Florence Queer Festival - Intervista a Roberta Vannucci

Anche quest'anno a Firenze torna il Florence Queer Festival, il festival cinematografico, ma non solo, a tematica lgbti. Il percorso del festival, infatti, è già cominciato da alcune settimane con mostre artistiche e presentazioni di libri e da Mercoledì 11 Novembre al cinema Odeon inizierà la rassegna cinematografica all'interno della "50 giorni di cinema internazionale a Firenze". Per la tredicesima edizione di questo appuntamento abbiamo contattato dalla direzione artistica del festival Roberta Vannucci, storica militante del movimento, volontaria di IREOS e da quest'anno presidente nazionale di Arcilesbica.

Qual'è stato il percorso del FQF dalla sua nascita ad oggi?

Il Florence Queer Festival è nato 2003, organizzato dall'associazione Ireos - Centro servizi comunità queer di Firenze in collaborazione con Eventi Music Pool e dal 2005 anche con Arcilesbica Firenze. All'interno di Ireos c'era la voglia di organizzare una rassegna di film di qualità che purtroppo fatica a trovare distribuzione, ma fu subito chiaro che non sarebbe stato solo cinema.Il pubblico all'inizio era solo lgbti ed il festival era un evento che rimaneva all'interno della nostra comunità. Adesso, anche grazie al fatto che fa parte del programma della rassegna "50 giorni di cinema internazionale a Firenze", ha sicuramente un pubblico più eterogeneo, un pubblico che ama il buon cinema indipendente, il teatro, la musica e i libri. Insomma è un festival aperto a tutta la città.

Che cosa ci aspetta nell'edizione di quest'anno?

Anche l'edizione del 2015 offrirà una panoramica del cinema indipendente di qualità da tutto il mondo con molte anteprime.
In apertura di festival, in anteprima assoluta, "La donna pipistrello" di Francesco Belais e Matteo Tortora con protagonista Romina Cecconi, la Romanina, una delle prime transessuali italiane ad operarsi. A seguire "Desire Will Set You Free" di Yony Leyser, anche questo in anteprima europea, un viaggio nella scena queer e underground berlinese. Sempre in anteprima europea "7 Kinds of Wrath" di Christos Voupouras, l'incontro tra un archeologo greco e un giovane immigrato arabo. L'anteprima italiana di "Je suis Annemarie Schwarzenbach" di Véronique Aubouy, il ritratto della scrittrice, giornalista, fotografa e viaggiatrice, lesbica e antifascita, uno dei personaggi bohemienne più conosciuti degli anni venti. L'anteprima italiana di "Fassbinder – Lieben ohne zu fordern" di Christian Braad Thomsen, documentario sul regista, applaudititssimo all'ultima Berlinale.

In Italia esiste una produzione culturale lgbti? Quanto bisogna attingere dal mercato estero?

La produzione cinematografica indipendente a tematica lgbti fa ancora fatica in Italia. Nonostante la "rivoluzione digitale" realizzare film è costoso. Ci sono comunque buoni esempi di progetti realizzati grazie a finanziamenti dal basso e un altro aiuto potranno darlo le web series, ma rimane comunque la difficoltà, comune a tutto il cinema indipendente, a trovare distribuzione in sala fuori dal circuito dei festival. Ovviamente nella programmazione di un festival, se hai "tutto il mondo" a disposizione non hai che l'imbarazzo della scelta.

In Italia la produzione culturale lgbti sconta lo stesso ritardo della politica?

In Italia, la cultura lgbti, ha ormai una storia molto lunga, spesso fuori dai luoghi dell'accademia, ma sicuramente non è così in ritardo come potremmo pensare se guardassimo soltanto alla mancanza di avanzamento sul piano legislativo.

Renzi ha assicurato che verrà approvata la legge sulle unioni civili in questa legislatura. Quale legge potrebbe accontentare il movimento lgbti?

Difficile predire se e quando il Parlamento riuscirà a legiferare sui diritti civili. La difficoltà del dibattito in ambito parlamentare è evidente per tutti. Il movimento chiede da anni il riconoscimento del matrimonio ugualitario, come già avvenuto in tanti altri paesi europei. Una legge sulle unioni civili non sarebbe sicuramente il pieno riconoscimento delle richieste avanzate dal movimento, sarebbe soltanto il primo passo verso un pieno riconoscimento del diritto di cittadinanza per le persone lgbti.

Grazie Roberta e buon Florence Queer Festival a tutte e tutti.

Pubblicato in Toscana

I crimini degli ortodossi ebrei che ancora combattono, e non per finta, per allontanare i palestinesi dalla terra che Dio ha predestinato a loro solitamente passano senza che il mondo se ne accorga.

Alle volte succede però che quello che succede sia così terribile che non sia possibile ignorarlo. E in questi ultimi giorni il governo israeliano è stato costretto a fare i conti con diversi episodi che hanno, giocoforza, scalfito il quasi unanime appoggio internazionale di cui gode il paese.

Pubblicato in Internazionale

La vittoria in Irlanda del referendum sui matrimoni civili. Un Sì su cui riflettere

Fino al 1993 una coppia omosessuale che si baciava per strada a Dublino o in una qualsiasi città irlandese salutandosi dopo una serata al pub, anche solo con un casto bacio della buonanotte, poteva essere incriminata. Oggi quella stessa coppia omosessuale, appena dodici anni dopo che l’omosessualità è stata depenalizzata, può sposarsi e sette persone su dieci non hanno niente da ridire.

La cattolicissima Irlanda dice sì ai matrimoni gay. Il 62,1% ha votato sì nel referendum sull’introduzione delle nozze omosessuali. I no si sono fermati al 37,9%. I voti complessivi a favore sono stati 1.201.607, mentre quelli contrari 734.300. L’affluenza a livello nazionale è stata del 60,5%. Andando oltre a questo grigio calcolo matematico e statistico, è il risultato a essere importantissimo. L’Irlanda è il primo paese a livello mondiale che per l’approvazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso richiede il parere del suo popolo attraverso il referendum. In un paese estremamente cattolico, dove la cattolicità non ha solo un valore religioso ma anche nazionalistico, distinzione fondamentale nella lotta fratricida con l’Irlanda del Nord e contro l’eterno nemico inglese, il risultato non era affatto scontato. Superare il dogmatismo cattolico sulla famiglia tradizionale sembrava quasi impossibile, fino al 1993 l’omosessualità era ancora un crimine e vedere l’Irlanda affiancarsi all’eterno rivale britannico nell’estensione dei diritti civili alla comunità omosessuale sembrava utopico.

Il risultato del referendum e la sua grande partecipazione hanno messo a tacere tutti. Troppo facile fare un paragone con la situazione in Italia, quasi avvilente. Tutti i partiti politici irlandesi avevano appoggiato il referendum e hanno applaudito alla vittoria del fatidico “Sì”, dal primo ministro Enda Kenny nonostante dichiaratamente cattolico praticante che ha ringraziato i giovani irlandesi per la spinta data alla vittoria, sino ai leader dei partiti d’opposizione. Nel nostro paese invece Matteo Salvini che, dopo aver posato nudo per il settimanale “Oggi”, non perde occasione per ostentare la sua virilità e mascolinità, sottolineando l’importanza di essere veri uomini rispetto agli omosessuali e la devianza delle donne lesbiche, affermando inoltre la crescita deficitaria di un bambino cresciuto da due genitori omosessuali, ignorando gli anni di studi mondiali e europei medici, psicologici e pedagogici sulle differenze nulle di crescita di un bambino con genitori dello stesso sesso rispetto a un bambino con genitori eterosessuali. La gravità della situazione italiana non sta solo nell’arretratezza in materia di diritti civili rispetto al resto d’Europa (paesi come la nazionalista e cattolica Croazia, la Slovenia e la pericolosa Ungheria di Orban ci hanno sorpassato da anni), vista l’arretratezza politica che abbiamo può anche essere normale, ma sta nell’arretratezza culturale.

A partire dai nostri politici, sino alla vita di tutti i giorni, la comunità lesbica e omosessuale italiana (per non parlare della situazione relativa alla transessualità) è bersaglio di dichiarazioni degradanti, luoghi comuni, additata come un pericolo per la mascolinità dell’uomo italiano, concetto che ci portiamo dietro dall’epoca fascista e affinato con il ruolo patriarcale dell’uomo nella famiglia e la sudditanza della donna, eredità questa della tradizione cattolica. Non vi è alcuna tutela, solo strumentalizzazione politica da parte dei partiti e totale ignoranza sul tema dalla gran parte della popolazione. Gli stessi partiti politici che si ritengono progressisti e dovrebbero fare loro la battaglia per i diritti civili, a partire dal PD che si proclama rappresentante assoluto della sinistra italiana sino agli altri partiti della sinistra, si dimostrano ancora incapaci di affrontare con successo il problema. Questo perché a mio parere gli elementi culturali conservatori della tradizione fascista e cattolica di cui ho parlato prima hanno contagiato ormai da troppo tempo anche quelle formazioni politiche che ideologicamente dovrebbero aprirsi alle lotte per i diritti. La famiglia tradizionale, l’uomo italiano forte e virile, la difesa di una presunta moralità sono elementi ideologici che hanno condizionato il progresso ideologico sui temi della sessualità e dei diritti civili e che hanno segnato anche formazioni politiche di sinistra. Basti pensare al ruolo del Partito Comunista nella battaglia sociale per il divorzio e l’aborto, un partito quello che al suo interno aveva molti elementi sociali conservatori. In questo paese a causa di questa impalcatura ideologica e cultura conservatrice, accompagnati da un misto di bigottismo culturale e ipocrisia, non si è mai seriamente portato avanti una politica di educazione sessuale nelle scuole, certe tematiche sono ancora oggi considerate dei tabù e il ruolo stesso della donna all’interno della società continua a essere traballante. Elementi che possono apparentemente sembrare scollegati, ma che invece si intrecciano in questa lotta comune contro una società estremamente maschilista, conservatrice e arretrata. Non siamo ancora arrivati a capire che il riconoscimento dei diritti civili è strettamente legato al diritto di un cittadino italiano a essere felice e di costruirsi una vita.

Senza portare questi cambiamenti e smetterla di pensare che l’omosessualità sia un problema e un pericolo, non aiuteremo mai tutti quei ragazzi e ragazze che crescono con un disagio enorme una volta resosi conto negli spogliatoi dove praticano sport, nelle scuole, nei locali ecc che gli piacciono persone dello stesso sesso e questa sensazione di diversità inserita all’interno del clima rigido e ostile che abbiamo li porta a sentirsi rifiutati, problematici, malati nonostante ormai l’omosessualità non sia più considerata una malattia psicologica come erroneamente si pensava prima. E vi assicuro che certe esperienze lasciano più segni di qualsiasi patologia mentale e anzi compromettono l’equilibrio psicologico di un ragazzo nella sia crescita. Il problema della mancata educazione o semplice discussione nelle scuole frena questo processo di supporto e di far capire ai nostri ragazzi che i loro coetanei con un orientamento sessuale diverso dal loro non sono nulla di patologico o pericoloso.

Si parla spesso di difendere i giovani, soprattutto lo dice la Chiesa cattolica nel suo sforzo di repressione, ma non si capisce che continuando su questa linea intransigente e senza riconoscere i diritti e le tutele noi i giovani li distruggiamo. In Irlanda tutti quei giovani che si riteneva fossero minacciati da quella che molti cattolici e conservatori chiamano “teoria gender” (come se vi fosse in atto una qualche cospirazione internazionale) erano nelle piazze a spingere per l’approvazione del referendum e hanno festeggiato tutti assieme, senza badare all’orientamento sessuale, per il riconoscimento dei diritti di tutti i giovani a essere felici. In Italia non si capisce che questa lotta va di pari passo con le lotte sociali, si continua a utilizzare la scusa dei problemi economici per mascherare un senso di repulsione diffuso e di conservatorismo ideologico. La contraddizione dell’odio diffuso nei confronti della Chiesa cattolica accompagnato però dalla strenua difesa dei suoi capisaldi. Insieme a una mancata comprensione e mancata acquisizione di uno dei maggiori fondamenti degli stati moderni, la laicità di uno stato rispetto alle istituzioni religiose, e questa mancata consapevolezza è frutto di decenni se non addirittura secoli di profonda collusione politica e economica che hanno instaurato un rapporto di sudditanza tra la Chiesa e molti partiti. In Italia oramai la proposta di legge per i diritti civili è diventata esclusivamente materia elettorale, una vuota promessa che riecheggia annualmente dalle voci grosse del Partito Democratico mai accompagnata da iniziative serie e decise. A sinistra del PD, la perduta credibilità politica di Vendola impedisce che la sua propaganda a favore dei diritti venga recepita e ancora più a sinistra si sono dimenticati che Rifondazione Comunista è stato sinora l’unico partito a presentare un progetto di legge respinto per le unioni civili. Nelle formazioni politiche di destra o conservatrici, si continua con il ripudio e le denigrazioni, rifiutandosi di affrontare la questione in maniera civile e moderna come hanno fatto molti partiti conservatori europei. A dimostrazione del fatto che il problema più che politico è culturale. La Chiesa cattolica in Italia continua con il suo ostruzionismo e le dichiarazioni in merito di Papa Francesco vengono gonfiate dai media oramai preda dell’orgasmo collettivo seguito alla sua elezione al soglio pontificio, dimenticandosi la sua storia all’interno delle istituzioni ecclesiastiche e che le sue frasi sono soggette a più interpretazioni.

Lontane le parole dell’arcivescovo di Dublino e Primate d’Irlanda Diarmuid Martin “È una rivoluzione sociale. La chiesa ora deve fare i conti con la realtà”. In questo clima di ignoranza soprattutto e di chiusura mentale è impensabile poter arrivare al traguardo raggiunto dall’Irlanda, un paese che ancora oggi non ha legalizzato l’aborto se non in casi eccezionali, cosa che i nostri giornali e media continuano a ripetere quasi a esorcizzare il senso di vergogna che si prova quando ci si sente sorpassati. Guardando la cartina europea in materia di diritti civili, tutela e riconoscimento delle comunità Lgbt non si può che provare un profondo senso di vergogna e rifiuto, chiedendosi come mai ancora anche l’Unione Europea non intervenga per normalizzare la situazione in tutta l’eurozona e combattere chi ancora ipocritamente ne sostiene la non normalità di questi provvedimenti. Forse perché qualcuno in questo paese proverà un senso di orgoglio a guardare questa cartina dei diritti, sentendosi protetto da una qualche minaccia. Ma basta pensare a queste tristi cose. In fondo questi discorsi mi vengono perché, guardando esultare quei ragazzi sotto il cielo d’Irlanda, se da una parte sono felice dall’altra rosico invidioso. Best wishes to the newlyweds!

Pubblicato in Società
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