Intervista a Elena Pulcini, Professoressa ordinaria di Filosofia sociale, presso l'Università di Firenze
5) Il clima impazzito, mette a nudo le miserie del genere umano. Ad esempio, mette in evidenza il potenziale devastante della cementificazione selvaggia (basti pensare al fatto che negli ultimi 30 anni abbiamo cementificato 6 milioni circa di terreno – un quarto del territorio italiano – pur contando 10 milioni c.a. di case vuote), eppure si continua a costruire. Sembra ormai radicata l’idea che senza edilizia, senza quest’ottica di endemico liberismo economico in cui versiamo non ci sia possibilità di occupazione né crescita né sviluppo. Può darci una sua considerazione a riguardo?
Uno dei problemi che più influiscono sulla devastazione del territorio è proprio questo: un atteggiamento di totale disinteresse nei confronti dell’ambiente, fagocitato dai fattori della modernità e da una sempre più cieca economia di mercato. L’Italia è appunto uno degli esempi più lampanti di violazione estrema del territorio. Come lo è il problema della rapacità economica: questa porta ad assumere un atteggiamento sempre più “selvaggio” da parte dei paesi emergenti, quali ad esempio la Cina, la quale, pilotata com’è verso la crescita non ha alcun interesse ad affrontare certe problematiche. Mentre per alcuni paesi, non si tratta neanche solo di questa visione sfrenata di crescita produttivistica, in nome della quale viene sacrificato tutto il resto, ma purtroppo, anche di senso di impotenza: si pensi ad un paese come il Brasile, dove c’è una coscienza ecologica molto più diffusa rispetto a quella italiana, eppure, anche qui, persino un grande presidente come è stato Lula, che sarebbe stato anche disposto a prender provvedimenti su questo versante, si è trovato costretto a trascurare enormemente il problema ambientale, in quanto cozzava con il problema del lavoro, dell’occupazione e della crescita economica.
6) Pensa che potrebbe esserci un’alternativa di progresso, per così dire, sostenibile?
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