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Mercoledì, 06 Marzo 2013 00:00

Il Giappone dopo il disastro - Intervista a Kasai

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Akira Kasai Akira Kasai

Intervista all'onorevole Akira Kasai, membro della Camera dei Rappresentanti, Vicepresidente della Commissione Politica e componente dell'Esecutivo del Partito Comunista Giapponese

1) Il grande terremoto del marzo 2011 che ha colpito il Giappone ha impressionato il mondo, a due anni di distanza a che punto è la ricostruzione? In che condizione si trova l'economia delle aree colpite?

Il terremoto e lo tsunami hanno lasciato più di 18.000 vittime (includendo anche quanti sono morti in seguito al disastro) ed oltre 2.700 persone risultano disperse. Per quanto riguarda i danni agli edifici risultano totalmente distrutte circa 130.000 case, quelle ufficialmente dichiarate come “semi-distrutte” sono 270.000 e quelle “parzialmente distrutte” 730.000. Attualmente ci sono più di 320.000 persone che vivono in case temporanee.

La catastrofe all'impianto nucleare n. 1 di Fukushima ha causato l'evacuazione di 156.000 persone che sono state costrette a lasciare la propria città a causa della grave contaminazione radioattiva. Oggi, a due anni da quel disastro, le aree colpite sono molto lontane dall'essere “ricostruite”. La gran parte delle vittime della catastrofe non sono in grado di vedere alcuna prospettiva di ricostruzione delle proprie case. Anche se alcune misure sono state prese per far ripartire le attività lavorative che sostenevano le vittime ciò è avvenuto ad un ritmo estremamente lento. I pilastri delle industrie locali, agricoltura e pesca, sono a metà della ricostruzione, con solamente il 40% dei terreni agricoli coltivati e con il pescato che raggiunge i due terzi del livello pre-disastro.

2) Come giudichi le politiche del governo in merito alla ricostruzione economica e civile delle aree colpite? In questo campo quali sono le principali proposte del Partito Comunista Giapponese?

Gli inadeguati sforzi per la ricostruzione del governo minacciano le vite ed i mezzi di sostentamento delle vittime del disastro. Un'importante quantità di denaro destinata alla ricostruzione è stata distolta per finalità non legate a tale scopo dalle diverse branche dell'esecutivo. Ciò rivela la sciatteria degli sforzi per la ricostruzione compiuti dal governo. Il PCG ritiene che il governo debba cambiare il proprio atteggiamento di fondo e le proprie politiche in merito agli sforzi per la ricostruzione.

Primo, il governo dovrebbe smettere di insistere su un obsoleto “principio” secondo il quale non si supporta la ricostruzione delle case colpite, dei negozi e delle imprese basandosi sul fatto che il governo deve evitare di “finanziare l'accumulazione di proprietà degli individui”. Questo è il più grande ostacolo alla ricostruzione complessiva. Il governo dovrebbe aiutare la ricostruzione prima di tutto delle vite delle vittime del disastro, delle loro case e dei loro mezzi di sussistenza, attraverso la spesa pubblica e come questione di massima priorità.

Secondo, il governo dovrebbe estendere il proprio supporto a tutte le vittime ed a tutte le imprese colpite in maniera equa, e non imporre al fine di ricevere i fondi per la ricostruzione un arbitrario standard, discriminando i potenziali beneficiari sulla base delle dimensioni aziendali o della “competitività”. Il PCG ritiene sia necessario introdurre un sistema per fornire i fondi per la ricostruzione diretto a quelle piccole e medie imprese disposte a far ripartire la propria attività.

Terzo, attualmente diverse misure di assistenza sono state implacabilmente interrotte con il pretesto che esse erano unicamente di carattere temporaneo. Queste misure debbono invece continuare date le gravi condizioni di vita delle vittime causate dalla lenta ricostruzione e da una prolungata fase di evacuazione. Il governo centrale deve essere responsabile della continuazione dell'assistenza medica ed infermieristica per le vittime a costi ridotti. Il governo deve prendere misure al fine di permettere ai residenti delle case temporanee di poter rimanere in quelle abitazioni fino alla costruzione delle case definitive, estendendo l'iniziale limite previsto di tre anni.

3) L'incidente avvenuto alla centrale nucleare di Fukushima ha allarmato milioni di persone nel mondo, ed in Italia dato un contributo decisivo alla vittoria del referendum contro l'energia nucleare. Attualmente qual'è la situazione a Fukushima? Come giudichi gli interventi della TEPCO e dell'Agenzia nazionale per la Sicurezza Nucleare?

Vaste aree della Prefettura di Fukushima sono contaminate dalle emissioni radioattive causate dall'incidente avvenuto all'impianto nucleare n. 1. Gli evacuati dentro e fuori dalla Prefettura non hanno alcuna prospettiva di ritorno alle proprie case o di ricostruire le proprie attività economiche a Fukushima. Anche se le persone anziane vogliono tornare, le giovani generazioni non vogliono a causa dei rischi per la salute, ciò turba le relazioni familiari.

La decontaminazione è ancora ad uno stadio preliminare. Secondo il governo della Prefettura le case che necessitano di decontaminazione sono stimate in 600.000. Finora soltanto 10.000 di esse sono state decontaminate. La decontaminazione di campi e risaie non è ancora avvenuta. Punto cruciale è poi la scandalosa dichiarazione del governo del dicembre del 2012 che descrive la situazione come “sotto controllo”. Essa stata utilizzata come comodo pretesto per ridurre le compensazioni. Il PCG chiede al governo di ritrattare tale dichiarazione e invita governo e TEPCO a promuovere risarcimenti per le vittime, ampliare gli sforzi per la decontaminazione e ad aiutare le persone colpite a rifarsi una vita.

Anche se il disastro nucleare alla centrale n. 1 di Fukushima è avvenuto durante il governo del Partito Democratico, il Partito Liberal-Democratico - tornato al potere lo scorso dicembre - ha proprie responsabilità per l'incidente nucleare. I governi PLD dalla metà degli anni '50 hanno promosso la produzione di energia mediante il nucleare. Fin dall'inizio il PCG si è fortemente opposto alle centrali nucleari: la tecnologia nucleare è intrinsecamente imperfetta, non abbiamo possibilità di smaltire il combustibile nucleare esaurito; le agenzie regolatrici sono colluse con rami del governo che promuovono la produzione di energia nucleare, incapaci di far rispettare seriamente gli standard di sicurezza; inoltre l'attività delle centrali nucleari in Giappone, un Paese soggetto a terremoti e tsunami è particolarmente pericolosa.

Nel 2006 Hidekatsu Yoshii, deputato comunista alla Camera dei Consiglieri (la camera alta) segnalò al governo che se un terremoto od uno tsunami avesse colpito la centrale di Fukushima la fornitura elettrica necessaria al funzionamento dell'impianto si sarebbe interrotta provocando una fusione del nocciolo. Tuttavia il governo - allora guidato da Shinzo Abe - non ascoltò l'avvertimento di Yoshii e la sua richiesta al governo di istituire immediate misure di prevenzione, insistendo sul fatto che il governo aveva assunto adeguate precauzioni di sicurezza. Il PLD è in gran parte responsabile del disastro conseguente alla fusione del nocciolo a causa della propria cieca fiducia nel “mito della sicurezza nucleare”.

Per quanto concerne le agenzie di regolamentazione del nucleare, in Giappone esse non sono degne di essere così definite. Il PLD, tornato al potere lo scorso dicembre, sta cercando di far ripartire le centrali nucleari la cui attività venne sospesa dopo l'incidente di Fukushima (due centrali sono già state riattivate dallo scorso governo). Il governo sta tentando anche di costruire una nuova centrale. L'Agenzia Regolatrice per il Nucleare, ricostituita dopo il disastro di Fukushima, ha in programma di annunciare una nuova serie di “regole di sicurezza” pur in assenza di un esame approfondito delle cause dell'incidente avvenuto a Fukushima. Il PCG si adopererà per fermare il tentativo del governo di riattivare le centrale nucleari la cui attività è stata sospesa o di costruirne di nuove basate su fallaci “standard”, una riproposizione del vecchio “mito della sicurezza nucleare”.

4) Il Partito Comunista Giapponese è contro l'energia nucleare, attraverso quali politiche energetiche pensate sia possibile uscirne? In quanto tempo?

Il PCG chiede al governo una immediata decisione politica per l'uscita dal nucleare basata sulle seguenti ragioni:

a) Una volta avvenuto un incidente ad una centrale nucleare il materiale radioattivo viene immesso nell'ambiente, il danno si diffonderà in maniera non determinabile in termini di estensione, tempo e conseguenze sociali. Tuttavia, gli esseri umani non dispongono di alcun mezzo per recuperare e contenere tali emissioni. Ciò rappresenta un eccezionale pericolo associato alle centrali nucleari. La strada più sicura per evitare il ripetersi di disastri come quello di Fukushima è quella di un'uscita dalla produzione di energia dal nucleare.

b) I rifiuti nucleari continueranno ad accumularsi fino a quando le centrali saranno operative in quanto non è ancora stata sviluppata una tecnologia per mettere in sicurezza il combustibile nucleare esaurito. Attualmente tale combustibile viene stoccato in piscine situate all'interno delle centrali. Se le centrali continueranno ad operare tali piscine saranno riempite di combustibile esaurito. Sia negli impianti per il trattamento di questo combustibile che negli impianti autofertilizzanti (che utilizzano tale combustibile trattato) si sono riscontrati frequenti problemi e tali strutture non hanno raggiunto un effettivo funzionamento. Inoltre lo smaltimento dei rifiuti ad alta radioattività, prodotti dagli impianti per il trattamento, è estremamente difficile. Dovremmo smettere di creare questa pericolosa eredità che pesa sulle future generazioni.

c) Le centrali la cui attività è stata sospesa non dovrebbero essere riattivate in quanto l'indagine sull'incidente di Fukushima non è ancora terminata. Le compagnie elettriche hanno minacciato un possibile blackout causato dalla inattività delle suddette centrali, tuttavia anche durante un'estate particolarmente calda come quella dell'anno scorso la fornitura elettrica si è rivelata adeguata pur in assenza dell'energia prodotta da quelle centrali.

d) i sondaggi mostrano come la maggioranza dell'opinione pubblica sia favorevole all'eliminazione di tutte le centrali nucleari. L'ottanta per cento delle osservazioni scritte circa il futuro del nucleare presentate dall'opinione pubblica su richiesta del governo chiedono l'immediato spegnimento di tutte le centrali. Riteniamo che debbano essere promosse al più presto le energie rinnovabili e che si debba andare verso una società a basso consumo di energia.

Anche se sarà necessario ricorrere all'energia termica nella transizione per l'uscita dal nucleare, il periodo sarebbe compreso tra i cinque ed i dieci anni. Per promuovere fortemente le rinnovabili occorre inoltre riorganizzare la rete elettrica di modo che varie fonti di energia siano in grado di soddisfare le necessità dei cittadini.

L'introduzione su larga scala delle energie rinnovabili aumenterà il tasso di autosufficienza energetica del Giappone. Rappresenterebbe inoltre un'opportunità per cambiare a fondo la struttura economica del Paese. La produzione di energie rinnovabili è un'industria basata sulla comunità che da maggiore lavoro e sviluppo alle economie locali rispetto al nucleare. (In Germania le imprese legate alle centrali nucleari impiegano 30.000 persone mentre quelle legate al settore delle rinnovabili 380.000). Quanto invece alla promozione di una società a basso consumo di energia elettrica essa rappresenterebbe una società amica dell'ambiente e dell'umanità. E' possibile accelerare lo sviluppo di nuove ed innovative tecnologie.

Il Partito Comunista Giapponese ritiene che unicamente uscendo dalla produzione di energia nucleare spostandosi verso una produzione da fonti rinnovabili il Giappone possa tornare su un terreno di crescita economica sostenibile.

Si ringrazia per la collaborazione il Dipartimento Relazioni Internazionali del Partito Comunista Giapponese

Ultima modifica il Martedì, 05 Marzo 2013 23:04
Roberto Capizzi

Nato in Sicilia, emiliano d'adozione, ligure per caso. Ha collaborato con gctoscana.eu occupandosi di Esteri.

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