Althusser elabora questa sua interpretazione partendo dal concetto marxista di contraddizione. Come già aveva fatto Lenin, si chiede per quali ragioni la rivoluzione socialista è stata possibile in Russia. Per quale motivo, cioè, ha avuto esiti vittoriosi proprio in uno degli Stati più arretrati d’Europa. Il motivo è da ricercare proprio nel fatto che, essendo la Russia degli inizi del Novecento di gran lunga il Paese più debole fra gli stati imperialisti, recava al suo interno un’esasperazione di tutte le contraddizioni del capitalismo: coesistevano regimi di sfruttamento di stampo feudale e moderni sistemi di produzione tipici del capitalismo di fabbrica in un contesto di arretratezza delle campagne che non aveva eguali. A ciò si aggiungevano anche altre circostanze “eccezionali” che alimentavano queste contraddizioni, come il carattere sorprendentemente evoluto della élite rivoluzionaria russa oppure l’appoggio involontario che le potenze europee, desiderose di sbarazzarsi dello zar, diedero ai rivoluzionari. Riassumendo il discorso, Althusser rimarca dunque che
«persino in questi particolari di contorno, la situazione privilegiata della Russia di fronte alla possibile situazione dipese da un accumularsi e da un esasperarsi di contraddizioni storiche tali che sarebbero riuscite inintelligibili in ogni altro Paese che non fosse come la Russia, contemporaneamente in ritardo di almeno un secolo sul mondo dell’imperialismo e al vertice di esso».
Un semplice ribaltamento della dialettica hegeliana porterebbe a pensare che la ragione per cui si ha la rivoluzione dipende da ragioni economiche e in particolare dal rapporto fra le classi antagoniste e dalla contraddizione fra forze di produzione e rapporti di produzione. Certamente l’elemento strutturale economico è fondamentale nel determinare il corso degli eventi però non è l’unico: la rivoluzione russa insegna che solo un accumularsi di circostanze, l’entrata in gioco di un enorme cumulo di contraddizioni, anche radicalmente eterogenee fra loro, può spiegare un fenomeno così complesso: rapporti economici, elementi sovrastrutturali, congiunture internazionali sono tutti elementi che aggregandosi in maniera aleatoria possono determinare il corso di un evento come quello della rivoluzione.
Piuttosto che fare riferimento al concetto di contraddizione hegeliana dunque, che obbliga a pensare nei termini di un rapporto dialettico fra struttura e sovrastruttura, Althusser preferisce usare il concetto di “surdeterminazione” che si riferisce al fatto che a determinare un fenomeno entrano una moltitudine eterogenea di influenze.
Althusser sposta allora l’attenzione dall’ambito della rivoluzione allo studio della realtà sociale in generale: se nella spiegazione intervengono diverse cause esplicative, i sistemi capitalistici non si possono analizzare solo in base alle contraddizioni pure della struttura economica, bensì ricorrendo un insieme di cause che vanno ricercate in tutte le sfere della realtà e non solo in quelle economiche. Il concetto di surdeterminazione che Althusser attribuisce a Marx, spiega come mai sia inaccettabile l’idea che l’autore de Il Capitale rovesci l’idealismo hegeliano nel materialismo storico. Se Hegel in effetti spiega la vita materiale attraverso la dialettica della coscienza, non è altrettanto vero che Marx interpreti la coscienza, l’ideologia e la politica come meri prodotti delle relazioni economiche. Piuttosto egli ci
«dà in mano gli estremi e ci dice che è in mezzo ad essi che dobbiamo cercare: da una parte la determinazione in ultima istanza ad opera del mondo di produzione (l’economia), dall’altra la relativa autonomia delle sovrastrutture e la loro efficacia specifica»
Questa interpretazione di Marx promossa da Althusser rompe con le principali teorie marxiste ortodosse che vedono i rapporti di produzione come l’elemento strutturante delle sfere sociali, politiche e culturali, ma anche con coloro che ritengono che struttura e sovrastruttura si influenzino mutualmente. Quello di Althusser è allora un tentativo interessante di mediare fra queste due posizioni estreme poiché si propone una teoria della surdeterminazione che suggerisce che il primato spetta all’economia la quale detiene una specifica forza causale sugli eventi; ma che anche la sovrastruttura, lungi dall’essere un mero prodotto, offre delle determinazioni proprie e può dunque vantare una certa autonomia rispetto agli elementi strutturali. In una forma un po’ retorica ma estremamente efficace, Althusser ribadisce
«che mai la dialettica opera allo stato puro, che mai nella storia si vedono quelle istanze che sono le sovrastrutture ecc., farsi rispettosamente da parte, quando hanno fatto la loro opera o dissolversi come puro fenomeno per lasciare che avanzi sulla strada regale della dialettica sua maestà l’Economia perché i Tempi sarebbero venuti. L’ora solitaria dell’”ultima istanza” non suona mai, né al primo momento né all’ultimo»
Insieme ad altri neomarxisti come Antonio Negri, Althusser nega dunque che si possa etichettare lo sforzo teorico di Marx come un pensiero dialettico. Liberato dall’ingombrante presenza della filosofia hegeliana, il materialismo marxiano non si configura come una mera riduzione della sovrastruttura alla base economica ma risulta ben più raffinato.
Se il rifiuto del riduzionismo non è una novità nell'ambito della tradizione filosofica sviluppatasi a partire dalla idee marxiane (basti pensare a Gramsci), la specificità di Althusser è quella di mettere in evidenza il complesso rapporto di influenza che si ha fra le varie sfere della società, riprendendo dalla linguistica un termine, quello di surdeterminazione, che avrà un'influenza decisiva sulla moderna teoria poststrutturalista e sul concetto di intersezionalità. Come vedremo più nello specifico nel prossimo articolo, altro elemento che rende la teoria Althusseriana così attuale è il suo mettere in evidenza il carattere aleatorio con cui avviene il cambiamento: nella Russia dei primi del Novecento, la rivoluzione è l'esito casuale di una serie variegata e disomogenea di eventi, situazioni ed elementi sociali, culturali, economici, politici che caratterizzano una data realtà sociale.