Lunedì, 04 Febbraio 2013 00:00

Memoria e diritti mancati degli omosessuali

Qualche giorno fa, e più precisamente il 27 gennaio, abbiamo celebrato la Giornata della Memoria. Questa viene istituita con la legge 211 del 2000, al fine di “ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.

Spesso però ci fermiamo solamente sul primo aspetto e quindi sullo sterminio degli ebrei, ma, a volte, è giusto ricordare anche il resto. Perché nei campi di concentramento ci venivano deportati anche gli zingari, i disabili, gli oppositori politici e gli omosessuali; tutti coloro, cioè, che non rientravano nella normalità, nel puro progetto della razza ariana. È importante ricordarsi di tutte le vittime senza particolari distinzioni, soprattutto oggi, che si sta sempre più tornando al concetto di normalità. Ma cos’è la normalità? È un preconcetto che ci viene imposto dal mondo esterno senza reali dimostrazioni e prove concrete, non esiste la perfezione ma tante peculiarità.

Come mai abbiamo tanto paura del diverso? Cosa ci spaventa? Vorrei per una volta concentrarmi sull’omocausto e dimostrare che è forse un tema più attuale che mai. Contraddistinti da un triangolo rosa cucito sulla divisa a righe, gli omosessuali affollavano i campi di concentramento sparsi in tutta Europa; il loro dramma fu duplice: da un lato le torture naziste, dall’altro l’isolamento degli altri prigionieri; i gay erano ultimi tra gli ultimi. Molti di loro venivano castrati, a volte anche su propria richiesta, per dimostrare che volevano guarire dalla loro “malattia”, altri venivano usati per sperimenti scientifici.

L’ossessione nazista per i gay si era palesata già con la notte dei lunghi coltelli. Per Hitler esisteva “una congiura omosessuale che minava la concezione normale di sana nazione.” Deliri che non stupiscono, purtroppo, nemmeno oggi, visto che in alcuni Paesi l’omosessualità è un reato, non ultima la Russia di Putin. Notizia di pochi giorni fa l’emanazione di una legge nazionale che vieta la propaganda omosessuale. Da oggi sarà, quindi, reato parlare in pubblico di diritti, amori e qualunque altra cosa inerente al mondo gay. Ovviamente il termine propaganda è volutamente vago, così da poter essere utilizzato dal giudice a suo piacimento, decidendo di punire i “colpevoli” con multe fino a quindici mila euro. Nel mirino ovviamente artisti, attori, cittadini e contestatori, e di conseguenza stop a concerti, eventi, manifestazioni, ma anche a semplici baci scambiati per la via. La Russia non è un paese per gay e neanche per chi protesta. Oggi, come allora, i gay sono vittime senza voce e senza giustizia.

immagine tratta da static.blogo.it/queerblog

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Monica Sgherri (Capogruppo Consiglio Regionale) e Daniela Vangieri (Segreteria regionale Rifondazione Comunista)

La sanità italiana, per la sua scelta di privilegiare e investire su un sistema universale e solidaristico, ha rappresentato sicuramente un buon sistema, anche se con situazioni diversificate tra le varie realtà regionali.  

I drastici tagli degli ultimi anni sono un vero e proprio attacco al sistema pubblico, alla sfera dei diritti, alla sanità come diritto universale ed esigibile. La Toscana non poteva essere esente da quest’attacco che compromette seriamente accesso, qualità ed equità. Attacco avvenuto in modo palesemente ideologico, pur sapendo che i sistemi solidali e universali costano meno degli altri e danno di più degli altri in termini di salute e benessere e soprattutto che la spesa sanitaria procapite in Italia è tra le più basse dei paesi occidentali.

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Giovedì, 13 Dicembre 2012 00:00

Il diritto delle donne al tribunale di Firenze

Nel 2004, dopo anni di dibattiti e proposte di leggi, viene approvata la legge 40 sulle tecniche riproduttive: è una delle leggi più restrittive al mondo, sia per i criteri di accesso sia per le tecniche permesse. La legge 40 sceglie fin dal nome da che parte stare: Norme in materia di procreazione medicalmente assistita e la scelta terminologica veicola una posizione concettuale ben precisa. La procreazione è intrisa di religiosità e sarebbe preferibile parlare di riproduzione, parola che denota il processo che porta alla formazione di un individuo maturo sessualmente o la fecondazione dei gameti sessuali.

E non solo è quella più ristrettiva, è anche quella più contestata: cinque volte è finita sui banchi della Corte Costituzionale (nel 2005, due volte nel 2009 e una nel 2010 e infine a maggio 2012); se poi si considera anche i ricorsi per altre parti della legge siamo già a 17 bocciature, compresa quella di Strasburgo.

Ma questi continui e indispensabili attacchi non sono finiti.

Ieri (12 dicembre 2012) il Tribunale di Firenze ha rinviato alla Corte Costituzionale la decisione di pronunciarsi su due aspetti della legge.

Pubblicato in Toscana
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