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Martedì, 21 Aprile 2015 00:00

Anime senza confini

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Anime senza confini.

Se voi avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri.
Don Lorenzo Milani

Il mare è una risorsa. Lo è sempre stato fin dall’antichità, la forza e la potenza di grandi imperi si è sempre misurata, nel bene e nel male, con l’affinità “marittima”. Il mare non è e non era solo il mezzo per cui merci passavano da una sponda a un' altra o da un continente a un altro; il mare è vita perché dal mare arrivavano uomini, idee e nuove speranze. Le isole poste per volontà “geologica” in mezzo al grande specchio blu hanno avuto da sempre la funzione di ponte e il mediterraneo, grande casa dell’umanità di ponti ne ha avuti tanti. La Sicilia, La Sardegna, La Corsica, Creta, Cipro e le mille isole minori, i mille arcipelaghi sparsi. Frammenti di terra posti li quasi a simboleggiare la continuità della vita in mezzo al calpestabile.

Il paradosso dei paradossi, il Mediterraneo simbolo della vita; è ormai diventato un simbolo della morte.
Una morte lenta, subdola ma che arriva, ti coglie alle spalle come un’onda di tempesta ecco cosa è diventato quello specchio d’acqua, largo appena 3700 km. La storia dei barconi affondati tra le braccia di questo bacino ormai è diventata quasi un’allegoria della nostra società. Muta, sorda indifferente verso chi scappa e fugge provando coraggiosamente a sfidare le onde del mare per garantirsi un futuro migliore.

Tralascio la parte legata alle demagogie, le campagne elettorali si fanno sui temi e non sulle bare come fa l’”impavido” Matteo Salvini, è giusto però concentrarsi sulla portata degli eventi, di questi eventi ormai fin troppo vissuti come una routine quotidiana, scanditi dalla solita litania, “che terribile tragedia, ma noi cosa possiamo fare?”.

Ecco fare, verbo cruciale quando si parla di solidarietà. Commentare un evento su un social network a tavola mentre si guarda il notiziario delle venti, non cambierà mai nulla è chiaro. È necessario partire dalle basi perché è questo che forse manca. L’idea che l’Europa sia una fortezza è giunta veramente a poche persone. La stragrande maggioranza pensa che non è necessario nessun corridoio umanitario, che i barconi devono essere affondati o che vanno addirittura respinti (la lectio di Salvini a riguardo è a dir poco nazistoide). Nessuno ha forse mai pensato che questa povera gente è costretta a restare nei paesi dove sbarca senza volerlo, nessuno ha mai pensato che a causa del maledettissimo regolamento 2003/343/CE firmato a Dublino, questi individui sono costretti a lasciare le proprie impronte digitali nel porto in cui arrivano senza possibilità minima di poter raggiungere ad esempio un parente che li aspetta in un paese del nord Europa con un futuro già preparato. No, noi ci limitiamo a commentare, a fare i perbenisti a fare finta mea culpa e a tacere. Fino alla prossima tragedia, fino alla prossima strage. Il mondo permette la libera circolazione di merci anche le peggiori, nessuna legale circolazione per l’essere umano. Cosa conta di più? La legge del mercato ha vinto e la globalizzazione turbo capitalistica ci trascinerà in un baratro senza fine ormai è chiaro. Quali sono le alternative? Innanzitutto ricostruire il concetto di Europa, non più frontiera ma terra d’accoglienza, il nostro mondo la nostra cultura è questa perché tutto ha avuto inizio dal mare.

L’immigrazione non è mai stata un problema nelle società lo è diventato per noi popolo di individualisti che ignora dati e evidenze (il 10% del Pil nazionale italiano è frutto del lavoro dei migranti, fonte CGIL), che preferisce usare tipiche frasi “non sono razzista ma..”.
L’immigrazione è diventata un problema, ora. Tutti fanno a gara per il commento più “solidale” nessuno pensa a delle soluzioni concrete. Tutto scorre sotto il sole d’Europa, ci dimentichiamo perfino che quei paesi sono in crisi anche a causa di guerre create ad arte dall’Occidente, o che quelle persone sono costrette a rimanere nel recinto del Sud Europa, come bestie, senza alcuna possibilità di emigrare, come se questo verbo fosse avulso dal concetto di umanità. L’uomo è nato migratore, noi siamo riusciti nell’impresa di far assimilare quel verbo di speranza in un concetto illegale. Oggi 700, domani 800 e così via: vagano anime nel canale di Sicilia, alcuni pescatori hanno asserito che sono tornate le spigole, non un bel segno. Vagano pensieri, vagano idee alla ricerca di soluzioni senza capire che la soluzione è dietra l’angolo. Il concetto stesso che sottintende l’essere umano; la forza (come diceva il grande e compianto Vittoria Arrigoni) di RESTARE UMANI.

Ultima modifica il Lunedì, 20 Aprile 2015 22:57
Andrea Incorvaia

Nato a Locri (RC), il 28 Febbraio 1988, attualmente vivo per studio a Pisa. Sono un allievo specializzando presso la scuola di specializzazione in beni archeologici dell’Università di Pisa, dopo essermi laureato in Archeologia nel 2012. I miei interessi spaziano dall’ambito culturale (beni storico-archeologici soprattutto), alla tutela e alla salvaguardia del paesaggio. Svolgo attività politica nella città che mi ospita e faccio parte di un sindacato studentesco universitario.

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