Giovedì, 17 Gennaio 2019 00:00

Dalla rivoluzione delle pantere nere ai leader africani

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Nei precedenti articoli abbiamo fatto il punto sulle lotte e la vita degli afroamericani nella letteratura e nel cinema. L’arte che diventa militanza e osservatorio privilegiato di una situazione umana e politica sempre sul punto di esplodere. Ma la storia degli afroamericani è anche quella dei tanti che si sono ribellati alla violenza e repressione razzista dei bianchi.

Lo ripeto di nuovo affinché si comprenda per bene il lavoro dietro questi articoli e per dare la giusta dimensione alla lotta contro il razzismo da noi: questa lotta ha a che fare sempre con motivazioni economiche e sociali, per cui politiche. Battersi contro il razzismo oggi è far lotta di classe e anti imperialista. Non comprenderlo vuol dire essere fuori del tutto e in tutto dal discorso di sradicamento del capitale e della riscossa del proletariato.

Alcuni pensano che gli africani siano persone che come unico scopo nella vita hanno quello di bighellonare per la nostra città, chiedere con insistenza una monetina – sia mai che dando a loro qualche euro si aprano le porte dell’inferno per noi – e si arriva ad ironizzare su una sinistra che coccola i negri, a giudicarli nemici di classe e del popolo. Sono le derive di una certa parte del nostro paese; ce ne siamo occupati con due articoli sul rossobrunismo scritti da me e pubblicati qualche tempo fa.

Il problema vero e reale sono il colonialismo e l’imperialismo occidentale, che da sempre sono alla base del nostro benessere economico e del peso che abbiamo nel mondo. Gli africani hanno dato un grosso contributo alla lotta anti colonialista. Pagando un prezzo altissimo. Quanto hanno pagato gli afro americani la loro ribellione contro il capitalismo e la violenza di Stato? Un prezzo altissimo anche loro. Per cui teniamo presente: afro americani e africani. Perché, in qualche modo, le loro lotte si muovono parallelamente.

Il primo ribelle afro americano di cui abbiamo conoscenza è Nat Turner. Figlio di un padrone bianco e di una schiava nera, crebbe nella proprietà terriera dei Turner. Uomo dotato di intelligenza e veloce nell’apprendimento, impara a leggere e scrivere. Si avvicina alle Sacre Scritture e diventa una specie di predicatore per gli altri schiavi. Fino a quando diede inizio alla prima ribellione armata contro i padroni bianchi. Come tutte le ribellioni spontanee e nate dalla rabbia degli oppressi ci furono vittime anche “innocenti”, come donne e bambini. Tuttavia la repressione dei bianchi superò in ferocia quella dei ribelli. Nat venne catturato e impiccato. Questo per dire che le lotte esplose cento anni dopo non nascono dal nulla, ma sono figlie delle vite di molti neri che si ribellarono contro il razzismo dei padroni.

Non so quanto Turner fosse conosciuto dai membri del Black Panthers Party, ma una cosa in comune ce l’avevano: la rinuncia alla non violenza. Certo lo schiavo della Virginia puntò tutto su una lotta violenta, disorganizzata e disperata ben altra organizzazione e idea era alla base del rifiuto delle pratiche non violente da parte delle “Pantere Nere.” In quel periodo tanto gli afro americani alzavano la voce e pretendevano diritti, tanto la violenza dei bianchi colpiva con ferocia. Il segregazionismo nel Sud, la legge Jim Crow, il K.K.K.: tutte cose con cui una persona afroamericano aveva a che fare. Stanchi di veder la loro gente vittima di attacchi (spesso mortali) da parte delle forze dell’ordine, alcuni amici decisero di optare per l’abbandono della non violenza e l’organizzazione dell’autodifesa.

Secondo molte fonti il Black Panthers Party venne fondato da Huey Newton e Bobby Seale; la fondazione avvenne nel 1966 , in quel di Oakland (California). All’inizio le loro iniziative consistevano nel seguire e pedinare le forze dell’ordine, mettendo in evidenza fucili e pistole al fine di incutere timore tra i poliziotti. Un modo per dire: “Se pensi di far male a uno di noi potremmo reagire sparandoti.” Questa iniziativa fece scalpore e segnò la parabola ascendente della giovane formazione politica.

Il B.P. Party puntò tutto sull’orgoglio nero, sul sentirsi belli e forti, un modo per spezzare le catene volute dai bianchi, per cui un afro americano doveva vivere rispettando al massimo i suoi aguzzini e mostrarsi sempre sorridente e disponibile verso di loro. Seale e compagni costruirono la coscienza di classe della popolazione afro americana. Crearono mense pubbliche per i poveri, si occuparono dell’istruzione di molti bambini e bambine, tutto questo li fece diventare punto di riferimento per la popolazione di colore americana. Non solo, a loro guardarono con estrema simpatia anche molti bianchi progressisti. E tanti paesi che in quel momento si ribellavano al colonialismo europeo e al nuovo imperialismo di matrice americana.

Poteva il potere bianco e capitalista lasciare che un gruppo di neri marxisti-leninisti prendessero possesso delle città americane, costruendo un mondo diverso e rivoluzionario rispetto all’America conservatrice? No. Per questo usarono tutte le armi a loro disposizione per colpire i loro leader. Newton venne condannato a morte per l’uccisione di un poliziotto, tuttavia si scatenò nel paese una risposta decisa e forte da parte dei cittadini americani che anni dopo si concluse con il rilascio del leader delle “Pantere Nere”. Fred Hampton finì giustiziato dalla polizia americana in una vera e propria carneficina voluta da J. Edgar Hoover.

Molti furono arrestati, non potendo difendersi in tribunale. Ma non si lasciarono intimorire e reagirono sempre con fermezza contro la violenza repressiva del sistema. Una mossa vincente del partito fu quella di aprire ad Algeri una sede internazionale dell’organizzazione politica. Voluta e gestita da Eldrige Cleaver, figura di intellettuale di spicco del partito, in esilio volontario nella nazione nord-africana. I continui contatti con altri movimenti comunisti e di lotta aumentarono le simpatie e il sostegno per il B.P. Party. Non solo, anche in America le aperture verso i bianchi poveri dei grandi stati centrali e rurali ebbero un loro effetto positivo sul partito e la popolazione americana.

Per finirlo del tutto sono serviti anni di continua guerra sia psicologica che armata contro questi eroi della rivoluzione popolare. Il colpo di grazia venne con lo scontro interno tra Newton ed Cleaver, il primo col tempo diede segni poco piacevoli di tirannia e crudeltà. Tutto il consenso preso nei decenni di grandi lotte si dissolse nel nulla. Fino allo scioglimento del partito nel giugno 1982. Con la morte violenta di Newton. Tuttavia la storia e la lotta di questo partito rivoluzionario son scritte nella Storia e nella Leggenda. Il potere del sistema negli anni successivi fece di tutto per stroncare la rinascita di un movimento simile, giocando anche col fatto che gli ex membri ormai erano sconfitti e dispersi, per far questo le periferie sono ridiventate luoghi di abbandono e crimine.

Tuttavia la lotta contro il colonialismo, l’imperialismo e il capitale non fu solo prerogativa degli afro americani. Negli anni Sessanta in tutto il continente africano scoppiarono rivoluzioni che guardavano al marxismo-leninismo o al socialismo collegato alle tradizioni nazionali. Uomini come Patrice Emery Lumumba, storico leader Congolese – tra i peggiori crimini di guerra commessi dall’umanità andrebbe iscritto il periodo di sottomissione al Belgio di Re Leopoldo II. Anni di torture, sevizie e uccisioni degne dei peggiori nazisti – la sua breve parabola politica – governò solo sei mesi prima di essere destituito grazie all’intervento della C.I.A. dei belgi e dei neri di casa corrotti – non hanno cancellato la sua assoluta importanza per ogni giusto rivoluzionario.

In quel periodo quasi tutti gli Stati Africani si ribellarono alle catene del colonialismo e all’invasione dei popoli stranieri. Furono i tempi di grandi leader come Julius Nyerere, un professore di fede cattolica che guidò l’indipendenza della Tanzania e la successiva unificazione con Zanzibar. Kwame Nkruma, liberatore del Ghana, fu uno dei più convinti sostenitori del socialismo panafricano; lottò affinché tutta l’Africa fosse libera dall’oppressione coloniale. Nel 1966 subì un colpo di stato, destino simile per molti suoi compagni, ma è ancora molto amato dalla sua gente. Thomas Sankara è forse il leader rivoluzionario più conosciuto qui da noi. Vuoi per la sua lotta contro il colonialismo non solo come elemento militare e politico, ma soprattutto culturale, vuoi per la sua fine e le sue lotte. Egli è un figlio delle lotte dei padri che ha saputo rendere reali per un certo periodo nella storia del Burkina-Faso.

Nelson Mandela mi piace rammentarlo non solo per la sua vita, gli anni di carcere e tutte le cose che conosciamo fin troppo bene. Ma per una ragione politica ben precisa: il suo viaggio in quel di Cuba, poco dopo aver preso il potere nel Sud Africa liberato dal regime nazista degli afrikaner. Egli ci tenne a specificare che senza l’intervento militare di Cuba, impegnata in una guerra feroce contro le forze occupanti sudafricane nell’Angola occupata dai nazisti bianchi sudafricani, forse il regime non sarebbe crollato. Mi piace ricordare quanto Cuba abbia fatto per la popolazione sudafricana contro i fascisti al potere da anni, giusto per ricordare a certi intellettuali chi era Fidel e cosa è la rivoluzione cubana.

Per motivi di spazio non ho approfondito molto la storia del Black Panther Party, degli eroi anti colonialisti africani e dell’intervento cubano in Africa. Mi piacerebbe lasciare a voi lettori la soddisfazione di approfondire una storia fondamentale, importante per ogni rivoluzione e ogni comunista.

 

Immagine di Joey Zanotti ripresa liberamente da flickr.com

Ultima modifica il Mercoledì, 16 Gennaio 2019 22:41
Davide Viganò

Davide Viganò nasce a Monza il 24/07/1976: appassionato di cinema, letteratura, musica, collabora con alcune riviste on line, come per esempio: La Brigata Lolli. Ha all’attivo qualche collaborazione con scrittori indipendenti, e dei racconti pubblicati in raccolte di giovani e agguerriti narratori.

Rosso in una terra natia segnata da assolute tragedie come la Lega, comunista convinto. Senza nostalgie, ma ancor meno svendita di ideali e simboli. Sposato con Valentina, vive a Firenze da due anni

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