La biodiversità nazionalista e un occhio del pesce finto
I miei nonni sono due proletari torinesi. Poiché fino a tempi recenti trovare del pesce fresco decente ed accessibile a Torino era un’ambizione contro ogni legge della probabilità, i miei nonni surrogavano con il cosiddetto pesce finto. Dicesi pesce finto un laterizio semicommestibile a base di patate, una dose omeopatica di tonno sott’olio e maionese come legante, modellato grossolanamente a forma di pesce con sottili fette di verdura a fare le scaglie, e con mezza oliva o un ravanello posto a fare l’occhio.
Il termine “biodiversità” è esattamente come il ravanello che fa da occhio al pesce finto: messo nel posto giusto fa la sua figura, ma fuori contesto sa decisamente di poco e non serve a granché.
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