A urne chiuse ed a risultati del primo turno, sostanzialmente, acquisiti, si può provare a trarre un bilancio sommario di questo primo turno di amministrative.
A Roma in maniera imprevista, ma non troppo, dopo le vicende di “mafia capitale” e la guerra interna condotta contro il sindaco Marino, il Partito Democratico, ed in particolare la sua corrente più filo-premier, ottengono un risultato drammaticamente basso (la lista del PD si ferma abbondantemente sotto il 20%) mentre a beneficiare del clima di antipolitica serpeggiante nel Paese è il partito di Grillo.
Il risultato della carinissima - ma meno incisiva rispetto ad un Di Battista - avvocatessa Raggi - il cui programma su alcuni nodi chiave, dal salario accessorio dei dipendenti del comune alle partecipate, rimane un mistero - con il 34% dei voti, si colloca ben oltre le più rosee previsioni della Casaleggio associati e pone un'ipoteca importante per la vittoria dei Cinque Stelle nella capitale d'Italia. Nella mondezza cui è stata condotta Roma, il ragionierismo di gianniniana memoria, il ripetere pappagalesco l'invettiva contro "i vecchi partiti" ha, evidentemente, pagato.
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