Lo stato del consumismo e del lavoro, fra Black Friday e sciopero Amazon
24 novembre 2017, Black Friday, il giorno consacrato agli sconti e allo shopping. In una società su cui pesano enormi problemi quali la crisi e la disoccupazione, non ci si risolve a spendere meno nel senso di limitare consumi superflui quali vestiti o tecnologia, ma si pretende di spendere meno in termini di costi della merce.
Si aspetta di poter avere "più a meno" senza accorgerci, o meglio non volendosi accorgere, che se compriamo 100 pezzi a 1€ (ovviamente sto esagerando) spendiamo la stessa cifra di quando ne acquistiamo uno soltanto a 100€. Quindi, alla fin fine, tutto questo risparmio non c'è: magari anzi, presi dal demone dello shopping siamo portati ad acquistare oggetti su cui, in un normale "white" Friday, avremmo soprasseduto perché consci di non averne bisogno.
La lotta di classe passa da Amazon?
Nel tardo capitalismo in cui siamo immersi ci troviamo davanti a fenomeni in cui persino l’acquisto di merci diventa frenetico al punto da essere ossessivo e compulsivo (si è arrivati nel giro di un anno a ridurre di due secondi la frequenza tra un ordine on-line e l’altro, vedi qui). Il Black Friday, nato negli Stati Uniti negli anni Ottanta è divenuto un fenomeno globale grazie all’e-commerce e tende ad estendersi come esplosione di delirio consumistico globalizzato. D’altra parte l’economia capitalistica è sempre più simile ad un cuore in fibrillazione, per cui si assiste a dei picchi impressionanti di domanda in brevissimi spazi di tempo seguiti da crolli impressionanti della bubble economy (si veda il fenomeno dei Bitcoin).
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