Qual è il rapporto tra potere e comunicazione? Ne hanno discusso sabato 16 aprile presso il Circolo Arci di San Niccolò, Dmitrij Palagi (segretario PRC Firenze), Elisa Battistini, giornalista e critica cinematografica, Sara Nocentini, già assessora alla Cultura della Regione Toscana, Valentina Bazzarin, ricercatrice di scienze politiche presso l’Università di Bologna e Leonardo Croatto (FLC-CGIL Firenze) durante l’iniziativa dal titolo “La sinistra mette tristezza?”, ripreso da una citazione di Stefano Benni.
Referendum sociali: la nuova stagione dei movimenti
Erano in tanti il 13 marzo a Roma, presso il Cinema San Lorenzo. Attraverso un’intensa assemblea nazionale si apre una nuova stagione referendaria nel nostro paese. Una nuova stagione che intende promuovere leggi di iniziativa popolare e referendum su Buona Scuola, ambiente, privatizzazione dei beni comuni, riforme costituzionali e istituzionali, Job Act.
Achille Occhetto: Marx, Italia e comunismo
Necessità e debolezza della cultura politica comunista in Italia è un contributo che si inserisce in un filone ben preciso, quello che sta tentando di ricostruire una specifica visione del mondo entro contesti nazionali e internazionali. Una necessità imprescindibile: riscoprire la vera portata del pensiero di Marx. Achille Occhetto ripercorre così quella storia delle idee che portò alla caratterizzazione del movimento comunista italiano, tappe che hanno segnato la cultura comunista del nostro paese, che hanno determinato un bagaglio culturale ricco e diversificato.
Neoliberismo, Postmodernità e metamorfosi della Sinistra
recensione del libro L'immagine Sinistra della Globalizzazione
La situazione della sinistra in tutto il mondo occidentale è disastrosa. La profonda crisi in cui versa, non è solo elettorale ma anche e sopratutto identitaria e ideologica. A fronte di una vasta gamma di riferimenti culturali e simbolici, la sinistra non sembra essere riuscita a "elaborare il lutto" della caduta del muro di Berlino schiacciandosi su posizioni sempre più moderate e in linea con le regole del sistema politico liberal-democratico e di quello economico liberista.
Un appello agli autori di appelli per l'unità della sinistra
Quando parte la ricostituzione della sinistra si moltiplicano gli appelli di singoli, gruppi, sigle, collettivi e anonimi per stimolare o arricchire il processo.
Il contenuto politico degli appelli oscilla dal totalmente assente al molto vago (per timore di spaventare gli animi più sensibili ai termini troppo espliciti della militanza, sospetto). A volte l'appello assume toni puramente emotivo-motivazionali, perdendo qualsiasi connotazione chiaramente schierata.
Gli appelli per l'unità della sinistra sono un genere letterario a sé stante, che ha vissuto una sua evoluzione nel tempo. Devo dire che, mentre riuscivo a decifrare quelli che, fino a qualche anno addietro, venivano elaborati da compagni di formazione politico-culturale classica, le ultime produzioni, e in particolare quelle delle nuove generazioni (compagni ad alta scolarizzazione, alta frequentazione dei linguaggi dei nuovi media e background molto movimentista e poco o per nulla partitico) mi risultano molto più difficilmente comprensibili.
Di Daniele Coltrinari
Portogallo: pericolo rosso fermato (per adesso) dal Presidente della Repubblica
A Lisbona è una settimana particolare e non solo per il clima: piove, poi esce il sole e poi piove ancora. È iniziata l'avventura del XX governo costituzionale e di Passos Coelho – con la nomina dei vari ministri – premier uscente e leader del centro destra, voluto fortemente dal Presidente della Repubblica Anibal Cavaco Silva. Tutti si domandano qui in Portogallo: verrà sfiduciato da un parlamento composto da più del 50% da deputati appartenenti alle varie sinistre lusitane?
Dove sono i nostri?
Dove sono i nostri? Ci potremmo chiedere: i nostri chi? Quando si parla di sinistra italiana una domanda del genere sorge spontanea. Nell'epoca della feroce frammentazione sociale, della mobilità insensata, degli esodi tragici di gente espulsa da territori devastati dalla violenza e dalla guerra non possono che attecchire derive pratiche e teoriche, di ogni genere. Non è più chiaro cosa si intende quando si parla di “umanità”, umanità dell'”uomo”, non è più chiaro cosa per noi possa significare “restare umani”. Tuttavia molti sono gli slogan che rivendicano una tale necessità, rivelatori di un senso che permane, un senso ragionevole che ancora indica come dovrebbero stare le cose.
Dopo circa 15 giorni trascorsi dalla vittoria di Syriza in Grecia ripensare al modello greco e alle possibili similitudini tra quella esperienza e il dibattito in corso nella sinistra italiana, senza peraltro dimenticare Podemos e Jeremy Corbyn nuovo segretario dei Laburisti Inglesi, mi sembra un’operazione perlomeno necessaria, doverosa. Per questo ho deciso di rendere un po’ più organici appunti presi durante un dibattito e di condividerli senza per questo aver la pretesa di convincere.
Non sono tra quelli che aspettano un qualsiasi messia, penso da comunista che il consenso sia frutto di un agire comune, di un lavoro collettivo e corale per questo non mi annovero tra coloro che hanno visto in Alexīs Tsipras un novello salvatore, un modello da copiare pedissequamente ma nello stesso tempo non ho pensato che fosse un traditore quando ha dovuto cedere ai dettami della troika. Entrambe le posizioni mi sembrano banali o perlomeno prive di analisi sia sulla situazione greca sia su quella italiana e quella europea.
Apri il Sole 24 Ore, il giornale dei padroni italiani per antonomasia, e vedi una foto di Giuseppe Di Vittorio.
Ti incuriosisci all’articolo e vedi che è Roberto Napolitano che inveisce, letteralmente, contro i sindacati che hanno fatto saltare il tavolo con Confindustria. Perché, stando a quanto dice Napolitano, Di Vittorio è stato un vero leader, uno audace, che ha sempre creduto nel dialogo e che ha fatto scelte controcorrente per il bene del Paese mentre oggi 'sta gentaglia che gestisce i sindacati ha addirittura “costretto alla rottura un imprenditore come Giorgio Squinzi che ha sempre creduto nelle relazioni industriali” e ciò ”vuol dire aver smarrito il senso della storia”.
Proprio nel momento in cui le forze di alternativa cercano faticosamente di rimettere in piedi un progetto strategico dai vasti orizzonti teorici ed organizzativi, ecco che su di una questione apparentemente minore come una tornata di elezioni locali, distante oltretutto poco meno di un anno, le varie soggettività coinvolte in quell’ambizioso progetto danno prova di reciproche insofferenze e si fanno portatrici di disegni talvolta diametralmente contrapposti. Un movimento politico nascente, destinato, se vuol sopravvivere, ad elaborare strategie convincenti su temi epocali quali la fine di un ciclo quarantennale di accumulazione capitalistica, la crisi della sovranità democratica, i conseguenti mutamenti nell’ordine geopolitico, la grande migrazione in atto, e che organizza una baruffa preventiva attorno alle modalità di presentazione delle liste in una tornata elettorale amministrativa, per quanto importante, fa sorgere dubbi sulle sue potenzialità nell’arena politica del Paese. Il minimo che si possa sospettare è che il peso dell’elettoralismo schiacci il nuovo partito su una marginale contingenza, minandone alla base la la capacità di incidere.
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