Gruppo Confederale della Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica), che raccoglie i deputati alla sinistra del PSE (quello di D’Alema, per semplificare in tempi di barbarie).

Nelle fasi iniziali il ruolo degli italiani non è mai stato marginale.

«Quando il PCI, rinominato PDS, decise di aderire all'Internazionale Socialista nel 1991, si ritrovò nel Gruppo Socialista del Parlamento Europeo. Allora iniziò un processo per unire tutte le forze della Sinistra non socialista». 

Così si apre la sezione “storia” sul sito dell'European Left.

Dopo un articolato percorso si arriva all’appello del 2004 e al primo congresso, che si tiene nel maggio dello stesso anno, eleggendo all'unanimità Fausto Bertinotti come presidente. L’allora segretario di Rifondazione darà le dimissioni una volta eletto Presidente della Camera nel 2006. Per i primi due anni non è però in dubbio la centralità dell'esperienza italiana, ritenuta all'avanguardia in termini di risultati elettorali e di elaborazione teorica, oltre che di sperimentazione politica (apertura ai movimenti, superamento di molte posizioni storiche del comunismo, dibattito sulla categoria dell'imperialismo, …). 

Oggi il Partito della Sinistra Europea ha deciso di candidare Tsipras alla presidenza della Commissione Europea, come abbiamo scritto sul Becco il 19 ottobre del 2013 (quasi per primi in Italia, a confermare quanto scritto nei prossimi paragrafi).

Il giovane politico, che ha sfiorato la vittoria alle ultime elezioni greche, destando scalpore e notizia in tutto il vecchio continente, viene dallo stesso Synaspismos che era a Berlino quel 10 gennaio del 2004. Lo stesso progetto della Sinistra Europea dà spunti decisivi per la nascita di Syriza, che vive forti momenti di difficoltà già nel corso dei primi mesi di vita, senza superare il 5% per numerosi anni, fino alla rapida ascesa del 2012 (quando diventa il secondo partito della Grecia). 

I sondaggi prevedono, nella maggior parte dei paesi, un netto avanzamento delle forze della Sinistra Europea alle europee del 2014. I partiti dell'European Left hanno effettivamente registrato un significativo aumento di consensi in tutto il continente "dall'inizio della crisi economica" (per citare un'espressione cara al giornalismo italiano).

L'avanguardia italiana nel frattempo si è dissolta. Non c'è nessun parlamentare italiano che si riconosce in quel progetto nato nel 2004. Gennaro Migliore, all’epoca tra i promotori più convinti, sostiene oggi una linea di avvicinamento di Sinistra Ecologia e Libertà al Partito Socialista Europeo. Bertinotti si è ritirato dalla politica attiva. Rifondazione Comunista è sparita dal livello istituzionale nazionale. A livello diffuso, nella percezione dei cittadini, si ignora il destino di quelle forze che dettero vita all'infelice esperimento de la Sinistra l'Arcobaleno (un tentativo di tradurre a livello nazionale la progettualità ipotizzata su scala europea).

Oggi in Italia si dibatte ferocemente tra i residui di quella che veniva chiamata "sinistra radicale".

Come per l'esperienza di Rivoluzione Civile ci si riduce all'imminente scadenza elettorale concentrandosi sul risultato immediato: far salire qualcuno sulla barca di Tsipras. Si ignora del tutto l'aspetto della progettualità, si preferisce evitare una seria riflessione su quello che è successo nel paese nel corso degli ultimi dieci anni. Sarebbe un ragionamento che coinvolgerebbe dirigenti ormai diversamente collocati, intellettuali, società civile e movimenti organizzati. Gli stessi limiti della Sinistra Europea non sono stati mai superati e non è ben chiaro quali siano le prospettive di un'esperienza che rischia di ripetere su scala continentale la mancata occasione della Rifondazione Comunista italiana.

Rimuovere la storia non aiuta mai, ce lo hanno ricordato gli ultimi appuntamenti elettorali.

Errare è umano, perseverare è diabolico. 

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Sabato, 14 Dicembre 2013 00:00

Da Partito a Party: il ‘900 è finito?

Spunti per una riflessione sui mutamenti della politica in Italia, sull’affermazione del populismo e su una possibile rinascita della Sinistra

Quale destino per la Sinistra in Italia? Quale destino per la politica italiana in generale? Interrogativi da porsi, ma una lettura lungimirante ora come ora è complessa. Emerge, più che altro, il dato attuale: l’ingigantirsi dello iato tra il paradigma politico di oggi e quello del Novecento.

Solo una settimana fa si sono sostenute le primarie del Partito Democratico, vinte dal sindaco della retorica rottamatrice, Matteo Renzi, con il 67,8% dei quasi 3 milioni di votanti. Il dato emblematico è che l'ultimo approdato alla politica romana, di provenienza democristiana e sostenitore del blairismo, vince in tutte le “regioni rosse”: in Emilia 71%, nelle Marche 76,2%, in Umbria 75,7% ed in Toscana 78,8%. Gli avversari, Gianni Cuperlo e Pippo Civati, due strascichi della sinistra interna al Pd, raggiungono rispettivamente il 18% e il 14,2%. Il primo, ex-Ds, è stato l’ultimo segretario della Fgci ed era sostenuto dall’onnipresente Massimo D’Alema; il secondo cerca di spostare l’asse interno verso sinistra, verso i movimenti.

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Post-elezioni al cardiopalma per la LINKE, il partito social-comunista tedesco che, dopo esserci presentato sotto lo slogan “100% SOCIALI” e aver sfiorato il 9% dei voti alle elezioni del 22 settembre scorso, deve ora fare i conti con una profonda divisione interna.

Per la campagna elettorale, uno sforzo collettivo verso l’obiettivo comune del miglior risultato ottenibile, le differenze intestine sono state unanimemente messe da parte, per essere tirate fuori una volta concluso il periodo delle elezioni.

Pubblicato in Internazionale

Parte da Madrid, e precisamente dalla sede madrilena di Izquierda Unida l'assalto di Alexis Tsipras alle istituzioni europee. È qui infatti che pochi giorni fa la Sinistra Europea ha proclamato il leader della sinistra greca, già candidato alle elezioni che solo l'anno scorso sconvolsero il panorama partitico del paese maggiormente colpito dall'austerity, come il prossimo candidato alla presidenza della Commissione Europea. Una decisione ufficializzata dall'attuale presidente della Sinistra Europea Pierre Laurent, che durante la conferenza stampa nella capitale spagnola ha dato il via a tutti i meccanismi necessari per formalizzarne la candidatura.

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