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Giovedì, 21 Aprile 2016 00:00

Venti macchinisti morti in un anno

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Riceviamo questo articolo dalla rivista Ancora In Marcia e condividiamo con piacere. Crediamo infatti fermamente che ogni caso, di come ce ne sono sempre più frequentemente, di condizioni logoranti del lavoro debba essere diffuso il più possibile.

Venti macchinisti morti in un anno

Nell’ultimo anno la nostra rivista si è dovuta assumere il triste compito di dare la notizia di una ventina di macchinisti prematuramente scomparsi. E già nel prossimo numero, ancora in lavorazione, saranno inseriti altri 3 necrologi, augurandoci che nel frattempo non ne arrivino altri…

Tutti questi colleghi erano macchinisti in servizio, o macchinisti da poco andati in pensione. Quasi tutti avevano una età compra tra i 52 e i 59 anni. Moltissimi sono morti per infarto o malattie di carattere cardiologico, molti a causa di tumori. E se per questi colleghi abbiamo potuto scrivere qualche riga di ricordo, ce ne sono stati altri di cui, purtroppo, la nostra redazione non ha avuto notizia.
E per ogni macchinista deceduto ce ne sono decine che, per gravi motivi di salute, sono diventati inidonei alla mansione. Molti hanno avuto dei malori, qualcuno anche mentre era alla guida del treno, e solo per pura fortuna questo fatto non si è tramutato in un disastro che avrebbe coinvolto i
viaggiatori.

Questi sono i fatti che stanno accadendo e che non accadevano, almeno in tali proporzioni, fino a pochi anni fa, quando i turni di lavoro non erano così gravosi, così privi di qualsiasi tipo di regolarità e di tempi adeguati per il recupero psicofisico, privi perfino della possibilità di usufruire di un pasto o di poter andare in bagno. Non accadevano quando i macchinisti non erano costretti a lavorare su quasi tutti i treni in completo isolamento, in ambienti angusti e non igienici. Inoltre, come per aggiungere il danno alle beffa, si impone ai macchinisti di andare in pensione a 67 anni, quando l’aspettativa di vita media della categoria é stata calcolata essere di 64,5 anni, e prima che incominciasse questa tremenda scia di morti.

Infine, ciliegina sulla torta, le imprese chiedono ulteriori aumenti dei carichi di lavoro, in nome della produttività e della concorrenza, come nel caso di Trenitalia Cargo, quando invece molti dei morti e degli inidonei appartenevano proprio al settore merci. La questione dei macchinisti non è quindi un problema di tipo sindacale: è diventata una questione di vita o di morte, nel vero senso della parola!

A nessuno, tranne ai diretti interessati, sembra importare di questo problema. Il governo ha dimostrato in più occasioni di non avere intenzione di intervenire a correggere l’errore commesso in materia di pensioni; le imprese dal canto loro chiedono ancora di più: più lavoro, più agente solo, turni ancora più gravosi (vedere appunto le assurde richieste per il rinnovo contrattuale del settore merci).

Stiamo aspettando che accada qualcosa di ancora peggio? O c’è forse qualcuno che prova piacere nel vederci morire così, uno alla volta?

Ultima modifica il Mercoledì, 20 Aprile 2016 11:35
Beccai

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