Terremoto non soltanto metaforico quello avvenuto nella Penisola coreana lo scorso 9 settembre alle ore 9,30 del mattino. La Corea del Nord ha, infatti, condotto un test atomico (il quinto) che ha provocato un breve sisma di magnitudo 5.3, immediatamente registrato da Seul e Tokyo.
“La standardizzazione delle testate nucleari consentirà di produrne in gran numero e varietà: più piccole, più leggere e testate ad alto potenziale” ha sottolineato la KCNA, agenzia di stampa ufficiale della RPDC, secondo la quale il Nord si è posto “su un più alto livello tecnologico che consentirà di montare testate su missili balistici”.
Pronta ed allarmata è arrivata la risposta della comunità internazionale, in primo luogo dei Paesi più direttamente coinvolti dal militarismo del Nord. Il test “non può essere tollerato ed il governo lo contesta con forza” ha dichiarato a caldo il premier nipponico, Shinzo Abe, il quale ha ribadito la collaborazione tra il proprio Paese e Corea del Sud e Stati Uniti: “dobbiamo cooperare per decidere come affrontare il tema”.
Per rafforzare il messaggio, forze aeree statunitensi hanno sorvolato in prossima del confine Nord-Sud, lo scorso 13 settembre e lo stesso giorno il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, e quello sudcoreano Yun Byung-se hanno avuto un confronto sulla situazione nella Penisola. Lavrov per altro ha subito espresso la condanna della Russia ad “una condotta che avrà conseguenze negative per la stessa Corea del Nord”.
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