Moussa Konaté "Il commissario Habib. Due gialli in Africa", Del Vecchio Editore, 2015, €9,90
Lo scrittore Moussa Konaté è stato definito da molti il “Simenon africano”. Benché sia piuttosto scettico verso questo tipo di paragoni e accostamenti, è evidente la somiglianza tra il famigerato Maigret e il suo collega maliano nato dalla penna di Konaté. Il commissario Habib si muove infatti goffo e meditabondo come la creatura di Simenon, procede per intuizioni e ragionamenti che seguono spesso strade oblique e impreviste, osserva con sguardo penetrante le passioni che muovono gli uomini e le donne che lo circondano, siano essi suoi subordinati, superiori, amici o criminali. E mescola così la ricerca del colpevole con la narrazione dei mondi sociali che hanno partorito il delitto.
In questo volume edito da Del Vecchio, vengono raccolti e riproposti due romanzi, “L’assassino di Banconi” e “L’onore dei Kéita”, già pubblicati dallo stesso editore. Nel primo, Habib indaga su una serie di omicidi avvenuti a Banconi, il quartiere più povero di Bamako: il lettore accompagna il commissario tra i banchi colorati del Grand Marché e nella penombra di baracche pericolanti, facendosi strada tra la folla di venditori ambulanti, bambini, ciclisti, animali e taxi-brousse. Un universo di poveri cristi che lottano per sopravvivere, potenti marabutti e alti papaveri dell’apparato statale ubriachi di impunità e violenza: qui la verità si apre la via senza spettacolari colpi di scena ma attraverso una lenta opera di deciframento dei comportamenti, dei tormenti e delle relazioni di potere che animano le strade assolate e brulicanti della capitale maliana.
Nel secondo romanzo, il ritrovamento del cadavere di un presunto stregone porta il commissario e il suo collaboratore Sosso lungo le rive del Niger, in un piccolo paese dove ancestrali e suggestive tradizioni tribali resistono violentemente alla modernizzazione e ai mutamenti sociali. Nel villaggio di Nagadij, l’onore della nobile famiglia Kéita è una divinità per cui molti sono pronti a immolarsi e contro la quale la ribellione conosce un prezzo molto, troppo alto. Anche in questo caso, passato, presente, realtà e magia si mescolano per portare l’indagine ben aldilà dei confini del romanzo poliziesco classico, nel cuore di quei codici e simboli delle culture dell’Africa che costituiscono, secondo l’autore, il vero mistero da svelare.
Certo, lo scenario in cui si dipanano le due storie è poco e male conosciuto. E i dialoghi non seguono il ritmo incalzante della tradizione hard boiled statunitense, ma sono fedeli alle forme e alla modalità comunicative di un mondo distante dai sobborghi californiani o dai locali notturni di New York. Ma la prosa di Konaté ci consente di esplorare un territorio meticcio, dove il piacere della lettura e la scoperta di nuovi significati si incontrano e si mescolano.
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