Distopie, sessismo e un esercizio di comprensione del testo 

Tra i tanti esercizi che ci toccava fare per i compiti in classe di italiano al liceo ce n'era uno che ricordo con particolare fastidio: l'esercizio di comprensione del testo. Al tempo mi pareva che le domande fossero banali e la forma del compito restrittiva, una costrizione per le reali capacità d'analisi dello studente, che avrebbero dovuto invece essere lasciate libere di spaziare e andare anche in direzioni non convenzionali, invece che guidate forzosamente nella direzione ovvia da domande le cui risposte erano altrettanto ovvie. La comprensione pareva allora una verifica superflua di una capacità che, ero certa, chiunque intorno ai quattordici anni doveva ormai avere ampiamente acquisito. Non c'era bisogno di insegnare nuovamente a studenti perfettamente capaci di farlo da soli come cogliere il significato immediato di un'opera; bisognava invece lasciarli liberi di esplorare autonomamente implicazioni, non detti e sotto testi, anche proponendo idee audaci, anche sbagliando, anche arrampicandosi talvolta sugli specchi.

Pubblicato in Umanistica e sociale

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