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Martedì, 12 Gennaio 2016 00:00

Il pensiero di Althusser VI: Ideologia e Soggetto

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Il pensiero di Althusser VI:  Ideologia e Soggetto

Dopo aver mostrato come l’ideologia, trasmessa tramite apparati statali ad hoc, detiene il ruolo fondamentale di garantire l’ordine sociale a partire dalla riproduzione della struttura economica, Althusser si interessa del suo funzionamento, della sua struttura interna per mostrare in che modo e secondo quali meccanismi possa essere accettata diffusamente come verità assoluta nascondendo il suo carattere specifico di rappresentazione fittizia della realtà.

Per fare questo, ancora una volta il punto di partenza del filosofo francese è Marx il quale riprende il concetto di ideologia, inventata da Destutt de Tracy e Cabanis fra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, conferendogli, nelle sue opere giovanili, un significato preciso: essa indica il sistema di idee e rappresentazioni che dominano le menti degli uomini o dei gruppi sociali.

Sebbene vi siano anche nelle opere della maturità delle pagine che mettono al centro della discussione il problema, Marx non sviluppa mai in maniera esplicita una vera propria teoria dell’ideologia. Viceversa, Althusser compie un notevole sforzo teorico in questa direzione e decide di affrontare il problema da un punto di vista il più possibile generale: non c’è l’interesse a studiare le ideologie particolari perché esse rappresentano solo una visione del mondo parziale che esprime le specifiche posizioni di classe; piuttosto ciò che deve essere posto al centro dell’attenzione è il tentativo di formalizzare una teoria dell’ideologia in generale dalla quale dipendono tutte le particolari teorie delle ideologie. Se queste ultime infatti hanno una storia, l’Ideologia[1] che le rende possibili non la ha: gli uomini ricorrono sempre all’Ideologia per rappresentarsi il mondo che li circonda. Ciò che invece muta, che ha una dimensione storica, sono solo le specifiche ideologie che emergono nella realtà mentre il pensiero ideologico in quanto tale è una categoria astorica. Per rendere più chiare queste affermazioni, Althusser ritiene che la proposizione “l’Ideologia non ha storia” possa essere correlata direttamente alla concezione freudiana secondo cui “l’inconscio è intemporale” cioè onnipresente e immutabile nella forma.

Althusser rigetta l’interpretazione feuerbachiana secondo la quale nell’ideologia gli uomini rappresentano a loro stessi le loro reali condizioni di esistenza in una forma immaginaria. In realtà, nota il filosofo francese, l’oggetto che è rappresentato nell’ideologia in modo trasfigurato non sono le condizioni di esistenza bensì i rapporti come quelli di produzione o sociali che definiscono la posizione e quindi le condizioni di vita degli uomini. La tesi di Althusser è cioè che l’Ideologia rappresenta il rapporto immaginario degli individui rispetto alle loro condizioni materiali di esistenza. Occorre specificare, in un linguaggio più rigorosamente marxista, che

«l’Ideologia rappresenta, nella sua distorsione necessariamente immaginaria, non tanto i rapporti di produzione esistenti […], ma più che altro la relazione (immaginaria) degli individui rispetto ai loro rapporti di produzione […]. Ciò che è rappresentato nell’ideologia non è dunque il sistema dei reali rapporti che governano l’esistenza degli individui, ma la relazione immaginaria di questi individui rispetto ai reali rapporti entro cui vivono»

Secondo la teoria althusseriana dunque gli individui vivono sempre all’interno dell’ideologia, cioè di una determinata rappresentazione del mondo la cui distorsione dipende dalla loro relazione immaginaria alle loro condizioni di esistenza, cioè, in ultima istanza, ai loro rapporti di produzione e di classe. L’operaio, ad esempio, non si fa tanto un idea distorta di sé e della sua condizione di vita quanto più che altro del ruolo sociale che occupa all’interno del sistema di produzione. Penserà cioè, che l’essere proletario sia naturale, rappresenti il suo posto nel mondo e non l’esito socialmente iniquo di rapporti di sfruttamento. Ma come è possibile che ci si possa rappresentare il mondo in un modo così distorto da  produrre l’accettazione della propria posizione socio-economica di inferiorità?

Althusser risponde alla domanda descrivendo il funzionamento dell’ideologia. Alla base di ogni rappresentazione distorta del mondo sta la categoria di soggetto. Essa è cioè costitutiva di tutta l’ideologia nella misura in cui definisce concreti individui come soggetti. Dato che, come abbiamo visto,  l’ideologia non ha storia, l’identificazione dell’ideologia come ideologia del soggetto, è sempre vera[2]: al di la delle differenze storiche, sociali e culturali, l’ideologia funziona sempre interpellando individui concreti come soggetti, dotati cioè di autocoscienza e autonomia di pensiero e azione. La finzione ideologica sta dunque proprio in questo: nel far credere a persone concrete di essere libere e dotate di un agire razionale intenzionato che li rende padroni di tutto ciò che li circonda. Un individuo che crede in Dio o nella Giustizia matura questa convinzione dalla rappresentazione ideologica di se stesso come un individuo, cioè come soggetto con una coscienza che contiene le idee in cui crede. L’ideologia funziona cioè come un dispositivo concettuale che impone all’uomo di conoscersi come soggetto dotato di una coscienza tramite la quale forma o riconosce liberamente idee in cui crede. Si potrebbe dire dunque che l’ideologia produce consenso e dunque falsità ma per fare ciò deve anche produrre senso e quindi una forma di “verità” che è appunto quella insita nel meccanismo di soggettivazione: diventando soggetti, gli individui condividono una peculiare concezione del mondo e di loro stessi.

Tramite l’ideologia ognuno è sempre e già soggetto e come tale pratica in continuazione i rituali ideologici di riconoscimento come ad esempio salutare, presentarsi, chiamarsi per nome, stringersi la mano. In questo modo, l’interpellazione come soggetto è possibile perché è l’individuo stesso che accetta e decide di abitare quella categoria di soggetto che lo identifica come tale. Questo processo di continua affermazione e riconoscimento del soggetto, avviene dunque tramite gli apparati di Stato che lo reclutano continuamente nelle pratiche della vita quotidiana.

Abbiamo già messo in luce nelle pagine precedenti che, nel contesto di una filosofia materialista, per Althusser l’ideologia ha una dimensione pratica e materiale: l’ideologia esiste sempre e materialmente all’interno di un apparato di Stato e nelle sue pratiche. La sua presenza sta nel suo funzionamento, nella sua attività di trasformare individui in soggetti e ciò avviene materialmente: credere in Dio implica andare a messa, confessarsi, inginocchiarsi; credere nella Giustizia significa allo stesso modo sottomettersi alla regole della leggi e quindi firmare petizioni o partecipare a dimostrazioni quando esse sono violate. Sono dunque gli apparati ideologici di Stato che producono materialmente le idee dei soggetti imponendogli determinate azioni, pratiche, rituali. Le idee non esistono allo stato spirituale ma sono inscritte in azioni e pratiche governate da rituali e routine definite in ultima istanza dagli apparati ideologici. Inoltre, essendo inserito in un sistema ideologico, l’individuo non si limita a pensare o a rappresentarsi il mondo secondo talune idee, ma deve agire in concordanza con queste idee. Chi non lo fa, viene etichettato, o si auto-etichetta, come una persona che fa una cosa diversa rispetto a quella che proclama e subisce così sanzioni sociali che lo definiscono come soggetto incoerente, persino “cattivo” se ciò che fa risulta contrario alle concezioni ideologiche dominanti.

La modalità pratica, quotidiana e continuativa tramite cui l’ideologia agisce nel suo incessante produrre e riprodurre la categoria di soggetto è facilmente dimostrabile, secondo Althusser, ricorrendo a un banale esempio. Se qualcuno alle tue spalle ti chiama per strada esclamando: “hey, tu!”, la semplice rotazione del busto di centottanta gradi che compi voltandoti, ti costituisce come soggetto. Riconoscendo infatti di essere quella persona chiamata in causa, e non qualcun altro, accetti di essere concepito come soggetto. Questo e altri piccoli avvenimenti della vita quotidiana non si formano esternamente all’ideologia ma al suo interno: l’ideologia non ha un esterno rispetto a sé. Utilizzando un linguaggio lacaniano, si può affermare che anche secondo Althusser l’io si riconosce definendosi in rapporto all’alterità come “l’altro dell’Altro”.

L’ideologia costituisce dunque soggetti nella loro concretezza mediante specifiche pratiche di riconoscimento. Tuttavia la sua forza è anche quella di definirli non solo sufficientemente concreti da essere riconosciuti, ma anche sufficientemente astratti per essere pensati e per dare dunque vita a una forma di conoscenza ideologica su di loro. Dato che, come abbiamo visto, l’ideologia è eterna e funziona in maniera pratica trasformando sempre esseri umani in soggetti, questi ultimi non detengono alcuna dimensione storica: sono sempre e già soggetti poiché sempre inseriti nell’ideologia. Contrariamente a quanto pensava Foucault, non ha senso, nell’ottica althusseriana, ricostruire una storia della soggettività. Il soggetto non è l’esito di una peculiare configurazione storica ma è già tale sempre, ancor prima di essere nato[3]. Ce lo ricorda Freud facendo notare la forza dei rituali ideologici che circondano il bambino ancora nel grembo della madre che, ancora prima di venire al mondo, riceve già un’identità, viene considerato insostituibile e diventa il catalizzatore di diversi sentimenti a seconda del contesto ideologico della famiglia entro cui nasce.

L’interesse per l’ideologia in generale, porta Althusser a studiarne, non tanto le modalità storiche con le quali si manifesta, bensì la sua struttura interna. Per fare questo ricorre all’esempio della religione cristiana, affrettandosi però a ricordare che si tratta di un caso che può essere generalizzato a ogni altro campo dato che la struttura dell’ideologia è sempre la stessa. Il funzionamento dell’ideologia cristiana si fonda su un rapporto privilegiato fra Dio che chiama in causa (di solito tramite le figure ecclesiastiche o le Sacre Scritture che parlano per suo conto) e il fedele che è interpellato come soggetto, cioè con un’identità personale, dotato di libero arbitrio e pertanto responsabile del suo comportamento individuale. Egli si riconosce nella chiamata e si convince che il posto che occupa è quello che Dio ha designato per lui. La stranezza sta nel fatto che affinché vi siano così tanti soggetti religiosi, è assolutamente necessario che ve ne sia un altro assoluto e unico, cioè Dio. Dunque l’interpellazione di individui come soggetti presuppone l’esistenza di un Soggetto[4] unico ed altro nel nome del quale la religione ideologica interpella tutti gli individui come soggetti. Questi ultimi sono dunque soggetti di/a Dio, che rappresenta il Soggetto par excellence. Sono, più precisamente,  la sua immagine, il suo specchio. Tutte le riflessioni teologiche provano, del resto, che se è vero che i fedeli necessitano Dio, è altrettanto vero che, viceversa, anche Dio ha bisogno dei suoi fedeli: il Soggetto necessita dei soggetti anche se loro sono imperfetti e non rispettano il suo volere adottando comportamenti peccaminosi. Inoltre Dio duplica se stesso e manda suo Figlio sulla Terra, deve cioè farsi uomo per mostrare empiricamente alle persone che se è vero che loro sono solo soggetti (cioè soggetti soggiogati al Soggetto), nel Giorno del Giudizio, rientreranno nella grazia divina, nel Soggetto.

Questo meccanismo di fondo, comune a ogni ideologia, si configura dunque come un rispecchiamento o una duplicazione del Soggetto nei vari soggetti  e del soggetto stesso entro un soggetto che diventerà, ricongiungendosi con lui, Soggetto. Questa struttura di duplicazione a specchio assicura il funzionamento dell’ideologia: occupando l’unico posto al centro, il Soggetto interpella attorno a sé gli individui come soggetti secondo una connessione tale per cui Egli sottomette i soggetti e li assorbe in sé, nel Soggetto stesso, nel quale ogni soggetto può contemplare la sua propria immagine e ricevere la garanzia e che se si comporterà conformemente ai dettami posti dal Soggetto, tutto andrà nel migliore dei modi. Il Soggetto dunque, duplicandosi nei soggetti come Dio si è duplicato facendosi uomo, garantisce loro che la realtà è veramente come se la immaginano e che si comportano conseguentemente e in accordo con le prescrizioni del Soggetto, saranno nel giusto o salvi.

La volontà di obbedire al Soggetto viene allora rinfrancata dalla convinzione della sua correttezza e del suo esito benefico e passa concretamente per un lavoro su se stessi che solo raramente viene disatteso. Se questa eccezione si verifica, se cioè un individuo, un “soggetto cattivo”, sfugge alle maglie dell’ideologia, entrano in azione gli apparati repressivi di Stato.

Il motivo per cui un individuo sceglie di obbedire sentendosi completamente libero, risiede nell’ambiguità del termine “soggetto”. Esso può infatti designare «una soggettività libera, un centro di iniziative, autore e responsabile delle sue azioni [oppure] un essere assoggettato, che si sottomette a un’altra autorità e a cui è dunque negata ogni libertà eccetto quella di accettare liberamente il suo assoggettamento». In effetti l’ideologia porta proprio a questo secondo esito perché interpella l’individuo come soggetto libero con l’obiettivo che sia lui stesso ad accettare la sua subordinazione, che compia di per se stesso quelle azioni che lo assoggettano.

Se si abbandona il livello individuale per riportare la discussione a una dimensione generale ancora una volta Althusser mostra in maniera efficace quello che era il punto di partenza della sua riflessione, ovvero il problema della riproduzione. Il ruolo determinante dell’ideologia nel riprodurre i rapporti di produzione e garantire la continuità delle relazioni di sfruttamento capitaliste si mostra nella sua capacità di entrare nelle coscienze individuali e di essere riattivata continuamente nelle pratiche della vita quotidiana. Come il fedele accetta il suo posto nel mondo perché assegnatogli da Dio, così il proletario, tramite l’ideologia, accetta la sua condizione e occupa il posto che la divisione socio-tecnica del lavoro gli assegna.

 

[1] D’ora in avanti, l’ideologia in generale verrà indicata semplicemente come Ideologia (con la “I” maiuscola).

[2] Questo è un punto piuttosto ambiguo della teoria althusseriana dell’Ideologia. Occorre mettere in evidenza che, poiché l’Ideologia è per definizione astorica, allora funzionerà sempre interpellando individui come soggetti. Eppure quella di soggetto, lungi dal’essere un concetto universale, è una categoria che sorge con la società moderna borghese. Questa contraddizione è giustificata da Althusser, in una maniera forse un po’ troppo frettolosa, tramite l’affermazione che la categoria del soggetto era indicata, nelle costruzioni ideologiche del passato, con l’uso di altri termini corrispondenti, come ad esempio quello di “anima” nella filosofia platonica.

[3]Le società occidentali offrono vari esempi a riguardo. Utilizzando un lessico althusseriano si può notare ad esempio come nelle società occidentali l’apparato ideologico rappresentato dal diritto tende, al netto delle differenze di giurisdizione da Stato a Stato, a riconoscere il bambino non nato come portatore di diritti soggettivi (soggetto giuridico).

[4] D’ora in avanti, il Soggetto unico ed eterno dell’Ideologia verrà indicato con la lettera maiuscola per distinguerlo dalla moltitudine di soggetti, cioè di individui concreti trasformati dall’ideologia in soggetti quali ad esempio i fedeli.

Ultima modifica il Lunedì, 11 Gennaio 2016 22:18
Alessandro Zabban

Nato nel 1988 a Firenze, laureato in sociologia. Interessi legati in particolare alla filosofia sociale, alla politica e all'arte in tutte le sue forme.

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