Una Turandot che farà storia quella diretta da Chailly, col finale di Luciano Berio, in scena al Teatro alla Scala per l'apertura di Expo. Un Puccini insolito, nuovissimo, rivisitato, che sfonda i confini del melodramma italiano e dirompe nell’espressionismo musicale, nella politonalità che strizza l’occhio alla dodecafonia.
Non è forse un allestimento eccezionale, ed è presumibile che il giudizio complessivo della critica non sarà granché positivo, ma senza dubbio lascerà il segno nella filologia pucciniana e nell’esecuzione del Puccini maturo il lavoro di ricerca intima, misura per misura, che Riccardo Chailly ha operato sulla partitura della Turandot dalla prima all’ultima nota, fino a congiungerla con il recentissimo spartito conclusivo di Berio.
Lo spettacolo è la riedizione aggiornata di quello che andò in scena ad Amsterdam nel 2002, con la regia di Nikolaus Lehnhoff, cui sovrintese lo stesso Berio, scomparso soltanto l’anno successivo.
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