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Venerdì, 16 Novembre 2018 00:00

La società americana raccontata nei romanzi noir

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La letteratura di genere per me è il miglior mezzo possibile per descrivere il contesto storico-politico di una società. Certo i saggi politici, storici, economici, sono precisi e profondi nell’analisi e nella riflessione. Essi ci danno informazioni preziose e alla base c’è un grande lavoro fatto di studio, ricerca, tutte cose molto belle. Ma se davvero tu volessi vivere l’odore della notte, una lunga notte delle coscienze, dell’umana pietà, della deriva che ci circonda e della miseria del genere umano, nulla funziona meglio di un ottimo romanzo di genere.

Perché attraverso la narrazione delle gesta di un personaggio immaginario si attivano quei simboli, quel racconto intimo, che scatena emozioni e sensazioni fortissime in chi legge. Mentre leggendo un saggio rimaniamo a un livello di coscienza vigile, un coinvolgimento cerebrale e razionale, col romanzo ci prendiamo il lusso di abbandonarci a sentimenti profondi, nascosti, diamo sfogo alla parte legata all’Es. Ciao ciao Super Io.

Certo alcuni libri sono mere operazioni dozzinali di intrattenimento rozzo e morboso. I libri sono prodotti come un disco o un film e come tali sono legati a logiche di mercato. Per me è giusto così. Ogni essere umano dovrebbe avere il suo scrittore di fiducia, senza vergognarsi se quello che legge non dovesse essere troppo “alto” o “scritto bene”. La polemica su buona e cattiva letteratura la lascio a chi vive negli zoo dell’intellettualismo fuori dal mondo. Concordo con quello che disse un’agente letterario al festival dei libri di Firenze: “Non esiste un libro brutto o uno bello, ma un libro sbagliato per il pubblico sbagliato”.

Per questo amo alternare la lettura dei saggi di autori come Domenico Losurdo, le riletture dei classici di Lenin a romanzi del genere poliziesco, noir, hard boiled. Nemmeno mi interessa etichettarli, far il nerd che si prende sul serio. No, io sono un semplice lettore che ama le storie. Per quanto mi riguarda ho una predilezione per il genere poliziesco e thriller. Tu dammi un investigatore tormentato, un omicidio brutale e un cattivo odioso, e mi renderai l’uomo più felice di questa terra.

Perché il genere poliziesco (e i suoi derivati) riesce a metter su pagina il senso profondo, straziante, travolgente, del Male. Ci porta a riflettere sulla sua esistenza, a confrontarci con la sua presenza. Ma non con il distacco di uno studioso, di un intellettuale raffinato, di un militante che cerca una sana ragione sociale. No, questo genere ci spoglia di ogni difesa e ci lascia soli, disperati, arrabbiati a sostenere la perversione dei carnefici. Vittime e carnefici. Santi caduti in cerca di redenzione e sadici senza gloria, il senso di colpa, la punizione quasi a un passo da esser divina e la redenzione senza luce e perdono per gli errori fatti. E tra le righe… il nostro mondo.

L’analisi sui contatti tra romanzo di genere noir e affini e critica alla società è un lavoro davvero vasto. In questa sede mi limito a parlare di due bellissimi libri per un paio di ragioni: 1) credo che il buon lavoro critico non sia quello di spendere parole contro i libri che riteniamo pessimi ma far conoscere romanzi dimenticati o che per noi ancora oggi possono aver qualcosa da dire. 2) queste opere sono il perfetto paradigma per capire cosa è il genere di cui ci stiamo occupando. Di come una buonissima storia o un ottimo scrittore non debbano per forza esser portatori di profonde analisi intellettuali o artistiche, ma di quanta bellezza vi sia nelle pagine cariche di pietà e dolore che troviamo spesso nei romanzi per masse, da noi giudicate sempre così sciocche e pericolose. Io amo la massa, amo la gente comune; e penso che un romanzo possa dar loro molti motivi di approfondimento e coscienza, cosa che non faranno mai quelli che organizzano manifestazioni pro Tav o per la privatizzazione dei settori pubblici. Ok, ora siamo pronti! Prendete un taccuino e una biro, vi servirà per scrivere il nome di questi autori e dei loro romanzi.

Da ragazzino ogni sabato pomeriggio era buono per correre nella libreria di Corso Italia, a Monza e acquistare un paio di libri che promettevano omicidi efferati e sbirri dal cuore di pietra. D’altronde da bambino (e per un lungo pezzo della mia vita) volevo fare il poliziotto. Della guardia rossa, ma pur sempre un poliziotto. Durante uno di quei pomeriggi comprai questi due libri: Notte senza fine e La Perdizione. Libri che ho riletto di recente e mi hanno appassionato come quando avevo sedici anni nel lontano 1993. O ‘92? Boh.

Notte senza fine è il secondo capitolo dedicato al personaggio di Frank Clemmons. Nel primo libro (Profondo nero) facciamo la sua conoscenza. Thomas Cook, il suo creatore, ce lo presenta come un uomo ad un passo dal declino totale. Alcolizzato e schiacciato dal dolore e dal senso di colpa per il suicidio della giovane figliola. In questo primo capitolo della saga notiamo già l’attenzione di Cook per la descrizione dell’ambiente sociale. In questo caso la buona società in una cittadina del Sud degli Stati Uniti, ma è col secondo capitolo che la parte politica diventa davvero fondamentale e importante.

Clemmons dopo aver lasciato Atlanta va a vivere a New York, illudendosi che l’amore di una donna possa salvarlo. Non è così. Tuttavia riesce a trovar un caso su cui lavorare. Un caso di omicidio di una donna anziana che lavorava per una famosissima stilista italo-americana. Cook è un ottimo scrittore. Il suo stile è pacato, diretto, lineare. I colpi di scena sono ben centellinati e mai messi per creare una sorpresa fine a sé stessa ma per radicalizzare il senso di disperazione che circonda i suoi personaggi. Un autore che scompare dentro le parole e le azioni dei suoi personaggi. In questo romanzo l’autore mette in rotta di collisione due momenti storici assai diversi della storia americana.

Partendo da un’America avida, disillusa, eppure luccicante e di successo, Cook ci trascina attraverso l’indagine di Clemmons durante gli anni tumultuosi della Grande Depressione. Da una parte i grandi nomi della moda, i vestiti che hanno una strana lucentezza, le feste senza fine, il successo e la scalata sociale, dall’altra la lotta delle operaie per una paga decente, orari di lavoro sostenibile e riconoscimento di essere persone, esseri umani. Da una parta una vecchia donna sola dedita al lavoro e dall’altra una ragazza ribelle, con chiare idee socialiste, determinata a sostenere la lotta dei più deboli. Nel mezzo il nulla? Cosa è capitato ad Hannah? Clemmons alla fine scoprirà una verità dolorosa. Capirà che il successo e il danaro sono sporchi del sangue di vittime innocenti, poveri e stranieri sfruttati senza pietà alcuna per permettere a pochi di vivere in un paradiso artificiale.

Il romanzo è un lungo canto del cigno del sogno americano. Il doloroso ricordo di quello che una volta era la Nazione, la vita delle persone, e il declino totale durante il reaganismo. Cook descrive il lavoro durissimo, pagato pochissimo e i ricatti a cui sono soggetti i lavoratori stranieri da parte di imprenditori senza scrupoli. Per questo credo abbia una sua importanza assoluta anche per il pubblico di oggi. La classe operaia tradita e ferita dalle leggi del capitale, la passione politica spazzata via, l’indifferenza delle masse imborghesite. E un eroe: Frank. Il quale solo, abbandonato da quasi tutti, cercherà di render giustizia ai dannati della terra. Il romanzo è pubblicato da Sonzogno nel 1993, ma si trova su Amazon, mi pare.

Lawrence Block è un puro artigiano della parola. Mentre Cook ha uno stile secco, essenziale, ma pacato come una ballata sudista e guarda alla società, Block è un puro mestierante. Inizia la sua carriera negli anni Cinquanta scrivendo romanzi pornografici poi passa al mystery. Ha scritto numerosi libri usando svariati nomi d’arte e ha dato vite a molte saghe basate su personaggi fissi. Uno di questi è Matt Scudder. Personaggio peraltro portato sullo schermo ben due volte. La prima volta nel bellissimo 8 milioni diversi di morire. Opera diretta da quel grande regista che fu Hal Ashby. Il personaggio è reso benissimo da un ottimo Jeff Bridges. La seconda volta è nel film La preda perfetta. Un film assai crudo e potente interpretato benissimo da Liam Neeson.

Scudder è un loser che tenta una difficile risalita. Ex alcolizzato, assiduo frequentatore delle riunioni degli alcolisti anonimi. In questo romanzo davvero avvincente e mozzafiato, La Perdizione, indaga sul delitto di una donna ricchissima. Il fratello della vittima è convinto che sia opera del cognato ma durante le indagini Scudder si imbatte casualmente in una videocassetta contente uno snuff movie. Un ragazzino, uno dei tanti che lasciano la provincia pieni di sogni e di speranza in un futuro di soddisfazioni e gloria, viene torturato e ucciso durante un rapporto sadomaso.

Ecco: se Cook ci parla di un male soffuso, che colpisce anche persone non del tutto malvagie, Block ci spinge a confrontarci col marcio, col male e la malvagità dei carnefici. Il libro è la narrazione cruda, feroce, violentissima eppure anche umanissima e ironica, di una discesa agli inferi e ritorno senza colpa, redenzione, ma con la certezza che viviamo in un mondo troppo brutto per permetterci il lusso di dar fiducia alla legge. L’America di fine anni 80 inizi 90 è un girone infernale lussurioso e lussuoso, una società dove tutto gira intorno al danaro, mezzo con cui puoi comprare e usare tutto quello che vuoi. Anche le vite umane. Block, grazie a dio, non è uno di quegli scrittori distanti che non prendono posizione. Lui sta con i reietti, gli esclusi sociali, sta con le vittime.

Infatti Scudder non è il classico poliziotto o investigatore privato senza macchia alcuna. Egli frequenta criminali, prostitute, alcolizzati e in questi emarginati e condannati dalla morale ipocrita dei ricchi, Block ci mostra un mondo che seppure illegale e peccaminoso sa mantenere un minimo di compassione e pietà per le vittime. Mentre gli assassini e seviziatori dei ragazzini sono solo dei ricchi viziati e viziosi, esseri che non hanno nulla di umano, demoni che sanno di poterla far franca perché il danaro compra ogni cosa.

Il romanzo è un pungo nello stomaco, una visione durissima di quel mondo reaganiano che in quegli anni si apprestava a dominare il mondo. E i risultati si vedono ancora oggi. Purtroppo. Mentre Cook in qualche modo crede in una certa giustizia, Block è chiaro nel mostrare e specificare come la giustizia e la legge non abbiano senso alcuno in un mondo che disprezza gli esseri umani, che sevizia i più deboli e che per trovare una specie di giustizia non rimane che superare il male. Discorso, questo, che mi ha sempre affascinato ed allarmato allo stesso tempo.

Se nel romanzo di Cook perlomeno potevamo commuoverci con un grande passato di lotte operaie, in questa opera brutale non c’è nessuna innocenza. Nessun passato glorioso ma solo un presente di dolore, sofferenza, ferocia, delitto e castigo. Un mondo dove i deboli soccombono e non lasciano traccia alcuna nei cuori e nel pensiero degli altri. Dove il male veste bene e vive una vita di successi economici, invidiato e idolatrato da masse di cretini. Block ci dice che non c’è mai stato nessun sogno, e che prima o poi ci si deve risvegliare. Sporcando le nostre mani col sangue dei mostri. Il libro penso sia ancora reperibile, date un’occhiata in rete. Era edito dalla Mondadori nella collana Interno Giallo.

Bene, abbiamo concluso questo piccolo e modesto spazio dedicato alla riscoperta di due ottimi romanzi di ben 24 anni fa. Più o meno. Nel frattempo sono usciti tanti ottimi libri di genere che ci danno una visione chiara e precisa della nostra società. Vi invito per cui ad andare in una libreria, una di quelle piccole, dove c’è un titolare con cui discutere e farsi consigliare qualche autore e qualche opera del passato da riscoprire. Ce ne sono tante. Buona lettura!

 

Immagine: dettaglio copertina Mondadori

Ultima modifica il Giovedì, 15 Novembre 2018 12:15
Davide Viganò

Davide Viganò nasce a Monza il 24/07/1976: appassionato di cinema, letteratura, musica, collabora con alcune riviste on line, come per esempio: La Brigata Lolli. Ha all’attivo qualche collaborazione con scrittori indipendenti, e dei racconti pubblicati in raccolte di giovani e agguerriti narratori.

Rosso in una terra natia segnata da assolute tragedie come la Lega, comunista convinto. Senza nostalgie, ma ancor meno svendita di ideali e simboli. Sposato con Valentina, vive a Firenze da due anni

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