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Martedì, 19 Marzo 2013 00:00

Cipro e la legittimità del capitalismo

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La vittoria elettorale del candidato dell’Unione Democratica di centrodestra Nikos Anastasiades nel secondo turno delle elezioni politiche dello scorso 24 febbraio ha aperto le porte di Cipro alla Troika. La linea dell’austerità, dell’euro e del salvataggio di un’economia prossima al tracollo, ha prevalso su un più radicale programma di difesa dei salari e di uso della spesa pubblica per creare lavoro proposto dal candidato sconfitto al ballottaggio, l’indipendente Stavros Malas, sostenuto dal partito comunista Akel, che si è fermato al 42,53% dei suffragi.

La crisi di Cipro, la cui economia è quasi interamente basata sul settore finanziario e in particolare sui consistenti conti correnti di ricchi stranieri che hanno trovato nell’isola condizioni particolarmente favorevoli per proteggere il loro patrimonio, è dovuta principalmente alla mancanza di liquidità delle sue banche, eccessivamente esposte al fragile sistema greco. Se a questo si aggiunge un debito privato che supera il 300% del PIL, uno pubblico del 145%, una disoccupazione oltre il 22% e le casse pubbliche vuote, ben si comprende la drammatica situazione della piccola isola del Mediterraneo.

Anastasiades non ha certo temporeggiato nel negoziare con le istituzioni europee e mondiali un piano di salvataggio di circa 10 miliardi di euro. Nella notte fra venerdì 15 e sabato 16 marzo l’accordo è stato raggiunto: a fronte della concessione della cifra pattuita, a Cipro viene richiesto ciò che le autorità cipriote avevano sempre assicurato ai proprio cittadini non sarebbe mai accaduto, ovvero il prelievo automatico del 9,99% sui depositi bancari superiori a centomila euro e del 6,75% su quelli inferiori.

Per evitare la fuga di capitali, senza preavviso, sabato 16 marzo tutti i conti bancari sono stati bloccati, lasciando i cittadini ciprioti, messisi in fila ai bancomat appena ricevuta la scioccante notizia, attoniti e increduli.

La scioccante decisione, unica nel suo genere e molto diversa rispetto alle clausole di salvataggio di altri Paesi europei come la Spagna, la Grecia o il Portogallo, può essere analizzata attraverso due piani di lettura diversi.

A un livello più superficiale, appare con sempre maggiore evidenza che l’uscita dalla crisi, che secondo le dichiarazioni ufficiali delle più autorevoli cariche istituzionali sarebbe vicina, è un miraggio: prendere misure così radicali per il salvataggio di un piccolo Paese, testimonia lo stato di enorme difficoltà dell’eurozona, costretta a proporre misure eterodosse, disperate e potenzialmente controproducenti per risolvere la crisi del debito. Potenzialmente controproducenti perché, creandosi un precedente, vi è motivo di pensare - e i tentativi del governo spagnolo di rassicurare la popolazione vanno letta in quest’ottica - che alcuni cittadini di altri Paesi in difficoltà finanziaria, temendo che la stessa decisione venga presa anche dal loro governo, possano decidere nei prossimi giorni di ritirare i propri soldi dai conti correnti, inferendo un ulteriore colpo a un sistema bancario scricchiolante.

Inoltre, una tale tassa è particolarmente impopolare in quanto viene facilmente assimilata dal popolo cipriota a una vera e propria rapina compiuta dallo Stato e patrocinata della UE, incrementando malcontento e sfiducia e rendendo più marcato il conflitto sociale già esistente.

A un livello più profondo la tassa sui depositi bancari, che ha sì colpito i patrimoni occultati all’estero da parte dell’alta borghesia internazionale e in particolare dei magnati russi, ma che ha anche imposto un ulteriore sacrificio al popolo cipriota già impoverito dalle misure di austerità, testimonia lo scollarsi del neoliberismo finanziario e del turbocapitalismo della fase attuale dalle sue radici liberali che lo hanno ispirato e che ne hanno garantito una sua legittimazione filosofica e morale nel corso dell’Ottocento e del Novecento.

Persino l'amministratore delegato di Saxo Bank ha affermato che il prelievo forzato di denaro dal conto corrente dei cittadini voluto dalla troika "è una violazione del diritto fondamentale alla proprietà privata, imposta a un piccolo paese da potenze straniere".

Le misure di austerità, contrarie a ogni principio socialista in quanto fondate sull’abbattimento dello stato sociale, stanno anche mostrando il loro lato autoritario e antiliberale. In Grecia, dove la partecipazione a una manifestazione di protesta è bollata dalle istituzioni come “comportamento antisociale”, dove Amnesty International ha denunciato il maltrattamento e le torture su alcuni arrestati, si assiste a uno svuotamento senza precedenti delle istituzioni democratiche che si stanno sempre più schiacciando su una sorda e passiva recezione delle direttive europee e che, per mantenere il controllo su un popolo esasperato, si affidano sempre di più a una rigida politica di “legge e ordine”. A Cipro un ulteriore passo nella direzione di un autoritarismo tecnocratico è stato compiuto.

Le garanzie liberali hanno oggi lo “svantaggio” di porre un intricato sistema di paletti al potere totalizzante del mercato che non ammette eccezioni e resistenze nei confronti del pensiero unico del neoliberismo della speculazione finanziaria e del profitto. La tutela della persona, nella sua sicurezza economica, sociale ed esistenziale rappresenta un intralcio al corretto perpetuarsi e riprodursi del capitalismo che ha come parola d’ordine flessibilità e sacrificio per il “bene comune”, un bene comune che del resto troppo spesso coincide con quello delle classi dirigenti e degli istituti bancari.

L’evidente perdita di legittimità del capitalismo che sta progressivamente distruggendo i valori su cui si è fondato, non deve però far pensare a una sua fine rapida. L’ideologia del libero mercato, dei diritti umani, della tolleranza, anch’essa svuotata del suo significato originario liberale e manipolata al fine di imporre il sistema capitalistico ovunque, nasconde efficacemente la reale condizione di dominazione e sfruttamento attuali.

Immagine tratta da www.guardian.co.uk

Ultima modifica il Lunedì, 18 Marzo 2013 20:44
Alessandro Zabban

Nato nel 1988 a Firenze, laureato in sociologia. Interessi legati in particolare alla filosofia sociale, alla politica e all'arte in tutte le sue forme.

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