Nella lunga storia e nelle vicissitudini riguardanti la Porta del Paradiso, c’è un episodio significativo che torna alla mente da quando, nel settembre 2012, il capolavoro di Lorenzo Ghiberti ha finalmente trovato la giusta collocazione, post restauro, all'interno del museo dell’Opera del Duomo di Firenze; un episodio che nel 1946 convinse definitivamente il restauratore Bruno Bearzi a tentare un saggio di pulitura sulla Porta, con la convinzione di trovare sotto la patina secolare l’antica doratura.
Era il gennaio del 1943 quando in piena guerra mondiale, la Soprintendenza fiorentina e la Direzione Generale Antichità e Belle Arti stabilirono che il patrimonio artistico fiorentino protetto in loco un po' in tutta la città non era più al sicuro, a causa delle sempre più frequenti incursioni aeree, così come non era più sufficiente la protezione in mattoni utilizzata per proteggere le porte del Battistero e la decisione fu quindi quella di trasferire la gran parte delle opere fuori città.
La Porta del Paradiso – assieme all’altra porta del Ghiberti e a quella del Pisano - fu così smontata e trasportata all'interno della galleria ferroviaria Sant'Antonio a Incisa Valdarno, ovvero uno dei rifugi prescelti per il ricovero dell’arte fiorentina, su indicazione di Ugo Procacci all'epoca giovane funzionario della Soprintendenza. La galleria, fuori uso da tempo, parve un’ottima e sicura soluzione fino alla primavera del 1944, quando l’esercito tedesco ne ordinò l’evacuazione per motivi strategici. Fu nel momento in cui le opere tornavano a Firenze che accadde l'episodio chiave: durante il trasporto, il legno utilizzato per l’imballaggio delle sculture sfregò inavvertitamente uno dei bronzi portando in luce l’oro sottostante. E così, nel marzo del 1946, fu possibile per Bearzi effettuare una prima verifica sulla Porta che confermò quanto da lui ipotizzato: la patina - un mix di cera e polvere - aveva non solo coperto la doratura del 1452 ma anche “le finissime rifiniture con cui gli artisti avevano terminato le dieci storie delle formelle”. Dal luglio di quello stesso anno il lavoro del restauratore ebbe definitivamente inizio con il via libera dell’Istituto Centrale per il Restauro di Roma.
Il 24 giugno del 1948, in occasione della festa del patrono della città di Firenze, dopo circa due anni dall’inizio dei lavori, i preziosi battenti accompagnati da una cerimonia solenne poterono finalmente tornare al loro posto.
Oggi possiamo nuovamente apprezzare la Porta com'era, il desiderio di Bernard Berenson di poter un giorno musealizzarla per tenerla lontana da ogni rischio derivante dall'esposizione esterna si è concretizzato e dopo il dramma dell’alluvione del ’66 e i problemi dovuti all’inquinamento atmosferico, che ne hanno messo a serio rischio la conservazione, il nuovo restauro ci dà quasi la sensazione di poterla ammirare come fu possibile per i contemporanei del Ghiberti nel 1452 ma anche come i fiorentini nel 1948 grazie all'operato di Bruno Bearzi.
(Bibliografia: P. DE ANNA, Le guerre del paradiso: i restauri di Bruno Bearzi, 1943-1966, Firenze, Polistampa, 2009)
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