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Martedì, 12 Maggio 2015 00:00

Per chi è buona questa scuola?

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Guida ragionata all'impianto ideologico della riforma della scuola

Che la vertenza della scuola non sia solo una questione che riguarda il personale che nella scuola opera l'hanno oramai capito un po' tutti. C'è un sentore diffuso, anche in chi non si è letto con attenzione il disegno di legge, anche in chi non ha rapporti diretti con la scuola, che i temi in gioco, che i motivi dello scontro, questa volta siano di portata più ampia delle sole questioni contrattuali, e che riguardino non solo chi nella scuola ci lavora, ma l'intero paese, la sua tenuta democratica.

Ho letto e sentito molti commenti sul disegno di legge, alcuni dei quali molto accurati, ci sono però degli elementi che mi pare siano rimasti un po' sotto traccia, e che invece a me sono parsi di una gravità assoluta. Vorrei provare quindi a fare ulteriore chiarezza sul nodo politico di una riforma della scuola proposta da un governo monocolore PD che oramai si è pienamente collocato su posizioni ideologiche di estrema destra (con buona pace di quelli che “stiamo dentro per spostare l'equilibrio a sinistra”).

Proverò, in maniera il più possibile didascalica, a mettere in fila i tre pezzi che, combinati, rendono questa riforma una straordinaria battaglia contro l'uguaglianza di diritti e, di conseguenza, contro i principi fondanti della democrazia.

 

1. Il nuovo reclutamento

Art. 2 Autonomia scolastica e offerta formativa

[...] le scuole predispongono [...] il piano triennale dell'offerta formativa. Tale piano [...] contiene la programmazione delle attività formative rivolte al personale docente e la quantificazione delle risorse per la realizzazione dell'offerta formativa.

[...]

Il piano triennale dell'offerta formativa si aggiunge al piano annuale dell'offerta formativa [...] ed indica il fabbisogno dei posti comuni e di sostegno e dei posti per il potenziamento dell'offerta formativa

[...]

Le istituzioni scolastiche realizzano i progetti inseriti nei piani triennali dell'offerta formativa nel limite delle risorse disponibili, anche utilizzando le risorse dell'organico dell'autonomia,  [...]

Art. 6 Organico dei docenti per l’attuazione dei piani triennali dell’offerta formativa

[...] l'organico dell'autonomia è determinato ogni tre anni ed è composto da posti comuni, posti di sostegno e posti per il potenziamento dell'offerta formativa. [...] all'organico curricolare e a quello di sostegno, già esistente, si affianca un organico destinato al potenziamento dell'offerta formativa.

[...]

L'organico dell'autonomia, [...] sulla base del fabbisogno espresso nei piani triennali dell'offerta formativa, è attribuito alle singole istituzioni scolastiche. I posti dell'organico dell'autonomia sono coperti con il personale iscritto negli albi territoriali al quale il dirigente scolastico propone l'incarico.

Il personale docente di nuova abilitazione sarà collocato in albi territoriali, con dimensione presumibilmente provinciale. Negli albi territoriali finiranno anche quei docenti che, pur avendo una cattedra, chiederanno il trasferimento in altro territorio. Gli albi territoriali non sono graduatorie, sono solamente dei “contenitori” di docenti abilitati all'insegnamento.

Le scuole programmeranno l’offerta formativa su base triennale, conseguente a questa programmazione viene una richiesta di personale aggiuntivo. Una volta autorizzato in tutto o in parte questo personale aggiuntivo (non è chiaro quali siano gli elementi che determinano se e quanto personale richiesto venga autorizzato), sarà il Dirigente a selezionare dagli albi provinciali i docenti per colmare la disponibilità di posti assegnati alla sua scuola. La selezione non avviene secondo criteri oggettivi, è il dirigente scolastico a scegliere i docenti che preferisce in base a valutazioni del tutto personali.

Sembra chiaro che questo sistema sia costruito per far saltare il principio della valutazione oggettiva del concorso pubblico. I docenti abilitati all’insegnamento saranno collocati in un “serbatoio” dal quale i singoli Dirigenti selezioneranno il personale per la propria scuola. Non c’è alcun criterio definito e oggettivo che regola le modalità di selezione, il Dirigente ha piena autonomia nella scelta, gli è semplicemente richiesto di rendere pubbliche le motivazioni che hanno guidato la selezione.

È facile immaginare come questo sistema possa trasformarsi in un disgustoso mercimonio di posti di lavoro nella pubblica amministrazione, è forse meno evidente, ma ancor più grave, immaginare come questi meccanismi possano distorcere i contenuti stessi della didattica.

Se l’autore di questo articolo fosse nominato dirigente scolastico, per selezionare i docenti sicuramente valuterebbe la qualità dei loro CV. Successivamente, però, prenderebbe i nomi selezionati, andrebbe a controllare uno per uno i corrispondenti profili sui social network, e eliminerebbe ogni nome associato a profili che manifestano idee politiche sgradite. Di sicuro, avendo la responsabilità della qualità didattica della scuola, non vorrei insegnanti, per quanto bravi, che possano far circolare idee che reputo, in tutta coscienza, sbagliate.

Questo meccanismo di selezione del personale, anche escludendo le possibili corruttele, trasformerà ogni singola scuola (teoricamente pubblica) in un’azienda privata la cui “produzione didattica” sarà modellata, in maniera più o meno consapevole, sulle le convinzioni politiche o religiose, sulle preferenze culturali, del preside proprietario.

 

2. Il governo della scuola e il preside sindaco

Art. 2 Autonomia scolastica e offerta formativa

[...]

Il dirigente scolastico assume un ruolo centrale per la determinazione del fabbisogno e della migliore offerta formativa dell'istituzione scolastica e la sua funzione è rafforzata, al fine di garantire una gestione immediata ed efficiente delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche e materiali a disposizione

[...]

Art. 7 Competenze del Dirigente Scolastico

Le competenze del dirigente scolastico sono qualificate e potenziate in relazione al ruolo centrale che lo stesso assume nella gestione della scuola e quindi nella determinazione del fabbisogno e della migliore offerta formativa delle istituzioni scolastiche. In particolare il dirigente scolastico assicura il buon andamento dell'istituzione scolastica nell'ambito dell'autonomia, svolge funzioni di gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio ed è responsabile delle scelte didattiche e formative nonché della valorizzazione delle risorse umane e del merito dei docenti.

[...]

Il dirigente sceglie i docenti che risultano più adatti a soddisfare le esigenze delle scuole e propone, sulla base dei piani triennali dell'offerta formativa di cui all'articolo 2, incarichi ai docenti iscritti negli albi territoriali e al personale di ruolo già in servizio presso altre istituzioni scolastiche. La copertura dei posti assegnati all'istituzione scolastica coincide con gli incarichi preposti dal dirigenti scolastico.

[...]

Art. 11 Valorizzazione del merito del personale docente

[...] Il dirigente scolastico, sentito il consiglio d'istituto, assegna annualmente la somma al personale docente che, in base all'attività didattica, ai risultati ottenuti in termini di qualità dell'insegnamento, al rendimento scolastico degli alunni e degli studenti, alla progettualità nella metodologia didattica utilizzata, alla capacità innovativa e al contributo dato al miglioramento complessivo della scuola, è ritenuto meritevole del bonus [...]

Il disegno di legge carica sulla figura del dirigente scolastico una quantità enorme di potere. Il nuovo dirigente scolastico riassume su di se il controllo sulla proposta didattica, sulla quantificazione e la gestione delle risorse economiche ed umane, sulla selezione e la valutazione del personale docente. È immaginabile inoltre che il preside sarà anche responsabile di quelle relazioni col territorio che gli consentiranno di attrarre finanziamenti diretti alla propria scuola (secondo quanto prevedono gli articoli 15 e 16).

Il dirigente-proprietario disegnato da questa riforma potrà gestire la scuola come se fosse un'azienda di sua proprietà (ma senza responsabilità d'impresa!) mentre gli organi collegiali saranno svuotati di ogni potere: è previsto che possano esprimere un parere non vincolante su alcune delle materie di competenza del preside, e niente altro.

Anche se il disegno di legge prevede una forma di valutazione dell'operato del dirigente, non è chiaro come questo controllo debba funzionare. Anche in questo caso sembra intuirsi un meccanismo di valutazione soggettiva che compete ai docenti della scuola (che dovranno valutare il Dirigente da una posizione di forte subordinazione, sotto ricatto economico ed assunzionale) e all'USR.


3. Il finanziamento differenziato alle scuole

Art. 15 Cinque per mille

La disposizione è finalizzata a inserire le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione tra i soggetti beneficiari destinatari della quota del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF)

[...]

i contribuenti che scelgono di destinare la quota del cinque per mille alle istituzioni scolastiche, devono indicare espressamente l'istituzione destinataria

[...]

Art. 16 School bonus

[...] prevede l'istituzione del cosiddetto School bonus, ovvero l'introduzione di benefìci fiscali per le erogazioni liberali in denaro da parte di soggetti privati in favore delle istituzioni scolastiche[...]


Gli articoli 15 e 16 sono un vero e proprio manifesto della lotta di classe fatta dai più ricchi contro i più poveri. Entrambi gli articoli consentono a soggetti privati, tramite la dichiarazione dei redditi o con una donazione liberale, di finanziare una singola scuola.

Attenzione! Questo dettaglio è fondamentale: una singola scuola, non il sistema scolastico.

È più che evidente che le capacità di spesa per il finanziamento delle scuole con donazioni liberali, così come l'entità del 5 per mille del singolo contribuente, sono fortemente variabili a seconda del territorio. Allo stesso modo è del tutto evidente che i genitori tenderanno a finanziare, con uno o entrambi i metodi, la scuola dei propri figli, non certo una scuola a caso in giro per il paese.

Le conseguenze di queste modalità di finanziamento è facilmente immaginabile: le zone del paese in cui si concentrano i redditi più alti avranno scuole meglio finanziate, le zone col più alto numero di famiglie in difficoltà avranno anche scuole con meno disponibilità economica, con un meccanismo di moltiplicazione delle disuguaglianze. Ai ricchi le scuole migliori, ai poveri le scuole peggiori.

Non è difficile fare una simulazione delle disparità che questo sistema può generare: il reddito medio dei contribuenti del comune di Fiesole era, nel 2012, pari a circa 26.900 euro, cento genitori fiesolani, quindi, possono contribuire alla loro scuola preferita con circa 13500 euro l’anno solo col 5 per mille. I contribuenti dei comuni della montagna pistoiese, invece, nello stesso anno dichiaravano circa 15400 euro medi, quindi cento genitori della montagna pistoiese verseranno alla propria scuola circa 7700 euro. Il risultato è che, per ogni cento genitori contribuenti, il preside-sindaco della scuola di Fiesole, comune ricco della provincia di Firenze, si troverà a gestire 5700 euro in più del preside-sindaco della scuola dei comuni della montagna pistoiese.

E questo senza nemmeno cercare situazioni estreme, e mantenendosi all'interno della stessa regione. 
(Queste simulazioni sono realizzate con dati presi da qui: http://www.opendatabassaromagna.it/2014/04/il-reddito-degli-italiani-in-ogni.html. Buon divertimento.)


4. Il combinato disposto

La riforma ci consegna quindi una scuola autoritaria, con una struttura fortemente verticistica, costruita in modo da accentuare le disparità territoriali ed in cui l'autonomia della didattica è subordinata al potere del preside.

Il paese avrà, strutturalmente, scuole per ricchi e scuole per poveri, scuole in territori ricchi in cui si concentreranno finanziamenti ulteriori e territori poveri in cui i ragazzi vedranno ridursi ancora le possibilità di affrancamento dalla condizione di disagio ed emarginazione. Una scuola classista costruita scientificamente in modo da aumentare la viscosità sociale.

Questa riforma dimostra, inoltre, che la tanto invocata meritocrazia è vuota retorica, o, per l'esattezza, questa riforma conferma esattamente le previsioni fatte da Michael Young, il sociologo che il termine meritocrazia l'ha inventato: un sistema di governo “meritocratico” è un sistema in cui un concetto arbitrario, costruito ad arte, di “merito” serve a giustificare la concentrazione del potere in mano a chi possiede i migliori strumenti culturali e  il controllo della selezione e legittima l'esclusione di chi non possiede questo “merito”, semplicemente perché non ha mai avuto, fin da piccolo, le stesse possibilità dei primi.

Oltre a segnare un grande avanzamento nella lotta di classe (dei ricchi contro i poveri), la scuola così riformata assolve ad una seconda esigenza che caratterizza tradizionalmente i governi di estrema destra: il controllo di ciò che nelle scuole viene insegnato (vi ricordate Storace e la commissione di censura sui libri di testo troppo di sinistra?). Oltre alla piena responsabilità sulla programmazione didattica, al dirigente scolastico è assegnato un enorme potere di controllo sui docenti, che perdono qualsiasi autonomia: Il Dirigente Scolastico decide chi entra, chi viene premiato per il suo lavoro, e chi non viene riconfermato dopo tre anni. In questo senso ogni autonomia d'insegnamento è persa, è il preside che decide se un docente può insegnare nella sua scuola e se nei tre anni di tempo si è conformato o meno al progetto elaborato dal preside stesso. I docenti che non rispondono al gradimento del preside verranno penalizzati in denaro e poi con la mancata riconferma alla fine del triennio, e la ricollocazione nel magazzino degli abilitati in attesa di chiamata.

In più, le scuole così organizzate potranno facilmente liberarsi non solo dei docenti “culturalmente sgraditi” ma anche della presenza di docenti eccessivamente complicati da gestire: troppo sindacalizzati (quale preside chiamerebbe un docente che ha fatto l'RSU e si è dimostrato particolarmente conflittuale? Chi impedisce ad un preside di tenere il conto delle assenze per sciopero e non richiamare quei docenti?), non in perfette condizioni di salute (perché chiamare un docente che gode dei permessi della legge 104 quando posso sceglierne uno perfettamente sano?), con eccessiva predisposizione alla famiglia (perché chiamare una mamma con due figli piccoli che aspetta il terzo? Questo scenario è molto noto alle ragazze che fanno colloqui nelle scuole paritarie, alle quali viene chiesto se hanno intenzione di farsi una famiglia in tempi brevi.)

È difficile immaginare che tutte queste valutazioni siano sfuggite agli autori di questo disegno di legge, è per questo che questa riforma deve spaventare, e parecchio. Un governo, capace di elaborare un meccanismo così articolato e complesso per assicurarsi il controllo della scuola (e che avrà un seguito avendo come bersaglio l'università), deve preoccupare non solo il personale della scuola, gli studenti e le loro famiglie. Un attacco all'istruzione di questa portata è un attacco alla tenuta stessa della democrazia, costruito con fredda e lucida determinazione.

Ultima modifica il Martedì, 12 Maggio 2015 10:36
Leonardo Croatto

Delegato sindacale CGIL dal primo contratto di lavoro, rimasto tale anche durante i periodi di precariato a vario titolo, alla faccia di chi dice che il sindacato non è per giovani e per precari. Ora funzionario sindacale per la FLC CGIL. Sono stato in minoranza di qualsiasi cosa durante tutta la mia storia politica.

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