Venerdì, 03 Luglio 2015 00:00

La mossa di Tsipras

Lo spiazzamento provocato dalla decisione di Alexis Tsipras di sottoporre al giudizio del proprio popolo l’accettazione o meno delle condizioni regressive (è utile ricordarlo mille volte) imposte dalla troika non è ancora cessato che la data del referendum inesorabilmente si avvicina.

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Martedì, 30 Giugno 2015 00:00

Sulla crisi greca, a botta calda

Sulla crisi greca, a botta calda

Le figure che in questi mesi, a nome di Consiglio Europeo (quota paesi dell’eurozona), Eurogruppo, Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale, singoli governi europei (di Germania e Francia) si sono confrontate con il governo di sinistra della Grecia sulle misure da realizzare per affrontare la crisi in cui questo paese versa, irrisolvibile con i suoi mezzi, sono partite tutte quante dal presupposto che la Grecia, cioè il suo governo e la sua popolazione, non fossero in grado di resistere all’imposizione di ulteriori misure di “austerità”, analoghe a quelle responsabili della sua crisi. Delle due l’una, stando al ragionamento dei poteri europei e dell’FMI: o il governo di Syriza si sarebbe piegato, buttando via il proprio programma elettorale, e, pur di rimanere in carica, avrebbe gestito una nuova dose di “austerità”, oppure questo governo sarebbe entrato in crisi e sarebbe stato sostituito con un governo disponibile, magari attraverso nuove elezioni. Infatti ciò che poteri europei ed FMI non hanno messo in conto è stato che il governo greco, pur disposto a un compromesso, avrebbe resistito e, di fronte all’impossibilità di un compromesso decente, avrebbe rinviato ogni decisione al popolo greco e al tempo stesso dichiarato l’inaccettabilità dal proprio punto di vista della posizione avversa, tanto più in quanto espressa in forma di fatto ultimativa, lesiva della sovranità greca, colonialista, essendo la Grecia tecnicamente a un passo dal default.

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La vicenda greca si trascina dal 2009 con continui, settimanali, colpi di scena, stalli nelle trattative, artifici retorici e toni minacciosi da entrambe le parti. Lo scontro, la tifoseria, il parteggiamento per i contendenti seduti ai tavoli europei si è esteso alla società, e come sempre l'esaltazione allontana la pacatezza della riflessione. In primo luogo nella discussione sul debito sono da bandire le semplificazioni.

Una volta la sinistra esaltava il pensiero complesso, magari sintetizzandolo in slogan, ma senza privarlo degli agganci con la realtà. Il “non pagare il debito”, può apparire soluzione semplice, banale, conveniente per tutti, ma così non è.
Le nazioni, tutte, hanno la necessità di finanziare il proprio debito pubblico sul mercato. È - allo stato attuale delle cose - un dato di fatto, discutibile ma non ignorabile.

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Lo dice persino il Corriere, che la Grecia è obiettivo di un massacro economicamente insensato

Incredibile ma vero. Consiglio (per la prima volta nella mia vita) la lettura dell’articolo a pagina 11 del Corriere della Sera di ieri 27 aprile, a firma di Andrea Nicastro.

Vi si narra come il Credit Suisse (gruppo finanziario tra i primi al mondo) constati come la Grecia abbia raggiunto a fine marzo il pareggio di bilancio, grazie a un’attenta ripulitura di costi inutili e sprechi degli apparati pubblici e grazie alla rateizzazione dei debiti arretrati verso lo stato (tasse e contributi previdenziali di povera gente con pochi soldi), diluiti sull’arco di otto anni. Dunque non c’è nessuna ragione economica obiettiva che possa portare a chiedere alla Grecia, come fanno invece i ministri economici degli altri paesi europei e i funzionari di Banca Centrale Europea, Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale, cosiddetto Fondo Salvastati, di realizzare ulteriori tagli alla spesa pubblica in pensioni nonché aumenti dell’IVA, abolizione della contrattazione collettiva, privatizzazioni a svendere. Tra l’altro l’articolo osserva come si tratti di punti a suo tempo esclusi come necessari da trattare tra il governo greco di Syriza e le suddette entità europee, e come essi siano rientrati nella discussione plausibilmente per ordine politico cioè di governi.

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Martedì, 28 Aprile 2015 00:00

Perché Varoufakis

Infuria l’attenzione mediatica, con scarne eccezioni, mi pare solo dal lato del Manifesto, sul tratto naïf dell’abbigliamento del ministro greco Varoufakis alle riunioni europee per il “salvataggio” della Grecia: in quanto prova provata, se ce n’era bisogno, del suo “comportamento dilettantesco” in queste riunioni. Da una parte la totalità dei ministri economici degli altri paesi, giacca, cravatta e toni di grigio ministeriale, a segnalare sobrietà, scientificità, conti precisi, desiderio di venire incontro ai greci ma su basi serie; dall’altro un simpatico ma ormai noioso comiziante che insensatamente insiste a difendere la popolazione greca dall’ennesimo assalto alla baionetta euro-germanico orientato, per il bene di essa, ovviamente, a farla definitivamente fuori.
Riescono a capirsi, mi sono chiesto in tutto il periodo che ci separa dalla vittoria elettorale di Syriza, Varoufakis e gli altri ministri economici europei? Perché la questione è molto semplice, ma al tempo stesso si tratta di un confronto tra posizioni e linguaggi inconciliabili, dove magari alcune parole sono le stesse, ma significano cose completamente diverse. Come, per esempio, le parole “ripresa dell’economia”. Significa anche ripresa dell’occupazione e del benessere sociale, oppure, concretamente, il contrario?

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Atene e Roma in piazza: la nuova “Cosa Rossa” italiana

Ne sento da molti lustri di belle parole sul costruire la sinistra. Abbiamo un solo modo per fare in modo che questa volta non sia un’illusione. Non c’è più tempo, dobbiamo fare come spagnoli e greci, dare forma ad una forza politica: Syriza e Podemos sono adesso, non sono domani. Se non lo faremo la nostra generazione avrà fallito.

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Domenica, 08 Febbraio 2015 00:00

Lo Tsipras italiano

Chi sarà lo Tsipras italiano? Proviamo a mettere un annuncio su La pulce!

L’inguaribile provincialismo italiota si è ancora una volta manifestato con l’ennesima pratica del più italico degli sport: il salto sul carro del vincitore.
Questa gara è stata sicuramente vinta da Michele Emiliano sindaco Pd di Bari che ha dichiarato: “Quella di Tsipras è la vittoria della sinistra riformista. Chiunque, dall’ala massimalista di quella sinistra italiana votata alla sconfitta, tenta di appropriarsene, appare ridicolo”.
Seguono a ruota nella classifica del premio per Migliore faccia di bronzo: Matteo Salvini legaiuolo, Giorgia Meloni delle sorelle materassi d’Italia, un certo Civatolo (uno dei sette?), fuori classifica perché non italiana Marine Le Pen, la Santanché d’oltralpe.

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Lunedì, 02 Febbraio 2015 00:00

La Grecia di oggi e gli Stati Uniti del 1929

Come gli Stati Uniti uscirono dalla crisi del 1929

Ricordare come gli Stati Uniti operarono, attraverso la Presidenza Roosevelt, di fronte alla crisi del 1929 può forse aiutare perché, con le attuali sue politiche economiche e di bilancio, l’Unione Europea non riesca a uscirne, l’Italia ancor meno, strombazzature renziano-giornalistiche a parte, la Grecia abbia ragione anche economicamente, non solo a nome dell’uscita da una gravissima emergenza sociale. Può forse aiutare a capire, quindi, come solo attraverso il miglioramento delle condizioni di vita popolari e un intervento pubblico molto ampio e molto determinato nell’economia sia possibile bloccare recessione e deflazione e avviare una ripresa dell’economia che è vera, in quanto è anche ripresa vera dell’occupazione, e di un’occupazione ben pagata, stabile, difesa dallo stato, accompagnata da servizi sociali gratuiti, rispettata dai padroni.

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Nell’Unione Europea la linea di frattura politica determinata dalla crisi economica divide non tanto la destra dalla sinistra quanto i Paesi nordici da quelli mediterranei: per fare solo un esempio lampante, il governo socialdemocratico danese è assai più rigorista di quello conservatore spagnolo.

Le elezioni greche sono state dominate, come ovvio, dal tema europeo: persino le grandi divisioni di politica interna riguardavano in realtà l’Europa, essendo relative alla continuazione o meno di drastici tagli alla spesa. In assenza di una forte Europa politica, a livello sia di istituzioni sia di identità collettiva, i contrasti politici non riescono ad articolarsi in confronto tra posizioni pan-europee e si riducono a contrasti culturali, quasi etnici, tra sistemi nazionali distinti. (En passant, fatto che di per sé avvantaggia le formazioni di destra.)

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Mercoledì, 28 Gennaio 2015 00:00

A lezione dai greci

Il patto Anti-austerity ad Atene: la “lezione” della sinistra greca

Gli esiti delle elezioni in Grecia sono ormai palesi a tutti: ha vinto Syriza con più del 36 per cento dei voti, 149 seggi in parlamento. Ne servivano 151, per poter arrivare alla maggioranza assoluta e creare un governo monocolore: il giorno successivo alle votazioni Syriza ha bisogno di alleati. Dopo la chiusura del KKE sul piano delle alleanze è necessario cercare sostegno entro le forze politiche anti-austerity, quelle che non sono scese a patti con la Troika e alle quali Syriza ha sempre guardato come possibili interlocutrici (ricordando in ogni momento che alleanze con forze filo-austerity sarebbero state impraticabili). Quelle forze che hanno contrastato le politiche disastrose di Nuova Democrazia e dell’ormai quasi scomparso PASOK. Dopo tantissimi anni il partito di George Papandreou resta fuori dal parlamento: “Chiuso per sempre” si legge sulla porta del comitato elettorale del suo partito, dopo gli esiti delle votazioni nazionali, mentre Atene festeggia(e sullo sfondo di quella notte greca risuonano le note di “Bella Ciao”, mentre Alexis raggiunge i cittadini di Atene per il suo discorso post-elettorale).

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