Operai ricattati, sfruttati, costretti a turni di lavoro massacranti, sottoposti a molestie sessuali reiterate sul posto di lavoro. Non siamo nei sobborghi inglesi del 1843 dove F. Engels colpito dalle condizioni lavorative della manodopera inurbata dalla rivoluzione industriale scrisse "La situazione della classe operaia in Inghilterra", bensì nell'ormai celebre interporto di Bologna, al centro di molte cronache sugli scioperi che costantemente colpiscono le cooperative che si occupano con molta solerzia di gestire la manodopera per le imprese che in questi anni, grazie allo sviluppo delle tecnologie informatiche, si dedicano alla massima virtù capitalista: tirar su lauti profitti in settori dove la domanda galoppa sulla pelle di lavoratori sempre più ridotti a bestiame da soma.
Tra le tante menzogne che ci vengono propinate dai media e fatte ingoiare a forza dalle nuove narrazioni che hanno acquistato ampia risonanza anche nei comitati scientifici, senza dubbio quella più grave è che la lotta di classe costituirebbe ormai un rottame novecentesco inapplicabile qui e ora.
La “new economy”, “il progresso tecnologico”, “la terziarizzazione” avrebbero dovuto spianare la strada alla tanto agognata e mai raggiunta eliminazione della classe operaia. In modo silenzioso e il più indolore possibile il soggetto che avrebbe dovuto muovere la storia a un certo punto è stato fatto fuori anche dal campo delle ipotesi scientificamente accreditate. Queste erano le promesse: niente più classi, niente più lotta, niente più guerra e pace per tutti, la ormai celebre “fine della storia” per l'appunto (nella versione aggiornata pare che si includa pure il niente più fascismo, ergo niente più antifascismo, basta crederci).
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