Nuova legge elettorale: alcune riflessioni e un vademecum da un cittadino normale piuttosto stupito

 

Un cittadino normale di un paese normale, un cittadino magari non troppo educato sulle complessità tecniche dei sistemi di voto ma armato di buon senso e di un’idea piuttosto basilare di cosa si intenda per democrazia, si immagina che il sistema elettorale serva a costruire un parlamento che sia il più possibile rappresentativo delle diverse idee politiche diffuse nel paese.

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Il burocrate nero: il fallimento della politica sull’immigrazione del ministro Minniti

In queste ultime settimane di campagna elettorale, Matteo Renzi sta facendo girare come una trottola per l’intera penisola Marco Minniti, per sfoggiare i suoi risultati di Ministro dell’interno del governo Gentiloni. Applicando delle politiche e una chiara strategia voluta dal segretario nazionale del PD per trattenere l’elettorato di destra che, con la rinascita di Berlusconi e Forza Italia, sta tornando alla sua tradizionale collocazione dopo alcuni anni: uno dei tanti flussi elettorali che stanno fuoriuscendo dal Partito Democratico da tutte le direzioni politiche, la cui quantità sarà misurabile solamente dopo il voto. Dopo aver posizionato pedine (al momento) fedeli nei Collegi per reggere l’urto di una possibile sconfitta e schiacciare una minoranza infuriata, Renzi utilizza la ricetta Minniti contro l’incalzante quanto fomentato malcontento della popolazione italiana verso i rifugiati e migranti. Una ricetta basata su due pilastri fondamentali: il decreto sicurezza Minniti-Orlando (l’inserimento del nome del guardasigilli è una chiara mossa politica) e il Minniti Compact sull’immigrazione.

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Sabato, 20 Gennaio 2018 00:00

I fatti insegnano

Nella serata di venerdì 12 gennaio scorso l’assemblea lombarda degli aderenti a Libere/i e Uguali ha votato quasi all’unanimità (notabene) in quel di Cinisello Balsamo una partecipazione alle elezioni regionali separata dal PD. Molto opportunamente nei giorni precedenti erano venute meno le pressioni dal lato nazionale orientate invece all’accordo, ovviamente sulla base di una convergenza dei programmi. Tra i motivi dell’unanimità c’è stato anche, palesemente, il fastidio di compagne e compagni per il modo di queste pressioni, avendo esse sistematicamente evitato un confronto aperto a Milano o altrove in Lombardia tra figure nazionali e l’assemblea degli iscritti lombardi, o i loro delegati, benché continuamente da essi sollecitato. Non è vero quel che scrive il quotidiano del PD renziano e liberal-liberista la Repubblica, che dal lato nazionale non siano state assunte rivolte critiche e sollecitazioni ai lombardi, dato il loro evidente rifiuto dell’alleanza con Gori: tutt’altro. Accenno a tutto questo non per motivi polemici, oggi non solo inutili ma suscettibili di immettere code sgradevoli nel terreno più che necessario del riconsolidamento di reciproci rapporti di fiducia: ma perché è necessaria una discussione su cosa debba validamente comportare il ruolo dirigente. Nessuno, che io sappia, in Lombardia intende contestare quello attuale: anzi richiede che esso sia effettivamente dirigente, nei modi di esercizio di tale ruolo, inoltre perché allargato a quadri locali, a giovani, a donne, a figure di lavoratori dipendenti, ecc. È chiaro che tra i difetti che abbiamo vissuto c’è che il gruppo dirigente è tuttora, sostanzialmente, maschile e costituito da parlamentari.

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Mercoledì, 17 Gennaio 2018 00:00

A proposito di crisi della sinistra

Il 14 ottobre 1980 è una data fatidica e tragica per la storia della sinistra in Italia. Una di quelle che sono destinate, quasi per caso, a cambiare profondamente e quesi del tutto gli avvenimenti in un dato periodo storico. Vivendo in un paese con pochissima memoria, penso che molti compagni non abbiano ancora capito a cosa mi stia riferendo. Troppo presi a polemizzare tra piccoli partiti, correre a presso al nuovo miracolo che ci salverà tutti.

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Sull'affossamento dello ius soli

A 70 anni dall'entrata in vigore della Costituzione ci troviamo di fronte alla fine della XVII legislatura, a parere unanime di molti opinionisti di destra e di sinistra una delle peggiori se non la peggiore in assoluto.
Una legislatura iniziata con la celebre sentenza della Corte Costituzionale che dichiarò le Camere legittime soltanto per mantenere la “continuità dello Stato”. La ragion democratica avrebbe richiesto di procedere al voto seguendo il sistema elettorale che era venuto fuori dalla pronuncia.

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Lunedì, 01 Gennaio 2018 00:00

Il perché del no alla beneficenza

Il perché del no alla beneficenza

A Natale siamo tutti più buoni, ma il mondo che ci circonda è cattivo come al solito. Anzi, in questo periodo le situazioni tragiche sembrano ancora più tragiche. Forse sarà a causa del freddo che ci attanaglia e si fa sentire particolarmente mentre siamo a caccia di regali. O magari le luci del Natale mostrano ancora più chiaramente la miseria di coloro che vivono in strada e non hanno proprio nulla da festeggiare. Oppure semplicemente è una mania dei giornalisti andare a caccia, in questo periodo, di storie da "Libro Cuore" in cui il Buono, rappresentato dall'uomo qualunque, riesce a portare a un povero essere sfortunato un po' della magia del Natale, sotto forma di cibo, o un qualsiasi oggetto che riscaldi un po' la sua fredda esistenza.

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Mercoledì, 13 Dicembre 2017 00:00

Il ritiro di Gerry Adams e il futuro del Sinn Fein

Lo scorso 18 novembre, davanti all'Ard Fheis del partito, il quasi settantenne Gerry Adams ha annunciato il suo ritiro da presidente dello Sinn Fein, posizione da lui ricoperta per più di trent'anni. Nel breve discorso, che tra le altre cose descrive la brexit come «la più grave minaccia al popolo irlandese da generazioni» e critica duramente il governo dell'Eire e il primo ministro Varadkar accusandolo di thatcherismo, Adams ha parlato della necessità di trasformare la «cultura di resistenza» forgiata nei duri anni dei Troubles in una «cultura di cambiamento» in grado di accompagnare la crescita del partito, tanto nel Nord quanto nel Sud dell'Irlanda.

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Lunedì, 11 Dicembre 2017 00:00

La politica nell'era 2.0

La politica nell'era 2.0

Fare politica è un'attività vecchia come il mondo. Se si guarda il significato del termine si può leggere "scienza e tecnica, come teoria e prassi, che ha per oggetto la costituzione, l'organizzazione, l'amministrazione dello stato e la direzione della vita pubblica" (dizionario Google). Quindi si è iniziato a fare politica, ovviamente senza saperlo né dare questo nome alla propria azione, già nel momento in cui gli uomini hanno iniziato a vivere scientemente insieme.

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Sabato, 28 Ottobre 2017 00:00

Scimmie europee e uomini africani

Scimmie europee e uomini africani
quando la paleontologia si interseca con la politica

È notizia degli ultimi giorni la scoperta da parte di un team di paleontologi tedeschi di uno strano primate preistorico che secondo gli scopritori mostrerebbe singolari affinità con gli ominidi ominini e in particolare con i generi Ardipithecus e Australopithecus pur essendo molto più antico di tali fossili (9,7 milioni di anni, contro i circa 5 degli Ardipithecus e i poco meno di 4 degli Australopithecus). La scoperta sarebbe eclatante, non tanto e non solo perché retrodaterebbe di oltre quattro milioni di anni la comparsa di caratteristiche legate agli uomini, ma soprattutto perché sarebbe il primo ominino scoperto al di fuori del continente africano, e quindi metterebbe in discussione l’ormai consolidata teoria dell’origine africana della linea filetica che ha condotto all’essere umano. Tanto che ha iniziato a girare l’idea che questa scoperta “potrebbe riscrivere la storia dell’umanità”.

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Martedì, 03 Ottobre 2017 00:00

Logistica e lotta di classe: i pacchi di SDA

Logistica e lotta di classe: i pacchi di SDA

SDA (Speditori-Destinatari Autorizzati) è l'azienda di Poste Italiane per la gestione logistica. "Detiene una quota di mercato nella distribuzione dei pacchi intorno al 12% e "nel 2017 l'obiettivo è di raggiungere i 50 milioni di colli" (dati da il Sole 24 Ore del 29/09/2017). Il nome della ditta è noto a chi anche solo occasionalmente ordina qualcosa attraverso internet. Distribuzione e vendita a distanza delle merci sono sempre più al centro del "capitalismo del XXI secolo". Un cambio di appalto è al centro di una mobilitazione con al centro il SI Cobas, tra le realtà più attive in una galassia lavorativa eterogenea, in cui il terziario arretrato su cui poco si concentrano i riflettori del sistema di informazione. Ha fatto eccezione la morte di Abdesselem El Danaf, della ditta GLS, travolto - letteralmente - ed ucciso da un altro pezzo di questo settore economico, quello del trasporto su gomma, in cui si trovano forme di piccola impresa e partite IVA, dove si riscontra con evidenza cosa sia la "guerra tra poveri" (talvolta con sfumature di razzismo, a leggere i resoconti delle organizzazioni sindacali di questi ultimi anni).

Aggressioni, "volontari", impiegati formati velocemente per diverse mansioni rispetto a quelle per le quali sono stati assunti, interventi della questura: i metodi applicati dalle imprese per affrontare la dialettica con i lavoratori sono decisamente poco 2.0...

Al contempo è evidente il problema della frammentazione sindacale, con articolati rapporti tra le realtà "di base" e l'assenza delle sigle confederali in questo tipo di lotte. Si aggiunge un sistema di informazione poco attendo al tema e anzi spesso disponibile a criminalizzare il dissenso, cercando anche di diffamare i protagonisti della conflittualità sociale, come fu nel caso dei titoli eclatanti a gennaio 2017 sulla presunta corruzione di alcuni dirigenti SI Cobas nella logistica.


Niccolò Bassanello

Nella logistica, ad una indubbia centralità nell'odierno sistema economico fa da contraltare un complesso di relazioni industriali rimasto al capitalismo selvaggio del primo XIX secolo. I loschi figuri inviati a pestare gli scioperanti sono gli ultimi di una serie di fatti simili, tra vigilantismo prezzolato e crumiraggio violento, che hanno lasciato sul terreno anche un morto. La furia senza scrupoli degli strike breakers di ventura e di chi li assolda dimostra abbastanza chiaramente il potere che la pratica dello sciopero continua ad avere. I lavoratori, spesso stranieri in condizioni di ricattabilità, che si ribellano a condizioni inumane rifiutando il lavoro riescono a far paura. L'unità sindacale con i confederali, a cui spetta una buona fetta di responsabilità per il peggioramento devastante di salari e condizioni in tutti i settori, non è granché utile né auspicabile, se vuol dire ridurre le lotte alla palude del compromesso concertativo.

Ciò che sarebbe necessario è semmai un salto di qualità. Le lotte della logistica avrebbero bisogno da un lato di unirsi ad un movimento generalizzato, dall'altro lato di trovare un referente politico classista e credibile (e questo già di per sé esclude i D'Alema e i Pisapia). Merce rara, nell'Italia degli appelli unitari e degli intellettuali di micromega.


Alex Marsaglia

È sconcertante assistere a ciò che accade nel settore più avanzato dello sfruttamento di classe. È da un po' che ne seguiamo le vicende, nonostante sia sempre più difficile stupirci per ciò che accade. A un anno dall'assassinio di Abd Elsalam Ahmed Eldanf lo scontro tra il padronato e gli operai che lavorano nella catena di sfruttamento costruita attorno al mercato della logistica non accenna a diminuire.
L’USB di Melfi, in solidarietà ai facchini SDA di Carpiano ha indetto un’ora di sciopero in tutto lo stabilimento FCA. Nel comunicato si capisce da subito la gravità della situazione laddove si avvisa come non vi sia più spazio per chiedere alle "istituzioni di intervenire per fare giustizia", poiché "la realtà è che i veri responsabili di quanto accade oggi in Italia sono da cercare proprio nelle istituzioni”.

A scoprire le carte è il celebre senatore PD Stefano Esposito che nei giorni scorsi ha chiesto nella Commissione Trasporti del Senato un’audizione urgente dei vertici di Poste. Lo sciopero degli unici sindacati di classe sopravvissuti in questo paese, cioè quelli di base, sta portando una forte preoccupazione proprio dentro le stanze del potere. Questo governo aveva infatti notevolmente investito su un esercito industriale di riserva da mobilitare per abbattere i diritti dei lavotatori e ora se lo vede rivoltarsi contro, ponendo a rischio appalti fondamentali come quello con Amazon, facendo fioccare penali di non poco conto. Abbassare il livello conflittuale dei lavoratori diventa un imperativo per il governo stesso che però si è impegnato a livello politico proprio per incrementarla. Il rompicapo per gli azzeccagarbugli piddini è impossibile da sciogliere poiché schiacciati da un meccanismo più grande di loro che gli impone di fare una politica degli appalti al massimo ribasso incrementando le condizioni di difficoltà dei lavoratori. Il cambio d'appalto che ha interessato per ultimi i facchini dell'SDA di Carpiano è semplicemente lo strumento per esercitare tale compressione salariale che consente di incrementare l'estrazione di plusvalore. Queste condizioni inevitabilmente incrementano malcontento che porta ad un facile innesco di rivolte e scioperi. Infatti, la conflittualità nel mondo della logistica è ormai elevata da anni. Il vero rompicapo per chi è ancora interessato alla lotta della classe operaia semmai è come coagulare tali forze per estendere il movimento di protesta, innescando solidarietà verso tale lotta.

Resta un dato di fatto di non poco conto: con le lotte operaie nella logistica la catena del valore viene colpita nel suo punto più fragile, ossia laddove l'esercito industriale di riserva viene reclutato per trascinare nel baratro della precarietà e della miseria la più ampia massa di lavoratori. Insomma è la chiave di volta che consente di portare a compimento pauperizzazione e sfruttamento anche di lavoratori non direttamente interessati dalle vertenze. Per fronteggiare tali movimenti la legalità borghese viene ampiamente aggirata ricorrendo persino alle squadracce e alle aggressioni dirette. L'impunità è la regola. Le trappole all'ordine del giorno.

Il compito storico resta scoperchiare il vaso di Pandora e rivelare al proletariato di questo Paese come dai bassifondi del mercato del lavoro si parta per destrutturarne sempre di più le fondamenta. Sostenere chi non accetta più di ridursi a carne da macello per sopravvivere è l'unica via per un reale avanzamento dei diritti del lavoro e nella logistica abbiamo una rilevante concentrazione di massa in grado di porsi effettivamente come forza d'impatto.


Dmitrij Palagi

La logistica non è solo un dettaglio organizzativo. Modifica l'organizzazione produttiva e concorre a definire i cambiamenti della geografia del potere (politico, non solo economico). Raramente il sistema di informazione si occupa dei meccanismi alla base della nostra società, confermando l'idea di un'ipocrisia di fondo della nostra società, incapace di interrogarsi sulle implicazioni di uno sconto presentato come "spese di spedizione gratuite". Il fascino della consegna di un prodotto in giornata, l'impulso ad un servizio personalizzato come quello di Amazon, la possibilità di tracciare il pacco... Lo sfruttamento è alla base della nuova società globalizzata e molti sono i settori in cui le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori si allontanano dalle conquiste del Novecento. Vanno in avanzi i servizi al consumatore, si riducono i diritti del lavoratore.

Nell'ambito della manodopera a bassa specializzazione si paga cara la disattenzione della società. L'organizzazione delle vertenze appare frammentata tra la galassia di sigle extraconfederali e spesso si fatica a comprendere quali equilibri separano un'organizzazione da un'altra (anche se sbaglia chi riduce tutto a banali vicende personali). Non mancano tratti inquietanti rispetto ai "piccoli padroni" (come vengono chiamati i proprietari di furgoni o camion impegnati nel settore del trasporto) o a veri e propri scontri interni alla classe lavoratrice.

Verso la logistica l'atteggiamento diffuso è analogo a quello dei settori progressisti rispetto all'emisfero sud del mondo: qualcuno lo studia con grande attenzione, qualcuno si commuove intorno ad un caso di cronaca, altri preferiscono non guardare. La politica dovrebbe occuparsi in primo luogo dell'economia, essendo oggi il rapporto economico tra i determinanti dell'organizzazione sociale. La logistica è l'ambito prioritario. Però anche in questo ambito la sinistra europea appare drammaticamente assente.

Almeno un paio di titoli consigliati per approfondire: Logistica (Giorgio Grappi, Ediesse, 2016) e Il capitalismo delle piattaforme (Benedetto Vecchi, il manifesto, 2017).


Jacopo Vannucchi

Lo sciopero dei facchini SDA pone in luce tre problemi: l’assenza dei sindacati confederali, i contrasti tra i vari sindacati di base, l’organizzazione produttiva basata sull’esternalizzazione. Quest’ultima è stata introdotta nell’ordinamento italiano come lavoro interinale nel 1997, con il voto favorevole anche di Rifondazione, dal Governo Prodi del rimpiantissimo (dall’allora ministro Bersani, quello che ora chiede l’articolo 17 e ½) Ulivo. Tale tipologia di lavoro in primo luogo applica ai lavoratori un CCNL specifico e distinto quindi dal settore produttivo al quale gli stessi vengono somministrati; in secondo luogo i lavoratori somministrati entrano in concorrenza salariale con i lavoratori del settore; in terzo luogo esiste la concorrenza tra le singole agenzie di somministrazione. Si aggiunga la sostanziale impossibilità di programmazione economico-familiare.

Nel regime lavorativo c.d. post-fordista i sindacati di massa hanno avuto e hanno enormi difficoltà a trovare un proprio insediamento. Ne risulta uno scollamento che manda alla deriva entrambi i soggetti del lavoro: da un lato, tra i sindacati cresce in modo abnorme il peso (numerico, quindi politico!) dei pensionati; dall’altro, i lavoratori (sempre meno qualificati) restano privi di tutela da parte di soggetti con struttura e riconoscimento nazionale. I sindacati di base non riescono a coprire questo vuoto e anzi replicano le medesime mancanze del sistema in cui agiscono, massime la concorrenza intestina. Lo si è visto nel caso SDA in cui una delle due sigle di base ha proclamato lo sciopero dopo che l’altra aveva firmato l’accordo che prevedeva la continuità contrattuale per i lavoratori a seguito del cambio di subappalto.

Da un lato, l’eclatante caso di Ryanair (settore del tutto diverso, ma medesimo principio ispiratore: massimizzazione del profitto tramite la compressione del costo del lavoro) mostra che la ricerca del profitto alla giornata, lasciando da parte i nodi dello sviluppo, tira prima o poi la corda. Dall’altro lato, si sconta l’assenza di un soggetto (sindacale, politico, istituzionale) oggettivamente in grado di farsi carico di questo sviluppo mancato e dirigerlo. Una simile direzione richiederebbe del resto un’uniformità internazionale e un uso di risorse pubbliche tale da essere possibile solo a livello Ue.


Alessandro Zabban

I ceti dominanti stanno vincendo la lotta di classe a danno dei subalterni. L’aspetto ideologico e di interiorizzazione di certi valori aziendalistici ha un peso enorme nello squilibrare il rapporto di forze. Ma ancora più a monte stanno elementi strutturali che hanno a che fare con la riorganizzazione del processo produttivo e di distribuzione della merce. Lo sciopero dei lavoratori SDA ma anche di quelli degli aeroporti toscani mostrano come le logiche della specializzazione flessibile abbiano frammentato e scomposto ogni processo lavorativo che si basa sempre più su un sistema enorme di esternalizzazioni e subappalti che parcellizzano e flessibilizzano la filiera produttiva e con essa anche la vita di chi lavora nel settore che si trova in balia di una concorrenza spietata che peggiora drasticamente le condizioni contrattuali contraendo i salari, flessibilizzando gli orari e precarizzando il lavoro.

Ovviamente questo tipo di organizzazione non permette solo di abbassare il costo del lavoro o di deresponsabilizzare le grandi imprese, ma favorisce anche una maggiore capacità di penetrazione delle attività criminali e lavoro nero. Per i proprietari il guadagno però è anche politico, dal momento che la scomposizione lavorativa rende molto più difficile innescare quelle dinamiche di solidarietà di classe che erano invece favorite dall’ambiente della fabbrica fordista. Lo scontro violento a Milano fra i facchini picchettatori e i corrieri, i quali non guadagnano nulla se non si muove la merce (la diffusione di contratti a cottimo è ormai la normalità) sequestrata dagli scioperanti, mostra ancora una volta che la guerra fra poveri è il prodotto di un sistema organizzativo specificamente disegnato per accrescere i profitti e diminuire la forze delle rivendicazioni dal basso mettendo gli strati meno abbienti l’uno contro l’altro. Frammentazione lavorativa si accompagna a frammentazione sindacale che non solo, come si è visto, si concretizza in una dialettica fra sindacati di base e di categoria ma che si sviluppa anche all’interno degli stessi sindacati di base, indebolendo ancora di più le risicate forze degli scioperanti.

Eppure, nonostante tutti i limiti strutturali che abbiamo sopra descritto, nonostante le contromosse padronali, lo sciopero continua a fare paura e soprattutto, nonostante la retorica della digitalizzazione e del “fare tutto con un click” ha ancora la capacità di creare scompiglio, di minacciare seriamente i profitti delle imprese e la loro stessa sopravvivenza. Il meccanismo organizzativo capitalista non è del tutto privo di falle e lo sciopero non è quella forma di lotta anacronistica e superata come molti, anche a sinistra, hanno voluto pensare. La grande sfida resta quella di saper reagire alla riorganizzazione logistica del capitale con una riorganizzazione delle lotte su base solidaristica.

Immagine liberamente tratta da http://www.cxlogistics.com.sg/services/logistic-service/

Pubblicato in A Dieci Mani

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