La politica estera come terreno esplosivo pericolosissimo delle difficoltà di riadattamento alla realtà mondiale da parte USA
Riflessione generale pessimista ormai obbligata

Il titolo e l’inizio di quest’articolo si limitano a segnalare un problema non di oggi ma ormai acuto della gestione politica degli Stati Uniti, non solo di quella estera ma anche di quella interna. La parte di superpotenza politica mondiale basata sulla superpotenza economica e militare e, conseguentemente, con licenza di uccidere sta volgendo da tempo al declino. Alla fine della seconda guerra mondiale gli Stati Uniti realizzavano il 40% del PIL mondiale, oggi sono sì e no al 20. Il crollo dell’Unione Sovietica e il collasso della Russia fecero sperare agli Stati Uniti che la prospettiva fosse un mondo unipolare, ma ciò fu presto contraddetto dall’emergenza cinese e, a ruota, di altre grandi realtà della ex periferia capitalistica, tra le quali la stessa Russia. Né l’Europa occidentale, paralizzata economicamente e politicamente da un tentativo egemonico tedesco incapace di egemonia e privo di forza militare, è palesemente in grado di integrare la forza degli Stati Uniti (come mostrano chiaramente le mezze guerre a Libia e Siria, cioè due impressionanti autoreti, e l’incapacità di esistere nella crisi medio-orientale e dinanzi al conflitto Russia-Ucraina, e come Obama appare ormai obbligato a registrare).

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Di Marco Fantechi

Si muovono i contrari

Non è ancora asciugato l'inchiostro delle firme sul testo dell'accordo tra Iran e Consiglio di Sicurezza dell'ONU, che introduce possibilità diplomatiche, all'interno di uno scacchiere mediorientale sconvolto da conflitti che durano da oltre mezzo secolo, che si stanno muovendo tutti i poteri contrari.

- Negli USA i parlamentari stanno vagliando l'accordo e i settori repubblicani, maggioranza nel Congresso, si muovono per respingerlo, sensibili alle pressioni delle lobby israeliane (già nel marzo 2015 hanno invitato a il premier reazionario israeliano Benjamin Netanyahu a parlare nel Parlamento, contro il parere di Obama) e a quelle degli stati del Golfo. L'area più oltranzista punta a farlo respingere, per costringere Obama a mettere il veto presidenziale sul voto parlamentare e loro incassare un dividendo elettorale nelle prossime elezioni presidenziali.

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Di Marco Fantechi

19 luglio 2015: viene sottoscritto accordo internazionale su impianti produzione energia nucleare in Iran. Dopo 21 mesi di trattative tra Iran e membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell' O.N.U. : USA - G.B.- Francia - Russia - Cina e Germania (non permanente) con partecipazione di Unione Europea e Agenzia Internazionale Energia Atomica (AIEA) si è arrivati ad un accordo.

I punti principali sono:

- Rifiuto da parte dell'Iran di produzione armi nucleari
- Ispezioni AIEA in tutti gli impianti
- Riduzione scorte uranio a 300 Kg
- Riduzione centrifughe di 2/3
- Utilizzo centrifughe di prima generazione (ir-1)
- Arricchimento uranio solo fino a soglia 3,67 %

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Venerdì, 23 Gennaio 2015 00:00

Marziani in guerra

Occidente

Tra i già numerosi mantra autorassicurativi in genere cretini che l’Occidente si è inventato dinanzi agli attacchi in casa propria da parte di militanti ISIS e al Qaeda ci sono ora l’alleanza con i governi islamici “moderati” e l’urgenza del compattamento con l’Occidente di tutte le realtà medio-orientali a esso legate, in modo da effettivamente riuscire a spuntarla in Siria e in Iraq, cioè nei teatri fondamentali di guerra. Ma a pochi giorni dalle stragi di Parigi si sono verificati pressoché contemporaneamente più fatti che attestano come l’Occidente continui a evitare con grande cura la constatazione della realtà effettiva delle cose, e come altrettanto accuratamente si stia dando la zappa sui piedi.

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Martedì, 04 Novembre 2014 00:00

La sinistra assente di Domenico Losurdo

Domenico Losurdo è un filosofo italiano, con un passato da docente presso l'Università di Urbino (oggi è in pensione) e un corposo numero di pubblicazioni facilmente reperibili e rintracciabili attraverso Wikipedia. La precisione e chiarezza delle sue argomentazioni accompagna una militanza mai celata nel campo del comunismo italiano. Non è un caso che la presentazione del suo ultimo libro, La sinistra assente, si colleghi, a Firenze, alla presentazione di un appello per la ricostruzione di un soggetto marxista e di classeAnziché recensire il volume abbiamo tentato di riassumerne alcuni concetti chiave con un'intervista all'autore che qui vi proponiamo.

1) Nel suo libro si affronta il tema della sinistra in chiave globale. Accenna alla situazione specifica italiana solo nel ricordare le infelici posizioni di Camusso e Rossanda a ridosso dell'intervento militare in Libia che ha abbattuto Gheddafi. La pubblicistica contemporanea ci aveva abituati a concentrarci sulle diseguaglianze economiche e sugli errori, o le debolezze, dei gruppi dirigenti della sinistra italiana, o al massimo europea. Può riassumerci le motivazioni di questa scelta argomentativa?

Noi oggi, per quanto riguarda l'occidente capitalistico, assistiamo ad un gigantesco processo di redistribuzione del reddito a favore delle classi più ricche e privilegiate. Ma questo viene ammesso in qualche modo da molti autori, non è un elemento nuovo. Il punto centrale nell'analisi del libro è invece questo: noi siamo in presenza, se diamo uno sguardo a livello mondiale, non di uno, ma di due processi di redistribuzione del reddito, tra loro contrapposti.

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Anche stavolta l’istituto Stensen propone a Firenze un incontro di grande interesse e attualità. L’idea è quella di parlare di medio oriente e di mondo islamico al di là dei luoghi comuni e delle facili semplificazioni. Per adempiere a questo difficile compito sono stati invitati due esperti sul tema: Emma Bonino, leader storico del movimento radicale e Domenico Quirico, giornalista de La Stampa e autore di “Primavera Araba”.

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Mercoledì, 06 Agosto 2014 00:00

Ombre fondamentaliste in Medio Oriente

Il mondo occidentale guarda quasi indifferente all’inarrestabile crollo dell’Iraq e del vecchio Medio Oriente che si sgretolano sulla mappa insieme alla Siria di Bashar Assad e alla Libia delle mille e duecento milizie, dove in Cirenaica è stato proclamato l’Emirato di Bengasi”. A scriverlo è Alberto Negri, lucida firma del Sole 24 Ore, il 5 agosto 2014.

L’Italia è un paese centrale per il Mediterraneo e, piaccia o meno, l’importante risultato alle europee ha rafforzato le possibilità per il governo di Renzi di giocare un ruolo di primo piano nello scenario internazionale, a partire da quello europeo. La cosa più probabile però è che la politica italiana risponderà al massimo con le facce contrite dei parlamentari che esprimono preoccupazione per i bambini morti in Palestina o qualche agitata dichiarazione sull’isolamento italiano in Libia.

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L'uomo vestito di nero che vedete nella foto dell'articolo è il militante dell'ISIS a cui è stato dato il compito di acclamare la nascita del nuovo Califfato in Iraq. Bandiera nera al vento, AK 47 in pugno e tanto fiato nei polmoni per gridare a tutta l'Ummah (la comunità islamica) che quelli degli accordi di Sykes Picot, firmati all'indomani della prima guerra mondiale e che sancirono la fine dell'Impero Ottomano e la nascita degli stati del Medio Oriente come li conosciamo noi (più o meno), saranno solo i primi confini che loro, guerriglieri impegnati nella diffusione della parola di Allah, infrangeranno.

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In vista dell'iniziativa "C'era una volta il Medio Oriente", organizzata per il 28 ottobre (qui la locandina). Intervista a Niccolò De Scalzi: interessato alla politica estera americana, agli equilibri mediorientali e al rapporto tra guerra e nuove tecnologie, è presidente dell'associazione Meridiani - Relazioni Internazionali e  junior member del Centro di Studi Strategici e Internazionali dell'Università di Firenze. Per l'intervista a Limes clicca qui.

1) Prima l'Egitto e poi la Siria hanno riacceso i riflettori sull'altra sponda del Mediterraneo, rimettendo al centro delle cronache anche televisive gli stati nazionali. Con riferimento agli sviluppi siriani, quali differenze segnano la distanza tra il nuovo millennio e il secolo scorso? In particolare sembra incrinarsi o rafforzarsi il mito del "superamento degli stati nazionali"?

Trarre lezioni generali da casi particolari è un esercizio molto rischioso nel campo delle relazioni internazionali. Quando parliamo di fattori che possono

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Di ritorno da Libano e Siria

Mussalaha significa, in arabo, riconciliazione, fra parti che si contrappongono anche in armi. All’opposto, musallaha significa lotta armata e musallahin uomini armati. Un po’ come salàm significa pace e àlam dolore, e la guerra non è sinonimo di dolore?

In Siria esistono molti musallahin fra i quali circa 50mila combattenti stranieri provenienti da oltre venti paesi, attirati sulla via di Damasco chi dalla remunerazione (Qatar e Arabia Saudita principali datori di lavoro) chi dalla prospettiva del paradiso con fiori e ragazze, chi dal sogno di un emirato universale. Ma in Siria esistono anche molti “combattenti disarmati per la pace”, molti mussalahin! E in sostegno alla mission impossible di questi attori del dialogo – religiosi e laici – una delegazione di pacifisti ed esperti di soluzione dei conflitti si è recata in Siria, guidata dalla premio Nobel per la pace nord-irlandese Mairead Maguire.

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