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Sabato, 10 Marzo 2018 00:00

Ponte Vespucci, razzismo o non razzismo... questo è il dilemma!

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Ponte Vespucci, razzismo o non razzismo... questo è il dilemma!

Firenze: tranquilla mattina post-elettorale.

Un uomo esce di casa coll'intenzione di suicidarsi.

Cambia idea, e decide di far fuoco "a caso" sulla folla.

Il bersaglio è Idy Diene, un senegalese di 54 anni.

Il suo è stato un gesto di follia o di razzismo? L'opinione pubblica non è concorde, e a più riprese si fa riferimento alla supposta follia dell'uomo, e alla sua disperazione e volontà di suicidarsi.

Fatto sta che è stato ucciso un uomo e che quest'uomo aveva la pelle scura. Riesce difficile pensare che uno sparo a caso abbia colpito proprio un extracomunitario.

A maggior ragione se si pensa che prima di Diene su quella stessa strada era transitata una famiglia.

Troppo facile spiegare la decisione dell'omicida con l'umana pietà verso dei bambini.

Perché quella stessa pietà non lo ha fatto decidere di risparmiare un altro essere umano, anche se più 'anziano', ma che magari a casa aveva anche lui dei bambini, o comunque degli affetti.

La pista della follia, della cieca disperazione, sembra vacillare: era disperato, ma ha aspettato a sparare i suoi colpi fino a trovare il bersaglio 'giusto'. Era disperato, voleva uccidere se stesso, ma ha deciso di optare per il carcere, e per raggiungere il suo obiettivo non ha esitato a sacrificare la vita di un altro essere umano.

L'episodio sembra dipingere un quadro di intolleranza diffusa: come si spiega che il disagio di una persona venga 'risolto' scagliandosi contro un'altra?

Personalmente ritengo che il movente razzista non sia estraneo ai fatti di Ponte Vespucci: magari ciò si unisce al disagio dell'omicida che, non dimentichiamolo, aveva come progetto originario il suicidio. Ma guarda caso è stato attratto dall'"uomo nero" e su di lui ha rivolto i colpi della sua arma.

Se proprio non si vuol parlare di premeditazione razzista, come fu invece nel caso di Piazza Dalmazia nel 2011, credo si possa ritenere che almeno inconsciamente l'omicida ritenesse lo straniero parte dei suoi problemi, forse perché convinto che gli stesse portando via i suoi diritti.

Altra questione che lascia sgomenti è la modalità di raccontare l'omicidio, e gli eventi più o meno immediatamente successivi: da subito i riflettori dei mass media si sono concentrati sulla violenza della comunità senegalese, rea di aver reagito in maniera forse eccessivamente istintiva. Non si è usato nessuna comprensione verso delle persone sicuramente impaurite da una violenza che sempre più si abbatte cieca su di loro: non basta più lavorare, avere un regolare permesso di soggiorno e, più in generale, non far del male a nessuno. No, la colpa è insita nella persona, nel suo DNA, è scritta sulla sua pelle.

D'altra parte, che cosa aveva Idy Diene che non andava? Nulla, assolutamente nulla, tranne il colore della sua pelle.

Nonostante queste considerazioni, le proteste dei compaesani della vittima vengono descritte come azioni di guerriglia urbana: i senegalesi addirittura distruggono le fioriere antiterrorismo, ossia ci impediscono di proteggerci dalla loro violenza su di noi. E c'è di più, alla manifestazione di solidarietà organizzata il giorno successivo ai fatti, allontanano il sindaco Nardella e, non paghi, "gli sputano addosso" (si legge sul giornale).

Dall'altra parte si continua a sottolineare le problematiche del killer, a dipingerlo come un tranquillo pensionato tartassato dalla vita. Ma un tranquillo pensionato non imbraccia un fucile. Un tranquillo pensionato non spara non uno, ma cinque colpi contro un'altra persona.

Credo che l'episodio sia sintomatico dei tempi bui che stiamo vivendo: il razzismo, o comunque la diffidenza verso chi è "altro da noi" portano a vedere con occhi parziali la realtà che ci circonda.

Viene da chiedersi cosa sarebbe accaduto se i fatti di Piazza Dalmazia fossero accaduti ai nostri giorni: Casseri sarebbe diventato una persona "con tanti problemi"?

Anche allora ci furono manifestazioni spontanee di senegalesi, ma probabilmente non furono descritte in maniera così caricata come un attacco alla tranquilla città di Firenze. Comunque la si pensi, "mala tempora currunt"!


Immagine liberamente ripresa dal profilo Facebook di Lorenzo Ballerini, qui

Ultima modifica il Mercoledì, 07 Marzo 2018 00:16
Elena Papucci

Nata a Firenze il 17 novembre 1983 ha quasi sempre vissuto a Lastra a Signa (dopo una breve parentesi sandonninese). Ha studiato Lingue e Letterature Straniere presso l'Università di Firenze. Attualmente, da circa 5 anni, lavora presso il comitato regionale dell'Arci.

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